domenica 24 settembre 2023

Gv 6,24-35 - RITO AMBROSIANO - IV DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE

RITO AMBROSIANO

IV DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE
Domenica 24 Settembre 2023
Lettura del Vangelo secondo Giovanni - Gv 6,24-35
1. Chi MANGIA di me non avrà fame, chi CREDE in me non avrà sete, mai! DIO DÀ. Dio non chiede, DIO DÀ. Dio non pretende, DIO OFFRE. Dio non esige nulla, DIO DONA TUTTO, senza condizioni, senza un perché che non sia l'intimo bisogno di fecondare, far fiorire, fruttificare la vita. IMPARIAMO A DARE, SEMPRE...
2. CIÒ CHE IL PADRE DÀ È UN PANE CHE DÀ LA VITA AL MONDO. GESÙ, LA SUA PERSONA È IL PANE, quel pane che CONTIENE TUTTO CIÒ CHE SERVE a far fiorire la vita: amore, senso, libertà, coraggio, pace, bellezza. ASSIMILIAMO QUEL PANE NELLA PAROLA, NELL'EUCARESTIA NEL DONO DELLA VITA...
3. E CHI CREDE IN ME NON AVRÀ SETE, MAI!. CREDERE È COME MANGIARE un pane, lo ASSAPORO in bocca, lo FACCIO SCENDERE nell'intimo, lo ASSIMILO e si dirama per tutto l'essere, GESÙ IN ME si trasforma in cuore, calore, energia, pensieri, sentimenti, canto. GESÙ CI RENDE CAPACI DI AMORE E LIBERTÀ...
BUONA DOMENICA…
+ Lettura del Vangelo secondo Giovanni- Gv 6,24-35

In quel tempo. Quando la folla vide che il Signore Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».

 

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giovedì 21 settembre 2023

PARLAMI DELLA CROCE…

PARLAMI DELLA CROCE…

Se c’è un’immagine incompatibile col Dio del Vangelo è quella che Dio ti manda le croci. Dio non manda nessuna croce: Dio non manda le sventure. Anzi se può, ti aiuta a liberartene!
Quando noi parliamo di “croci” pensiamo alle tribolazioni della vita: conflitti insanabili, malattie personali, tumori, mariti che picchiano, figli sbandati, situazioni di disagio permanente. Se noi guardiamo nel vangelo mai delle 73 volte che è citata la parola “croce” viene associata a tribolazione. E nel corso della storia solamente dal V secolo, purtroppo, si assocerà croce=sofferenza (lo ritroviamo in una preghiera di un papiro).
Nei vangeli appare per 5 volte l’invito di prendere la croce. Gli evangelisti si guardano bene dall’usare verbi come portare oppure accogliere, accettare: questi verbi indicano uno che ti dà qualcosa e tu che la prendi. Quindi Dio ci darebbe la croce e tu passivamente te la prendi. Questi verbi non vengono mai utilizzati.
Gli evangelisti usano sempre i verbi prendere e sollevare che indicano il preciso momento in cui il condannato afferra con le proprie mani la croce (del supplizio). Quindi gli evangelisti parlano sempre di un movimento volontario, dove nessuno è costretto da nessuno. Non c’è qualcuno che ti dà la croce ma è l’uomo che decide volontariamente, per il suo bene, di prendere quella croce.
Ma qual è allora questa croce che uno volontariamente prende? La sequela: “Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.” È il vivere da uomini liberi, la vera croce.
Croce è accettare che vivere come Gesù comporti l’opposizione, la denigrazione, la maldicenza, la derisione: “Se hanno chiamato Belzebul il padrone di casa, quanto più i suoi familiari!”; “Sarete odiati da tutti a causa mia!”.

Vivi come Gesù e sarai deriso. Ti diranno che sei un idealista e un utopico, che vivi fuori dal mondo.
Vivi con intensità, abbracciando, accarezzando, amando e ti diranno che hai problemi con l’affettività.
Vivi non risparmiandoti, dandoti tutto in tutto, nella generosità e ti diranno che sei ingenuo.
Vivi mettendo al primo posto i valori del cuore e della vulnerabilità e ti feriranno.
Vivi credendo negli altri e ti diranno che hai secondi fini.
Vivi sorridendo, cantando, concedendoti tempo, lavorando solo il necessario e ti diranno che non sei un buon esempio per la società.
Vivi diversamente dagli altri; vivi la tua unicità e originalità; vivi con fantasia e creatività e ti diranno che “sei pericoloso”, che non sei inquadrabile nel sistema; sarai un sospettato e diffideranno di te.
Vivi a partire dal cuore, appassionato, innamorato, fuoco che brucia e ti diranno che sei matto, un pazzo.
Questa è la croce: accettare le conseguenze del vivere come Gesù. Puoi anche non vivere così. Ma se vivi così, poiché è un modo di vivere diverso, altro, sai che, come hanno fatto a Lui, così in qualche modo, faranno anche a te.

 

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martedì 19 settembre 2023

DELITTO E CASTIGO….. E MISERICORDIA…

DELITTO E CASTIGO….. E MISERICORDIA…

Una persona avevo incontrato a Rebibbia, era un prete, che mi aveva trasmesso un senso di immediata fiducia. Ascoltò in silenzio il racconto delle mie paure, colse il risentimento e il tormento che dilaniavano la mia coscienza. Gli raccontai dei due compagni morti e quel senso di colpa che come un macigno mi schiacciava il cuore. Ero un fiume in piena di parole. Quel prete era la prima persona che in carcere mi accolse senza dire nulla, senza giudizio, sempre con un sorriso benevolo sul suo viso. A un certo punto interruppi ogni comunicazione verbale... pensavo di aver travolto, con la “pesantezza” dei miei racconti, la persona che avevo di fronte, non lasciandogli alcuno spazio di replica. Forse era necessaria una pausa. 
Quel prete non smise mai di guardarmi negli occhi, attese qualche attimo, si accertò con lo sguardo che all’espressione contratta del mio viso, subentrò un accenno di rilassatezza. «La misericordia, Mario, è misconosciuta nel mondo. Così come la giustizia e il perdono» mi disse.
Alle sue parole rimasi sconvolto, ma continuò con semplicità e abbandono: «Chi fa un delitto deve avere il castigo, chi commette un delitto merita il castigo: questo è il messaggio della Chiesa e della religione. Non è il mio, soprattutto non è quello di Gesù. Sul castigo vince la misericordia e la misericordia è una forma particolare di amore. Questa misericordia è la parola che illumina la giustizia, una giustizia che, ci insegna Gesù, è gratuita e non chiede il contraccambio. Una giustizia non bendata che guarda prima di tutto l’uomo». 
Concluse il suo pensiero sorridendomi, le sue mani si allungarono sulle mie spalle, mettendo il suo corpo di fronte al mio e mi disse: «Forza che Gesù ti ha già perdonato. Quando esci vieni a trovarmi al Vicariato ho qualcosa per te».
Il nome di quel prete era don Luigi Di Liegro. Andai a quell’appuntamento. Nel 1993 entrai nella Caritas con la sua benedizione. Come operatore iniziò il mio lavoro a Villa Glori, una casa famiglia per persone con l’ AIDS . Ancora oggi vivo la sconcertante bellezza di quell’incontro e ho un dubbio: era don Luigi quello che mi aveva accolto o Gesù?

 

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lunedì 18 settembre 2023

18.09.2023 - 1Tm 2,1-8 - Lc 7,1-10 - Neanche in Israele ho trovato una fede così grande.

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo - 1Tm 2,1-8

Figlio mio, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità.
Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mentisco –, maestro dei pagani nella fede e nella verità.
Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese.
1. “PER CHI SI DEVE PREGARE?” “Per tutti gli uomini” SENZA DISTINZIONE ALCUNA. “Per i re e per tutti quelli che stanno al potere…”. Non si chiede la conversione dei rappresentanti del potere pagano, ma IL BUON ORDINE, LA SERENA CONVIVENZA NELLA SICUREZZA E NELLA PACE… Ci vuole l’impegno di tutti…
2. Occorre pregare a favore di tutta l’umanità, perché DIO “VUOLE CHE TUTTI GLI UOMINI SIANO SALVATI E ARRIVINO ALLA CONOSCENZA DELLA VERITÀ”. “Uno solo è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù”. GESÙ CRISTO, essendo uomo e Dio, è il MEDIATORE UNICO E PERFETTO DELLA SALVEZZA DEFINITIVA. Come mediatore Egli rappresenta Dio davanti agli uomini e gli uomini davanti a Dio…
3. Paolo mettendo fortemente in rilievo la sua vocazione, aggiunge lietamente che a lui, APOSTOLO, ARALDO E MAESTRO, è stato affidato un compito importante NELL’ANNUNCIARE QUESTA REDENZIONE UNIVERSALE. L'autorità apostolica di Paolo deriva dalla vocazione divina, I SUOI VOLERI SONO COMANDI DA ESEGUIRE.

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Dal vangelo secondo Luca Lc 7,1-10
In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.
Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga».
Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

Ciò che fa la differenza tra gli uomini è la fede. Uno degli uomini che testimoniò maggiormente tale fede in Gesù fu un pagano, il centurione che dice di non essere degno che Gesù vada a casa sua. 
Il centurione è un soldato romano di alto grado, che si è attirato la stima dei Giudei per la cura verso i servi e per l’attenzione nei riguardi della religione ebraica. Si dimostra particolarmente delicato anche verso Gesù e si fida che una sua parola sia sufficiente per guarire il servo. Gesù stesso ne rimane sorpreso. 
La sua fede non cerca segni, conferme, rassicurazioni. Ecco una fede che si fida al punto di dire a Gesù: “Non sono nemmeno degno che tu venga, basta che tu lo dica, che tu lo voglia, e sono certo che tutto cambierà”. Gesù, per quest’uomo, riserva uno dei complimenti più belli del Vangelo: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!».
La pericolosità sta nel contrario quando la fede cerca costantemente dei segni, questa fede è destinata a durare tanto quanto il segno.

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«Egli merita», dicono di lui. Lui dice di sé: «Io non sono degno». Lo sperimentiamo spesso: la firma di ogni uomo veramente grande è l’umiltà. E Gesù elogia la sua fede: forse umiltà e fede si toccano?

 

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domenica 17 settembre 2023

Lc 9,18-22 - RITO AMBROSIANO - III DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE

RITO AMBROSIANO

III DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE
Domenica 17 Settembre 2023
Lettura del Vangelo secondo Luca- Lc 9,18-22

1. Di fronte alle domande e agli equivoci sulla sua persona, Gesù invita i discepoli a PRENDERE POSIZIONE: “Voi, chi dite che io sia?” CHI È GESÙ PER TE? QUANTA CONTA GESÙ NELLA TUA VITA?
2. Pietro, risponde: TU SEI “IL CRISTO DI DIO” Questa verità non è frutto di ragionamento ma è DONO DELLA FEDE CHE ILLUMINA LA CONOSCENZA. Anche noi impariamo a SOTTOPORRE SEMPRE LA NOSTRA CONOSCENZA AL DONO DELLA FEDE che Dio ci concede.
3. Gesù accoglie la risposta di Pietro, ma spinge i discepoli ad ATTENDERE GLI AVVENIMENTI: il vero volto del MESSIA VERRÀ SVELATO SULLA VIA DELLA CROCE, FINO ALLA RISURREZIONE. Per capire Gesù OCCORRE ACCOMPAGNARLO nella sua strada di morte e risurrezione. Buon cammino…
BUONA DOMENICA…
+ Lettura del Vangelo secondo Luca  9, 18-22

In quel tempo. Il Signore Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

 

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giovedì 14 settembre 2023

GUARDATI!

GUARDATI! 

Il nostro parlare può avere tre modalità: andare verso, andare contro, andare via.
1. Andare verso è l’empatia. L’altro parla e io lo ascolto mettendomi nei suoi panni: “Ti ascolto… capisco… sento il tuo dolore…”. Non parlo di me: non reagisco se non sono d’accordo, ma gli lascio tutto lo spazio perché lui si possa sentire visto da me con i suoi occhi e sentito da me con il suo cuore.
Se un ragazzo è terrorizzato dal parlare in pubblico allo spettacolo con i genitori, a me viene da sorridere, ma mi metto nei suoi panni e capisco che per lui è veramente un terrore. Non sminuisco, non rido e sento tutto il suo terrore; insieme cerchiamo di trovare risorse per questo terrore.
L’andare verso produce accoglienza: “Ci sono, ti capisco, puoi contare su di me”.

2. L’andare contro è l’ostilità che si produce nel nostro parlare brusco, nel sarcasmo, nella critica, nell’attacco all’altro. L’andare contro produce solo distanza e rancore. Nell’andare contro ci si dice: “Non m’interessa del tuo bisogno… mi irriti… sono contento che tu stia male… ho ragione io… tu non mi capisci… vai via, ecc.”.
Lui guarda la tv. Lei gentilmente gli dice: “Possiamo parlare di una cosa?”. “E di cosa vuoi che parliamo?” e continua a guardare la tv e sbuffa per le sue parole. “Che dici se compriamo una tv nuova?”. “Ma che ne sai tu di televisori!”. Comunicazione contro (di te) interrotta.
Lui torna dal lavoro e dice a lei: “Sai, avevi ragione tu, i 1.000 euro che abbiamo prestato a mio fratello non ci ritorneranno indietro”. “Te l’avevo detto! Se mi ascoltassi di più… non avremmo perso i soldi”. Messaggio: “Non capisci niente. Io capisco, tu no”. Comunicazione contro (di te) interrotta.

3. L’andare via è il disinteresse per l’altro e per ciò che dice. Avviene con il silenzio, col rimanere a fare le proprie cose, col far finta di non sentire, col dire che si ha “cose più importanti da fare”, con il non affrontare mai le questioni, con l’andarsene o il cambiare discorso.
“E’ pronta la cena!”… e nessuno risponde.
“Oggi al lavoro mi veniva da piangere…” e lui: “È un gran brutto periodo per tutti”.
Lei gli parla 20 minuti della sua insoddisfazione e lui dice solo: “Sei così perché hai il ciclo!”.
Il segreto della comunicazione è semplice: “al centro ci deve essere l’altro, ciascuno si metta nei panni dell’altro”.

 

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martedì 12 settembre 2023

COME VINCERE LA PAURA?

COME VINCERE LA PAURA?

 

Un anziano sacerdote dotato ancora di lucidità e presenza di spirito (forse non di sufficiente realismo e prudenza) mi diceva un giorno con disappunto: «Ieri sera un giovane con il volto bendato mi ha affrontato sulla strada per estorcermi denaro; io ho gridato e si è allontanato. Proprio ieri che non avevo infilato la mia solita mazza da golf sulla schiena!». Questa era la sua abitudine come legittima difesa e superamento della paura. La paura ha diverse origini e forme. 
La paura del bambino è dovuta all’inesperienza, al buio, all’abbandono. Il superamento delle paure infantili ci fa diventare umani perché umani non si nasce ma si diventa. 
La paura dell’acqua o dell’aria dipende dal fatto che aria e acqua non sostengono ma inghiottono o lasciano precipitare. Per questo Pietro nel racconto del Vangelo affonda nonostante l’invito del Signore. 
La paura del fraudolento e del mentitore è quella di essere scoperto.
La paura del possidente è quella di perdere le proprie ricchezze.
Il cane aggredisce chi gli sta di fronte con paura: forse perché lui stesso ha paura del procedere incerto di chi lo avvicina.
Branduardi canta nel suo poema francescano che il lupo fa paura ma più ancora l’inferno.
La paura dell’abbandono, della solitudine di fronte al dolore ha angosciato anche il Cristo, sulla croce e nel Getsemani.
La grande paura che attanaglia il mondo sviluppato dell’Occidente è quella di un conflitto nucleare o di un’epidemia pandemica che metta in pericolo l’umanità intera; o che l’alto livello di vita tecnologica raggiunto si trasformi in una trappola mortale con effetto boomerang distruttivo. 
«Solo alla morte non c’è rimedio» dice un vecchio adagio poco cristiano. Oggi però è più facile trovare chi dice di aver più paura della malattia e del dolore fisico che della morte. 
Il coraggio supera la paura, non la elimina, la affronta. Che cosa ci permetterà finalmente la vittoria sulla paura? Soltanto il timor di Dio cancella ogni paura. Il timor di Dio (= il rispetto di Dio) è la virtù dei credenti, dei veri adoratori, consapevoli e responsabili dei doni ricevuti, di coloro che riconoscono la bellezza stupenda, ma fragile e frangibile.
Come temiamo la caduta a terra di un vaso prezioso, così temiamo di profanare il progetto di Dio sull’uomo e la natura. La fede trasforma la paura in timor di Dio, in rispetto, in scoperta, in glorificazione.
Il timore si accompagna sempre all’amore. Il passaggio dalla paura al timor di Dio è l’itinerario di ogni vita in Cristo. Il fascino del monte Sion scioglie la paura del monte Sinai; la presenza di Dio non tiene più lontani, ma attira.
Riusciremo a trasformare la paura (e anche l’indifferenza) in timore per l’Altissimo Signore dell’universo? Allora saremo pronti per vivere in pace sulla terra e per affrontare la fine del mondo.

 

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lunedì 11 settembre 2023

11.09.2023 - Col 1,24-2,3 - Lc 6,6-11 - Osservavano per vedere se guariva in giorno di sabato.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési - Col 1,24-2,3

Fratelli, sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria.
È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo. Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza.
Voglio infatti che sappiate quale dura lotta devo sostenere per voi, per quelli di Laodicèa e per tutti quelli che non mi hanno mai visto di persona, perché i loro cuori vengano consolati. E così, intimamente uniti nell’amore, essi siano arricchiti di una piena intelligenza per conoscere il mistero di Dio, che è Cristo: in lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza.
1. Oggi Paolo presenta le proprie credenziali. In tono leggermente polemico egli ricorda che STA SOSTENENDO UN IMPEGNO, UNA SOFFERENZA AFFINCHÉ I CRISTIANI DI COLOSSI RESTINO FERMI NELLA LORO FEDE e non si lascino sviare da dottrine e da pratiche ascetiche più affascinanti, ma che non hanno l'efficacia della croce di Cristo.
2. LA SUA SOFFERENZA TORNA A PROFITTO DEL CORPO DI CRISTO, CIOÈ DELLA CHIESA, in favore della quale egli esercita l’ufficio affidatogli da Dio. Il mistero affidato al ministero è la proclamazione pubblica del MISTERO ORMAI SVELATO, DEL CRISTO PREDICATO AI POPOLI. Perciò PAOLO METTE OGNI IMPEGNO NELL’AMMAESTRARE OGNI UOMO.
3. La dedizione dell’apostolo a sostegno della comunità riempie il cuore dei cristiani di conforto. ATTRAVERSO L’AMORE, LA COMUNITÀ DEVE GIUNGERE "alla conoscenza del mistero di Dio: Cristo". CRISTO ANNUNCIATO ALLE GENTI È IL CONTENUTO DEL MISTERO DI DIO. La retta conoscenza della comunità dipende solo del suo legame con Cristo. SOLO IN LUI SONO FONDATE LA SAPIENZA E LA CONOSCENZA…

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Dal vangelo secondo Luca - Lc 6,6-11
Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo.
Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati e mettiti qui in mezzo!». Si alzò e si mise in mezzo.
Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?». E guardandoli tutti intorno, disse all’uomo: «Tendi la tua mano!». Egli lo fece e la sua mano fu guarita.
Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.  

 

Gesù supera ancora una volta la barriera legalistica, guarendo un uomo in giorno di sabato. Gesù va incontro a ogni persona, sbaragliando ogni impedimento e rispondendo al bisogno.
Il sabato è un dono di Dio affinché il popolo eletto possa riposare e finalmente, non distratto dal lavoro quotidiano, possa approfondire la Legge di Dio. Con la guarigione dell'uomo dalla mano paralizzata Gesù non ha solo aiutato quell'uomo, ma anche noi a capire meglio come si adempie la Legge di Dio: amando Lui sopra ogni cosa e di conseguenza il prossimo e  noi stessi.
I dottori della legge rimproverano Gesù perché guariva il sabato, faceva il bene di sabato. Ma l’amore di Gesù è dare la salute, fare il bene: e questo va sempre al primo posto. Imitiamo Gesù nel ‘fare’ del bene in tutti i giorni della settimana, abolendo leggi, consuetudini, ritrosie che ci impediscono di amare/servire il fratello…

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«Gli scribi e i farisei lo osservavano...». Gesù è un “osservato speciale”, uno da tenere sott’occhio. Sono 2000 anni che viene osservato e, quindi, condannato. E noi? Con quale sguardo vediamo Gesù?

 

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domenica 10 settembre 2023

Gv 5,19-24 - RITO AMBROSIANO - II DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE

RITO AMBROSIANO
II DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE
Domenica 10 Settembre 2023
Lettura del Vangelo secondo Giovanni - Gv 5,19-24

1. L'AUTORITÀ DEL FIGLIO, ricevuta dal Padre, implica il potere di giudicare, di dare la vita, di resuscitare i morti e di salvare i credenti. MIO SIGNORE E MIO DIO…
2. Mettiamoci in ascolto della sua Parola". Perciò: «In verità, in verità io vi dico: CHI ASCOLTA LA MIA PAROLA E CREDE a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita». DONIAMO TEMPO ALL’ASCOLTO…
3. L'AGIRE DI GESÙ si fonda su un rapporto di AMORE RECIPROCO SENZA RISERVE del Padre verso il Figlio. È un amore che genera. Il nostro amore verso Dio nasce dall'ascolto che sviluppa e fa maturare la volontà di Dio nel tempo diventando azione. L’AMORE GENERA…
BUONA DOMENICA…
+ Lettura del Vangelo secondo Giovanni 5,19-24

In quel tempo. Il Signore Gesù riprese a parlare e disse: «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati. Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato. In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita».

 

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giovedì 7 settembre 2023

IO DI FRONTE ALLA MORTE…

IO DI FRONTE ALLA MORTE…

 

La morte esiste e un giorno la vivrai anche tu. Vivo l’angoscia o la fiducia della morte?
  • La morte è angosciante.
1. Nessuno è mai ritornato di qua per cui ci viene spontanea la domanda: “Se nessuno è mai ritornato, vuol dire che non c’è niente?”.
2 Ci separa da tutti coloro che amiamo: “Li rivedremo? Lo riabbraccerò? Lo reincontrerò?”.
3. È ineluttabile: tu puoi pensarci o no, anestetizzarti, distrarti, rimuovere il pensiero ma quando è la sua ora lei arriva inesorabile.
Quando un uomo si rende veramente conto di questa realtà, che cioè si muore, va in angoscia. Jung diceva: “Un uomo che non si ponga seriamente il problema della morte, è un uomo ammalato che deve farsi curare”.
Molte persone fanno finta di niente proprio per questo: per evitare l’angoscia. Ma non funziona! Alcune persone annegano l’angoscia facendo, facendo, facendo: “Finché faccio non ci penso”. Altre cadono nella depressione: “Se si muore non vale neanche la pena di vivere”. Altre si attaccano disperatamente a qualcuno (un figlio o il partner): “Mi attacco a te per non andarmene. Tienimi di qua”. Altri si ingozzano di cibo, di beni, di soldi: “Visto che perderò tutto adesso mi riempio a più non posso”, oppure: “Tutto quello che ho mi protegge dalla morte”. Altri si arrabbiano e protestano con la Vita, con Dio, con tutti: “Non è giusto! È colpa tua!”. Altri non ci pensano: “Faccio finta di niente; se non ci pensi non c’è”.
La domanda però è uguale per tutti: ma su cosa possiamo fidarci? Ci si può fidare? Dipende…
Sei una donna e per strada incontri un uomo sconosciuto che ti dice: “Vieni a prendere un caffè da me?”. È chiaro che non ci si può fidare: “Ma cosa vuoi da me? Ma chi sei? Ma se manco ti conosco!”. Ma se invece è un tuo vecchio amico, uno che conosci benissimo, allora puoi salire tranquillamente.
Cosa si vuol dire? Il vangelo, Gesù dice: “Stai tranquillo, la morte è solo un passaggio, è solo un transito, è solo un viaggio verso una dimora molto migliore di questa vita. Fidati!”. Ma è proprio questo il punto: come posso fidarmi di Gesù, se mai l’ho conosciuto prima?
Il vangelo ci aiuta in questo? Per fortuna sì.
Se Dio in questa vita l’hai conosciuto…, l’hai incontrato, l’hai fatto diventare il centro della tua vita, se è diventato il tuo amore, la tua aria, il sangue che scorre nelle tue vene… se ti ha cambiato la vita… se Lui ti ha fatto vivere… se ti ha tirato fuori dalle morti interiori… se ti ha ridato quella felicità, quell’amore, quella vita che prima non avevi… se Lui ti ha fatto un uomo migliore… se Lui ti ha liberato dall’odio, dal rancore e dal non-senso del vivere… allora tu sai che ti ama, che Lui ti vuole bene, che Lui è con te, che Lui non ti abbandona.
Allora sì che puoi osare fidarti: “Non mi ha abbandonato finora, sono certo che non lo farà neanche adesso”. Se lo hai sperimentato, sai chi è e per questo non dubiti: perché tu sai chi è. Allora puoi vivere, osare, rischiare, perché non hai più il terrore della morte. Jung: “È vivo solo chi è pronto a morire”.
Ma se non Lo conosci, come fai a fidarti? Come fai a fidarti di uno sconosciuto: bisognerebbe essere pazzi. 

 

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martedì 5 settembre 2023

IL MALE E IL MISTERO

IL MALE E IL MISTERO

 

La parabola della zizzania e tutta la Bibbia, ci ricorda che il Male non è fuori ma dentro l’uomo, non è concentrato ma sparso in modo infinitesimale, non risiede in un posto preciso, per cui non ci sono “luoghi sicuri” sulla terra, finché il tempo scorrerà. In altri termini: non ci sono i buoni e i cattivi che si scontrano in modo chiaro e definito sullo scacchiere del mondo, ma bene e male sono confusi dentro la storia e soprattutto nel cuore dell’uomo, campo di battaglia secondo l’espressione di Dostoevskij dove il diavolo combatte con Dio. 
Siamo abitati dal soffio divino. Ma siamo anche tutti peccatori; e uno dei segni evidenti di questa nostra fragilità è proprio la tentazione ricorrente di pensare di potere noi sradicare il male una volta per tutte, giudicando e condannando gli altri e nello stesso tempo auto-assolvendoci. Magari ringraziando Dio perché «non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri...».
Ringraziare è bene ma non della superbia ma nel riconoscimento della ricchezza dei doni ricevuti. Con questo spirito grato e allargando lo sguardo dalla vicenda personale ad una visione universale ed escatologica, che è la chiave della parabola della zizzania, mi viene in mente l’affermazione di Chesterton per cui: «Noi non sappiamo come andranno a finire le cose, ma sappiamo come sono cominciate. Dio ha creato il mondo e ha detto che era cosa buona. Questo sigillo di bontà resta nonostante tutte le cattiverie di cui l’uomo è stato, è e sarà capace. Questa è la speranza radicata nel mondo, il bene non arriverà domani, ci accompagna fin dalla prima alba».
E quanto al male, che vive nella storia e dentro di noi, un’altra cosa sappiamo: che è già stato sconfitto e redento.  E così anche la morte, che non è mai separata né separabile dalla vita (il vivente è un morente e il morente è un vivente), anch’essa è stata sconfitta. Ma non da noi.... Sia lodato Gesù Cristo!

 

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domenica 3 settembre 2023

Lc 9,7-11 - RITO AMBROSIANO - I DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE

RITO AMBROSIANO
I DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE
Domenica 03 Settembre 2023
Lettura del Vangelo secondo Luca - Lc 9,7-11

1. Gesù è un mistero insondabile. Non solo per Erode ma anche per ogni discepolo GESÙ È ‘DI PIÙ’, è l’infinito che si trasfonde nel finito, è Dio che ‘si restringe’ nell’umano. 
2. Gli uomini finché cercheranno in Gesù qualcosa che appartiene al passato, NON RIUSCIRANNO A VEDERE LA RADICALE NOVITÀ CHE PORTA CON SÉ. Anche noi a volte continuiamo a cercare un passato che non può tornare e così PERDIAMO LA BELLEZZA CHE SI RIVELA DAVANTI A NOI solo perché non la guardiamo. Viviamo l’OGGI DI DIO
3. I discepoli raccontano a Gesù le cose accadute. HANNO SPERIMENTATO LA POTENZA DELLA PAROLA E LA FATICA. Gesù li prende con sé e li conduce in un luogo appartato. C'è l'alternarsi dei momenti quello della FATICA e del RIPOSO. Abbiamo bisogno di stare insieme e vivere un momento di fraternità e di riposo. È LA DOMENICA…
BUONA DOMENICA…

+ Lettura del Vangelo secondo Luca - Lc 9,7-11

In quel tempo. Il tetrarca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elia», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti». Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo.
Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.


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venerdì 1 settembre 2023

01.09.2023 - 1Ts 4,1-8 - Mt 25,1-13 - Ecco lo sposo! Andategli incontro!

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési - 1Ts 4,1-8

Fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù affinché, come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio – e così già vi comportate –, possiate progredire ancora di più.
Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù. Questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dall’impurità, che ciascuno di voi sappia trattare il proprio corpo con santità e rispetto, senza lasciarsi dominare dalla passione, come i pagani che non conoscono Dio; che nessuno in questo campo offenda o inganni il proprio fratello, perché il Signore punisce tutte queste cose, come vi abbiamo già detto e ribadito.
Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione. Perciò chi disprezza queste cose non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo santo Spirito.
1. Paolo esorta con vigore, ammonisce i tessalonicesi a VIVERE IN SANTITÀ secondo il comando del Signore, lasciandosi guidare dallo Spirito Santo. La santificazione non è il frutto di ascetismo, ma il risultato di una relazione intensa con il Signore Gesù. È DAL RAPPORTO CON LUI CHE SCATURISCE LA VITA NUOVA.
2. DIO CHIAMA ALLA SANTITÀ, è volontà di Dio la santità. Quel che Paolo prescrive l'ha ricevuto da Dio per mezzo di Cristo. Gesù ci insegna la via per piacere a Dio, lo Spirito Santo dà la forza. LA SANTIFICAZIONE È LA RISPOSTA POSITIVA AL PROGETTO SALVIFICO DI DIO. 
3. Paolo segnala DUE CATEGORIE DI PECCATI DOMINANTI in Tessalonica e relativi alle relazioni sessuali tra uomo e donna e a quelle di affari tra uomo e uomo. ASTENERSI DALL’IMPUDICIZIA, DALLA FORNICAZIONE e trattare il proprio corpo con santità e rispetto, ESSERE ONESTI NEGLI AFFARI, non offendere o ingannare il proprio fratello. DIO NON CI HA CHIAMATI ALL’IMPURITÀ, MA ALLA SANTIFICAZIONE…

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+ Dal vangelo secondo Matteo. - Mt 25,1-13
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

 

La parabola delle dieci vergini intende rispondere alla domanda sul ritardo della venuta del Signore, che i primi cristiani pensavano prossima al loro tempo. Essa invita a non profittare del ritardo dilazionato crogiolandosi nella vita insensata fatta di consumi, disimpegno e pigrizia, né a rimanere delusi, senza «educarsi» ad avere la pazienza di attendere a lungo il suo ritorno.
Non è questione di oggi o domani, del ritorno del Signore, prossimo o dilazionato, che rende significativo il tempo nel quale viviamo. Nell’impegno e nell’operosità tutto il tempo della Chiesa e del cristiano è ricco di possibilità di salvezza. La saggezza delle vergini intelligenti è stata prevedere con oculatezza il possibile ritardo dello sposo.
Facciamo nostro l'invito di oggi di vegliare perché non sappiamo né il giorno né l’ora. Impariamo ad attendere senza appuntamento, con l’unica certezza che lo Sposo giungerà. Procuriamoci quell'olio per alimentare i giorni più bui e sostenere il nostro cammino. Solo così incontreremo lo Sposo e la sua gioia. Buon cammino...

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 Il Cielo come un matrimonio, come festa nuziale. Niente di più gioioso e giocoso, niente di più serio. Tutto sta a prepararsi: siamo pronti a giocare (senza scherzare)?

 

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