Nella città di Xilinxian nella provincia del Guangxi in Cina, sant’Agostino Chapdelaine, sacerdote della Società per le Missioni Estere di Parigi e martire, che, arrestato dai soldati insieme a molti neofiti per avere per primo seminato la fede cristiana in questa regione, colpito da trecento frustate e costretto in una piccola gabbia, morì infine decapitato.
Ascoltando il Vangelo di domenica prossima, vien voglia di compiacersi e felicitarsi con Cristo per il gesto che sta facendo. Finalmente, finalmente Gesù ci insegna a fare piazza pulita di tutte le storture e deformazioni che si fanno in nome della fede e della carità. Magari riferendosi a tariffe per servizi religiosi, matrimoni, funerali, celebrazione di Messe, vendita di medaglie, candele e roba varia. “Dio non ha nulla a che vedere con i soldi”, ha detto Papa Francesco denunciando la deriva affaristica della Chiesa. Ma se ci fermassimo solo a questo avremmo una visione riduttiva e strumentale del gesto di Gesù. C’è anche e soprattutto il mercanteggiare e il negoziare con il Signore. E questo riguarda tutti e ognuno di noi.
Accade che andiamo in Chiesa per sentirsi a posto con la coscienza, ascoltiamo la Messa perché c’è un preciso comandamento: questo non è altro che mercanteggiare con Dio. È come dire: “Io ho fatto la mia parte, sono a posto, esco da Messa e torno a fare quello che sempre faccio nel bene e nel male”. Non va bene! Bisogna cambiare mentalità, bisogna convertirsi. Dio non accetta il culto di chi non vuole cambiare, di chi non si impegna, di chi calpesta la giustizia, calunnia il prossimo e inganna i propri simili. Andiamo in Chiesa per prendere coscienza delle nostre responsabilità. La Parola di Dio deve toccare il nostro cuore e il nostro agire.
Una religiosità autentica consiste nel modificare la condotta, e non nel moltiplicare le invocazioni e aumentare le offerte. L'alternativa al Tempio "covo di briganti" è la “Chiesa aperta”, non certo a persone perfette, ma a persone che desiderano vivere nella fedeltà, nella coerenza e nella semplicità, e che non ricercano un Dio "complice" disposto a chiudere gli occhi su certe faccende, ma uno che guida, orienta su una strada di rettitudine e di giustizia.
La Quaresima è un invito alla purificazione ma non al perfezionismo. Dio sa bene cosa c’è nel cuore di ognuno di noi, e conosce di prima mano i grovigli che noi uomini e donne di ogni tempo siamo in grado di creare con le nostre fragilità e incoerenze, e con la tanta rumorosa confusione.
E Gesù ci incoraggia a credere che è sempre possibile ricominciare, nonostante e attraverso le tante mercanzie buone e meno buone che ognuno di noi si ritrova nel cuore. Il Maestro che ci insegna il rifiuto radicale all’egoismo e al disordine, allo stesso tempo ci promette che «in tre giorni farà risorgere» tutto il bene che c’è nel nostro cuore che, anche se a volte è un mercato, resta sempre la «casa del Padre mio».
La storia di Fidélio è un racconto toccante di sacrificio e fedeltà al servizio della Patria, con risvolti tragici e un finale che evoca un profondo senso di devozione religiosa. Nonostante la sua morte avvenuta undici anni fa, la memoria di questo soldato sconosciuto merita di essere onorata e ricordata.
Fidélio, il Sergente Maggiore, ha dimostrato un coraggio straordinario nel decidere di arruolarsi nuovamente nell'esercito francese per partecipare all'operazione di liberazione di Denis Allex. Operazione avvenuta senza successo a Bulo Marer, nel Basso Scebeli, in Somalia, per salvare l'ostaggio francese Denis Allex dall'organizzazione militante islamica al -Shabaab. In risposta a questa operazione, Allex fu giustiziato e nello scontro a fuoco rimasero uccisi due commando francesi, 17 militanti islamici e almeno otto civili.
Denis Allex ha potuto sapere prima di morire di non essere stato abbandonato dalla famiglia: "Li sentiva arrivare, sapeva che erano lì per lui". Verso le 5 del mattino, il Presidente Francese François Hollande fu informato del fallimento. Confiderà ai giornalisti: “Questa operazione doveva essere decisa? SÌ. Me ne sono assunto la responsabilità. La famiglia di Allex, quelli dei due uccisi per andarlo a prendere, il reggimento, mi hanno detto tutti: "Era nostro dovere andarlo a prendere". Erano passati tre anni e mezzo, dovevamo andare».
La morte di Fidélio ha segnato un momento cruciale per la Francia. Un uomo che ha sacrificato la propria vita per un compagno d'armi e che indossava con fierezza la sua croce cristiana, nonostante le beffe dei terroristi. Ricorda il passo del Vangelo: «Non c'è amore più grande che dare la vita per coloro che ami». (Gv 15,13 )
La sua storia dimostra l'importanza della dedizione al dovere e della lealtà verso i compagni, valori che vanno oltre il proprio benessere personale. La sua morte atroce, mostrata al mondo intero dagli Shebab, evidenzia il suo coraggio e la sua volontà di portare la sua croce in missione.
Nonostante le circostanze tragiche e il silenzio ufficiale che ha circondato la sua morte, Fidélio incarna il significato profondo del sacrificio, simboleggiato dalla croce cristiana che ha indossato. La sua fedeltà al servizio, al compagno d'armi e al suo Dio crocifisso è un esempio di coraggio e devozione che meritano di essere riconosciuti e rispettati.
La storia di Fidélio ci invita a riflettere sull'eroismo silenzioso di molti individui che sacrificano le proprie vite per il bene degli altri. Il suo nome e il suo sacrificio dovrebbero essere commemorati come un simbolo di dedizione, coraggio e fedeltà alla Patria.
In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò».
Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito».
Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio.
L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».
1. DIO NON VUOLE LA MORTE, NON VUOLE SACRIFICI UMANI, non vuole quel tipo di culto cruento, sanguinario, violento. Purtroppo in tutte le culture GLI UOMINI HANNO ATTRIBUITO A DIO UNA MENTALITÀ VIOLENTA e lo presentano come vendicatore che punisce, che uccide, E GLI UOMINI A NOME DI DIO SI FANNO PROMOTORI DI MORTE, DI VENDETTA DI UCCISIONE. Che errore!
2. ABRAMO PENSA DI OFFRIRE IL FIGLIO A DIO COME UN ATTO RELIGIOSO ALTISSIMO, di sofferenza, sacrificando ciò che più gli sta a cuore: il figlio. Ma nel momento in cui Abramo alza la mano con il coltello per uccidere il FIGLIO, il Signore dall'alto LO BLOCCA e gli dice: "NON È QUESTO CHE VOGLIO! VEDO CHE TU TI FIDI DI ME MA NON VOGLIO LA MORTE MA LA VITA!"
3. IO TI HO DATO QUESTO FIGLIO PER LA VITA perché tu abbia una discendenza numerosa come le stelle del cielo. DIO BANDISCE OGNI SACRIFICIO UMANO, OGNI VIOLENZA RELIGIOSA: non è la morte, non è l'uccisione, non è la violenza del sacrificio che risolve il problema del peccato.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani - Rm 8,31-34
Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?
Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!
1. San Paolo dice che Dio Padre non ha risparmiato il proprio figlio ma LO HA CONSEGNATO PER TUTTI NOI. Dio ha fermato la mano di Abramo ma ha lasciato che il figlio Gesù andasse fino in fondo nell'offerta totale della propria vita. Perché?
2. Perché? Perché QUELLA È L'UNICA MORTE CHE REDIME CHE SALVA ma NON è voluta da Dio, sono gli uomini, alcuni uomini malvagi che hanno voluto la morte di Gesù e Gesù l'ha affrontata. Si è consegnato per la nostra salvezza. Chi ci condannerà?
3. Gesù non voleva la morte, Dio non vuole la morte ma Gesù voleva ESSERE FEDELE, VOLEVA DIMOSTRARE UN AMORE GRANDE CAPACE DI DARE TUTTO COMPRESA LA VITA PER AMORE DEGLI UOMINI. Ora Gesù è nella gloria e intercede per noi. Quindi non possiamo temere nessuna condanna.
-------------------------------------------
✠ Dal Vangelo secondo Marco - Mc 9,2-10
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
1. “Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli”. Gesù ci porta a contemplare un panorama bellissimo: l'uomo trasfigurato. QUANTE VOLTE NELLA NOSTRA VITA GESÙ CI HA CHIAMATI, INVITATI A SALIRE SULLA MONTAGNA? Ci chiama ogni volta che preghiamo insieme, ogni volta che nella fatica ci affidiamo a Lui, ogni volta che amiamo i "piccoli", Lui si Trasfigura e ci dona la sua Luce. RISPONDIAMO ALLA SUA CHIAMATA..
2. “QUESTI È IL FIGLIO MIO, L’AMATO, ASCOLTATELO!” No, non è possibile restare sul monte, anche se è forte la tentazione di chiudersi nella tenda. SCENDIAMO CON GESÙ e proviamo a testimoniare la luce (l'amore di Dio che è dono totale di sè) nei luoghi che frequentiamo quotidianamente, proviamo a perdonare, proviamo ad amare come Gesù. PROVIAMO...
3. Se ti lascerai guidare in questo modo, avrai la grazia di vivere tante altre trasfigurazioni, tanti momenti in cui GESÙ TI SI RIVELERÀ IN TUTTO IL SUO LUMINOSO AMORE. E avrai una gioia nuova, un nuovo significato per la vita. E lo vorrai trasmette agli altri. È QUELLO CHE VOGLIO FARE ANCH’IO!
La scena della trasfigurazione ci invita a non chiudere mai gli occhi sul dramma umano ma cercare sempre e comunque una luce da spartire insieme, fuori dalle nostre capanne. È così che si possono guardare gli eventi con gli occhi di Dio. La luce è Cristo che ci chiede di seguirlo sulla via della croce e della risurrezione. Vivere nella luce di Cristo significa ardere e risplendere per gli altri…
Camminando con Gesù saliamo sul monte della trasfigurazione. Salire sul monte è un liberarsi dal peso della vita quotidiana, è un respirare nell’aria pura. Il monte offre il panorama dell’ampiezza della creazione e della sua bellezza. Il monte ci dà elevatezza interiore e ci permette di intuire il Creatore. La storia sacra aggiunge a queste considerazioni l’esperienza del Dio che parla. Mosè ed Elia avevano potuto ricevere la rivelazione di Dio sul monte; ora sul monte Tabor sono a colloquio con Colui che è la rivelazione di Dio in persona.
Il Vangelo di questa domenica ci presenta il fatto della Trasfigurazione di Cristo. È un evento che ha segnato la vita non solo di Gesù, ma anche di Pietro, Giacomo e Giovanni, e deve segnare la nostra esistenza. Il contesto è di preghiera, sul monte Tabor. Si tratta di un momento molto particolare e privilegiato. È rivelazione della divinità di Gesù. È un momento di luce che Gesù ha voluto per preparare i suoi discepoli alla passione e, quindi anche noi perché arriviamo preparati al Venerdì santo. Anche noi dobbiamo entrare nel mistero della Trasfigurazione, farlo nostro. Non dobbiamo solo contemplare Cristo radioso, ma diventare ciò che contempliamo.
Il primo modo di partecipare al dono soprannaturale della Trasfigurazione è dare spazio alla preghiera e all’ascolto della Parola di Dio, è fissare il nostro sguardo sull’Ostia consacrata. Inoltre, soprattutto in questo tempo di Quaresima, è rispondere all’invito divino della penitenza con qualche atto volontario di mortificazione, al di fuori delle rinunce imposte dal peso della vita quotidiana.
Un altro modo di vivere il mistero della Trasfigurazione è quello di immaginarci la scena, come il Vangelo ce la descrive, e immedesimarsi in uno dei tre apostoli che hanno accompagnato Gesù sul monte Tabor: “E fu trasfigurato davanti a loro (i tre apostoli: Pietro, Giacomo e Giovanni): il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce” (Mt 17,1-2). Pietro, Giacomo e Giovanni (e noi con loro), contemplando la divinità del Signore, sono preparati ad affrontare lo scandalo della croce, come è cantato in un antico inno: “Sul monte ti sei trasfigurato e i tuoi discepoli, per quanto ne erano capaci, hanno contemplato la tua gloria, affinché, vedendoti crocifisso, comprendessero che la tua passione era volontaria e annunciassero al mondo che tu sei veramente lo splendore del Padre”.
Il Vangelo prosegue narrando che, accanto a Gesù trasfigurato, “apparvero Mosè ed Elia che conversavano con lui” (Mt 17,3). Pietro, estasiato, esclamò: “Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia” (Mt 17,4). È facile dire con Pietro: “Signore, è bello per noi essere qui!”. Più difficile è arrivare a dire come lo scrittore cattolico britannico Chesterton, accanto ad un amico morente, contemplando il suo viso pallido della morte: “Era bello per me essere lì!”.
Ricordo un episodio raccontato da P. Alex Zanotelli capitato nella baraccopoli di Korogocho a Nairobi. Quando chiese ad una giovane donna, che stava morendo di AIDS, chi fosse Dio per lei, dopo qualche momento di silenzio gli rispose: “Dio sono io!”.
È questa la meta e la missione del cristiano: riconoscere e testimoniare la Bellezza di Dio nelle realtà, anche drammatiche, della vita.
TRASFORMARE UNA SITUAZIONE DI MALE IN UNA OCCASIONE ...
Il missionario tedesco Hans-Joachim Lohre è stato rapito il 22 novembre 2022 a Bamako, in Mali, da jihadisti associati al Gruppo di sostegno all'Islam collegato ad al-Qaeda. Dopo 370 giorni di prigionia, è stato rilasciato nel novembre 2023. Il giorno del rapimento, mentre si preparava a celebrare la messa, è stato catturato da un gruppo armato. Durante la prigionia, padre Lohre è stato spogliato di tutti i suoi averi, compresi paramenti, materiale liturgico, la Bibbia e il rosario. Nonostante ciò, ha mantenuto la fede, affermando che, sebbene abbiano bruciato tutto, non possono toglierti la fede.
Il missionario ha vissuto la prigionia come un "tempo sabbatico": niente riunioni, niente lavoro, niente conferenze da organizzare, niente stress… e tanto tempo per pregare”, racconta con umorismo. Si è focalizzato sulla preghiera e sulla contemplazione. Pur consapevole che i sacerdoti in ostaggio spesso rimangono prigionieri per diversi anni, padre Lohre ha considerato il suo rilascio dopo un anno come un "miracolo". Si è affidato a Dio, prendendo ispirazione dalle parole della Genesi, dalla storia di Giuseppe.
Durante la prigionia, padre Lohre è stato informato che era stato rapito a causa della presenza di soldati tedeschi che aiutavano l'esercito maliano a Garo. Ha trascorso il tempo in diversi campi nel Sahel, in incontri con jihadisti "molto religiosi" che hanno cercato di convertirlo. Nonostante le divergenze di fede, ha ammirato la loro sincerità e difeso la sua fede senza compromessi.
Durante la prigionia, ha avuto accesso a cibo sufficiente, una radio per ascoltare la messa di Papa Francesco a Natale e altri eventi cattolici. La sua gioia più grande è stata quando ha sentito che musulmani e cristiani pregavano insieme per la sua liberazione. «Non mi sono mai sentito più missionario come in quel momento», confida emozionato. Padre Lohre ha trascorso le sue giornate in preghiera, celebrando una messa di oltre due ore ogni giorno, recitando il rosario a mezzogiorno e dedicando due ore alla meditazione contemplativa nel pomeriggio. Alla fine di dicembre, è stato affidato ai Tuareg e successivamente portato in una regione montuosa, dove ha trascorso il tempo dedicandosi completamente alla preghiera.
Il suo rilascio è avvenuto il 26 novembre 2023, e ora, in attesa di una nuova missione, padre Lohre si dice grato di aver potuto rivedere la madre e ringrazia coloro che lo hanno sostenuto con le loro preghiere. Nonostante la tristezza di non poter tornare in Mali, è pronto per un nuovo impegno missionario.
Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: «Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca, con tutti gli animali della terra. Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra».
Dio disse:
«Questo è il segno dell’alleanza,
che io pongo tra me e voi
e ogni essere vivente che è con voi,
per tutte le generazioni future.
Pongo il mio arco sulle nubi,
perché sia il segno dell’alleanza
tra me e la terra.
Quando ammasserò le nubi sulla terra
e apparirà l’arco sulle nubi,
ricorderò la mia alleanza
che è tra me e voi
e ogni essere che vive in ogni carne,
e non ci saranno più le acque per il diluvio,
per distruggere ogni carne».
1. Il libro della Genesi ci propone L'ALLEANZA CHE DIO HA FATTO CON NOÈ FINITO IL DILUVIO. Il Signore promette a Noè: “MAI PIÙ LA DISTRUZIONE” È un IMPEGNO UNILATERALE, cioè Dio solo prende su di sé l'impegno e come gesto simbolico evoca l'arco posto sulle nubi. “Eterna è la sua misericordia” …
2. L'arcobaleno è inteso come strumento militare, l'arco con cui Dio lancia frecce contro l'umanità. QUESTO ARCO VIENE RIPOSTO SOPRA LE NUBI. L’arco dell’arcobaleno è in una posizione tale che sembra tiri verso Dio, rivolge l'arma contro di sé. Dio promette di non fare guerra all'uomo NONOSTANTE l'uomo sia peccatore di non distruggerlo, SEMMAI PRENDE SU DI SÉ LE CONSEGUENZE DEL PECCATO UMANO.
3. L’Alleanza: “IO – CON VOI – CON OGNI ESSERE VIVENTE – TRA ME E VOI E OGNI ESSERE VIVENTE – TRA ME E LA TERRA”. Come in un segno di croce, l’alleanza va in verticale (tra Cielo e terra) e in orizzontale coinvolgendo TUTTA la creazione E IN PARTICOLARE L’UOMO DOTATO DI LIBERTÀ E CHIAMATO A PRENDERSENE CURA E A SENTIRSENE RESPONSABILE. È un manto di benevolenza con cui Dio copre e protegge l’intero universo…
---------------------------------------------
Dalla prima lettera di san Pietro apostolo - 1Pt 3,18-22
Carissimi, Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito. E nello spirito andò a portare l’annuncio anche alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella sua magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l’arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua.
Quest’acqua, come immagine del battesimo, ora salva anche voi; non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo. Egli è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze.
1. Pietro vuole rivolgere ai CRISTIANI PERSEGUITATI un’esortazione che sia loro di consolazione. I cristiani ricordino che ATTRAVERSO LA PERSECUZIONE E LA MORTE È PASSATO PRIMA CRISTO e proprio attraverso di esse ci ha ricondotto a Dio.
2. Il Cristiano IN VIRTÙ DEL BATTESIMO PARTECIPA AL TRIONFO, ALLA VITTORIA DEL CRISTO RISORTO. Il battesimo È UN PASSAGGIO attraverso le acque che non porta all’annegamento, MA ALLA VITA AUTENTICA. Siamo tirati fuori, siamo rinati… Il battesimo è partecipare alla sua morte e risurrezione…
3. Cristo non ci ha lasciato solo un esempio da imitare, CI HA REDENTI, HA APERTO PER NOI UNA VIA NUOVA E SICURA CHE CI CONDUCE A DIO: questa è la consolazione per i cristiani di ogni tempo. SEGUIAMO LA VIA DEL SIGNORE…
In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
1. “Nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana” Gesù ha vissuto l’esperienza delle tentazioni, esperienza voluta fortemente dallo Spirito che “lo sospinse”. Per condividere la nostra umanità DOVEVA affrontare questa prova e superarla, PER ESSERE CON NOI ANCHE NELLE NOSTRE TENTAZIONI E DARCI LA FORZA DI VINCERLE. CI POSSIAMO FIDARE..
2. Ma QUALI SONO LE NOSTRE TENTAZIONI OGGI? La Tentazione nel credere che la vita di oggi abbia poco senso (e la butto via in cose futili), oppure l'essere troppo concentrarti su di sé (da non vedere il prossimo), oppure pensare che NON è più tempo di conversione (ormai sono fatto così, non si cambia più, ho il mio carattere, le mie abitudini), la tentazione di NON prendere sul serio le parole di Gesù: “Convertitevi e credete nel Vangelo”.
3. Quaresima E' tempo di PROVA (lotta contro il MALE) e di CONVERSIONE (ritorno a Dio), nel concreto quotidiano con fede e coraggio. Cerchiamo in questa settimana di ELIMINARE “una cattiva abitudine” e INTRODUCIAMO una nuova “buona abitudine”. A voi la scelta!
«Tutti vorrebbero guarire dai mali del corpo, ma non possono. Tutti potrebbero guarire dai mali dell’anima, ma non vogliono». La Quaresima ci offre un tempo favorevole per fare bella, nuova, anche l’anima. Accogliamo, quindi, l’invito di Gesù: «Convertitevi, e credete nel Vangelo». Pensiamo più spesso all’anima, perché «ogni anima che si eleva, eleva il mondo».
Nella debolezza delle tentazioni, che tutti prima e poi abbiamo non si deve commettere l’ingenuità di impelagarsi nel dialogo: occorre, invece, avere il coraggio della preghiera e chiedere perdono per rialzarci e andare avanti, con la certezza che la grazia ci aiuta a non nasconderci dal Signore.
«Sia all’inizio della creazione, come all’inizio della ri-creazione, come primo evento c’è la tentazione»: «Adamo ed Eva erano nel paradiso terrestre con tutti i doni che Dio aveva dato, con il compito di fare, di custodire, di portare avanti il creato, e con l’amore. Con queste tre cose erano lì per fare la loro vita e proprio all’inizio viene la tentazione». Allo stesso modo, «la tentazione viene», sempre «all’inizio», quando «Gesù lascia Nazaret, si fa battezzare, va nel deserto a pregare per incominciare il compito che Dio gli aveva dato». Perciò «sia nella creazione sia nella ri-creazione c’è la tentazione».
Il testo biblico ci dice che «“il serpente era il più astuto”: il diavolo si fa vedere in forma di serpente attraente e con la sua astuzia cerca di ingannare: lui è specialista in questo, è il “padre della menzogna”, lo chiama così Gesù». Il diavolo «è un bugiardo, sa come ingannare, sa come truffare la gente». E così «il serpente circuì con la sua astuzia Eva: la fa sentire bene, le fa — per così dire — bere un po’ d’acqua sciropposa». Tanto che Eva «si sente bene, si fida, incomincia il dialogo e, passo dopo passo, la porta dove lui vuole».
Il diavolo prova a fare «lo stesso con Gesù nel deserto. Gli fa tre proposte, ma questo dialogo con Gesù finisce male per il diavolo: “Vattene, Satana!”». Invece «il dialogo con Eva non finisce bene per Eva: vince Satana».
«Quando il diavolo circuisce una persona lo fa con il dialogo, cerca di dialogare». È proprio quello che tenta di fare anche «con Gesù: “Tu hai fame, c’è una pietra, tu sei Dio, fa’ che questa sia pane! Tu sei venuto qui a salvarci tutti, una vita di fatica, di lavoro, ma vieni con me, andiamo al tempio e buttati senza paracadute: farai un bello spettacolo e tutta la gente crederà in te è tutto finito in una mezzoretta!”». Ma «Gesù non lo fa». E così alla fine il diavolo «fa vedere la vera faccia: “Vieni, vieni!”». E «gli fa vedere tutto il mondo e gli propone l’idolatria: “Adorami, io ti darò tutto questo!”».
Poniamo il nostro sguardo su Gesù che viene tentato: Gesù non dialoga con il diavolo, piuttosto «sente il diavolo e dà una risposta, ma che non è sua: prende la risposta dalla parola di Dio». E infatti «le tre risposte di Gesù al diavolo sono prese dalla Bibbia, dall’Antico testamento, dalla parola di Dio, perché col diavolo non si può dialogare».
Con Eva, invece, la tentazione del diavolo è andata in un altro modo. Era «ingenua» e all’inizio la situazione le «sembrava buona». Pensava «che si sarebbe trasformata in una dea, è il peccato di idolatria»: per questo «è andata avanti» con il dialogo. Ma è finita male, ci dice la Genesi: «Lei e il marito nudi, senza niente». La questione è che «il diavolo è un mal pagatore, non paga bene: è un truffatore, ti promette tutto e ti lascia nudo». Certo, anche «Gesù è finito nudo, ma sulla croce, per obbedienza al Padre: un’altra strada».
Dunque «il serpente, il diavolo è astuto: non si può dialogare col diavolo». Oltretutto «tutti noi sappiamo cosa sono le tentazioni, tutti sappiamo perché tutti ne abbiamo: tante tentazioni di vanità, di superbia, di cupidigia, di avarizia, tante!». Ma tutte «incominciano» quando ci diciamo: «ma, si può, si può...».
Proprio come avviene per Eva che si sente rassicurare dal serpente: «Ma no, non è vero che ti farà male questo frutto, mangialo, è buono, è poca cosa, nessuno se ne accorge, fai, fai!». E così, «a poco a poco, a poco a poco, si cade nel peccato, si cade nella tentazione».
«La Chiesa con la prima domenica di Quaresima ci insegna a non essere ingenui, per non dire sciocchi, ad avere gli occhi aperti e a chiedere aiuto al Signore perché da soli non possiamo». Evitiamo di fare l’esperienza di Adamo ed Eva che dovettero nascondersi dal Signore. Perché «la tentazione ti porta a nasconderti dal Signore e tu te ne vai con la tua colpa, col tuo peccato, con la tua tentazione, lontano dal Signore». A quel punto «ci vuole la grazia di Gesù per tornare e chiedere perdono, come ha fatto il figliol prodigo». Ecco perché «nella tentazione non si dialoga, si prega: “Aiuto, Signore, sono debole, non voglio nascondermi da te”».
Il Signore ci dia la grazia e ci accompagni in questo cammino e, se siamo ingannati per la nostra debolezza, nella tentazione ci dia il coraggio di alzarci e di andare avanti: per questo è venuto Gesù, per questo!.
La Chiesa ci ricorda che col mercoledì delle ceneri inizia un “tempo favorevole” per la nostra vita spirituale. Un tempo in cui, attraverso il digiuno, la preghiera e le opere di carità, ci possiamo preparare a celebrare «completamente rinnovati la Pasqua di Cristo».
È un tempo di grazia! Ma è ancora possibile, con la Tv satellitare e digitale, con il computer, con internet, con i miliardi di Sms, parlare e riproporre ancora la Quaresima? Con forza polemica Voltaire gridava ai preti: «A chi predicate la Quaresima? Ai ricchi? Ma non la fanno mai! Ai poveri? Ma la fanno tutto l’anno!». Molti non amano sentir parlare di Quaresima. È una parola che evoca tristezza. «Hai una faccia da Quaresima», si dice da qualche parte! L’Istat fornisce una fotografia sconfortante dell’Italia: dieci milioni di famiglie vivono in condizioni di “disagio economico”; quattordici milioni di persone! Tantissime!
Ha ancora senso parlare a queste di digiuno, di penitenza, di mortificazione? Ma in questo “tempo favorevole” noi siamo invitati ad orientare la nostra vita verso la Pasqua. Tempo di conversione, di preghiera, di carità operosa, appunto verso chi ha meno. Un itinerario di quaranta giorni che non mortifica, ma spinge a scegliere il “di più”. A scegliere lo stile di vita più austero. A rinunciare alle troppe parole, al rumore, all’uso compulsivo del computer, all’invio di messaggini superflui!
La Quaresima torna per risvegliare le nostre coscienze. Per richiederci un intenso impegno spirituale, per radunare tutte le nostre energie, in vista di un profondo cambiamento del nostro modo di pensare, di parlare, di vivere.
Come dicevano i Padri della Chiesa: chi riesce in questa operazione è più grande di chi fa miracoli e risuscita un morto.
«Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli.
Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”.
Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento».
1. LA LEBBRA NON ERA UNA QUESTIONE SEMPLICEMENTE DI MALATTIA, la lebbra era considerata una punizione di Dio, e il lebbroso ritenuto contagioso veniva emarginato messo fuori dalla società era costretto a vivere da isolato. METTITI NEI SUOI PANNI…
2. Il libro del levitico è il testo che raccoglie le normative sacerdotali a proposito delle questioni di sacralità e di purità. Se uno ha una malattia alla pelle deve essere portato dal sacerdote, SE DIAGNOSTICAVA LEBBRA SCOMUNICAVA IL MALATO, LO MANDAVA FUORI DALLA COMUNITÀ. Qualora il malato guarisse per poter essere ammesso di nuovo dentro la società civile doveva ripresentarsi al sacerdote il quale doveva esaminare la pelle diagnosticare la guarigione e RIAMMETTERLO NELLA COMUNITÀ.
3. Fra le cose che il lebbroso doveva fare c'era quello di VIVERE IN SOLITUDINE fuori dall'accampamento, VESTIRE CON STRACCI, COPRIRSI LA FACCIA e quando vedeva venire qualcuno verso di lui doveva Gridare: “SONO IMMONDO!”. ANCHE OGGI ESISTONO I LEBBROSI: SONO GLI AMMALATI, GLI ABITANTI DELLE BARACCOPOLI, I COLPITI DALL'ATTUALE PANDEMIA.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi - 1Cor 10,31-11,1
Fratelli, sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.
Non siate motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio; così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza.
Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo.
1. La prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi, al capitolo 10 siamo nel blocco dedicato alla questione di coscienza delle carni sacrificate agli idoli…
2. Paolo tira le conclusioni dicendo: qualunque cosa facciate sia che mangiate sia che beviate FATE TUTTO PER LA GLORIA DI DIO. NON siate di scandalo, NON date cattivo esempio, NON fate inciampare le persone, FATE COME ME che cerco di piacere a tutto in tutti senza cercare il mio interesse CERCO L'INTERESSE DEI MOLTI PERCHÉ TUTTI ARRIVINO ALLA SALVEZZA…
3. Per poter accogliere tutti dobbiamo IMPARARE DA PAOLO COME PAOLO HA IMPARATO DA CRISTO ad essere accogliente, a integrare le persone, a non emarginarle, ad accogliere i lontani perché non ci siano più muri PERCHÉ CI SIA VERAMENTE UNA COMUNITÀ CRISTIANA…
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
1. E’ UN LEBBROSO, GESÙ, NON DOVRESTI TOCCARLO: a causa della sua malattia lo hanno buttato fuori dal villaggio e ora va ramingo in luoghi solitari. Perché Gesù non sei prudente? Lo sai bene che questa è una malattia terribile che devasta le membra, che sfigura i corpi rende impuro l'uomo e fa allontanare Dio? CHI SONO I LEBBROSI OGGI?
2. EPPURE, GESÙ, TU NON VUOI GUARIRLO A DISTANZA QUEST’UOMO CHE SI È MESSO IN GINOCCHIO, TU VUOI TOCCARLO. Anche se è pericoloso…. anche se è contagioso… perché è proprio per questo che ti sei fatto uomo, per rivelarci un DIO VICINO: vicino a chi soffre, vicino a chi è prigioniero del male, vicino a chi si sente abbattuto e solo. E NOI SIAMO VICINI ALL'UOMO....
3. Gesù a contatto con le malattie, con i mali più segreti e nascosti, con le realtà multiformi del peccato, offre una LIBERAZIONE INSPERATA, rischiando non solo il contagio, ma la tua stessa incolumità. Gesù ci mostra un DIO che è solo AMORE anche se non lo meritiamo. FA LO STESSO!
Gesù guarisce un lebbroso, cacciato lontano dalla società, emarginato, escluso; distrutto nell’anima e nel corpo. Gli ridona la sua dignità di uomo. Dio non rifiuta nessuno! La guarigione del lebbroso è stata interpretata, nella tradizione cristiana, come un segno della liberazione dalla lebbra del peccato. Ognuno di noi è impastato di peccato ma la misericordia di Dio è sempre superiore alla nostra colpa.
ULTIMA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA – detta «del perdono»
DOMENICA 11 FEBBRAIO 2024
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca - Lc 18,9-14
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
1. Abbiamo due esempi contrapposti: FARISEO (religioso, praticante) PREGA LODANDOSI, il PUBBLICANO (collaboratore con i Romani, riscuote le tasse per gli odiati invasori), PREGA COME CHI RICONOSCE DI ESSERE SENZA VIA DI SCAMPO "SE NON HAI PIETÀ DI ME PECCATORE SONO ROVINATO. Chi ha pregato il vero Dio?
2. Gesù commenta: Il PUBBLICANO torna a casa GIUSTIFICATO a differenza dell'altro. Giustificato PER FEDE che significa: “IO MI FIDO, MI AFFIDO AL SIGNORE, MI APRO ALLA SUA GRAZIA, MI ABBANDONO ALLA SUA MISERICORDIA E VENGO RESO GIUSTO”. Vengo giustificato NON in forza delle mie opere, dei miei meriti, dei miei pregi (vedi il fariseo). E IO MI FIDO, MI AFFIDO AL SIGNORE O FACCIO DI TESTA MIA?
3. A CHI È RIVOLTA QUESTA PARABOLA? NON ai peccatori MA A NOI SUOI DISCEPOLI che ci sentiamo “GIUSTI” perché facciamo del bene. Questo atteggiamento NON ci fa incontrare Dio E NEPPURE i fratelli perché DIVENTA SOLO UNA RICERCA DELLA PERFEZIONE. PREGARE È VEDERE IL VOLTO DI DIO È INCONTRARE IL SIGNORE. E Tu come preghi?
In quei giorni, Geroboàmo, [re d’Israele], pensò: «In questa situazione il regno potrà tornare alla casa di Davide. Se questo popolo continuerà a salire a Gerusalemme per compiervi sacrifici nel tempio del Signore, il cuore di questo popolo si rivolgerà verso il suo signore, verso Roboàmo, re di Giuda; mi uccideranno e ritorneranno da Roboàmo, re di Giuda».
Consigliatosi, il re preparò due vitelli d’oro e disse al popolo: «Siete già saliti troppe volte a Gerusalemme! Ecco, Israele, i tuoi dèi che ti hanno fatto salire dalla terra d’Egitto». Ne collocò uno a Betel e l’altro lo mise a Dan. Questo fatto portò al peccato; il popolo, infatti, andava sino a Dan per prostrarsi davanti a uno di quelli.
Egli edificò templi sulle alture e costituì sacerdoti, presi da tutto il popolo, i quali non erano discendenti di Levi. Geroboàmo istituì una festa nell’ottavo mese, il quindici del mese, simile alla festa che si celebrava in Giuda. Egli stesso salì all’altare; così fece a Betel per sacrificare ai vitelli che aveva eretto, e a Betel stabilì sacerdoti dei templi da lui eretti sulle alture.
Geroboàmo non abbandonò la sua via cattiva. Egli continuò a prendere da tutto il popolo i sacerdoti delle alture e a chiunque lo desiderava conferiva l’incarico e quegli diveniva sacerdote delle alture. Tale condotta costituì, per la casa di Geroboàmo, il peccato che ne provocò la distruzione e lo sterminio dalla faccia della terra.
1. Geroboamo, re di Israele, vuole compattare il suo popolo e decide di USARE LA RELIGIONE PER IMPEDIRE che si vada a Gerusalemme per il culto. Lui pensa semplicemente al proprio potere, NON SI RICORDA PIÙ CHE DEVE LA SUA POSIZIONE A DIO, ha paura che il regno torni alla dinastia davidica perché Gerusalemme e il tempio sono fortemente legati a Davide e a Salomone. METTE L’IO DAVANTI A DIO.
2. SPINGE GLI ISRAELITI VERSO DÈI FALSI DICENDO MENZOGNE: «Questi sono gli dei che ti hanno fatto uscire dall’Egitto». IL PECCATO È SEMPRE LEGATO ALLA MISTIFICAZIONE DELLA REALTÀ, a far sembrare vero ciò che non lo è.
3. IL PECCATO CONSISTE NELL’ALLONTANARE IL DIO D’ISRAELE DALLA QUOTIDIANITÀ, eliminando ogni riferimento a lui, riempiendo questo vuoto con altro. Geroboamo PENSA DI ESSERE FURBO ma ben presto si accorgerà che non è così: LA SUA SCELTA PECCAMINOSA DETERMINA LO STERMINIO DELLA SUA CASA.
In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano». Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette». Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli. Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila. E li congedò. Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà.
Come fa Gesù a interessarsi di tanta folla? Cosa c’entra lui, cosa può fare un uomo solo, perché prova compassione? E la gente, perché lo segue trascurando il mangiare, rischiando di venir meno lungo il cammino? In questo contesto qualcuno mette a disposizione di Gesù la sua piccola vita: i suoi sette pani. Quei pochi pani e pesci, condivisi e benedetti da Dio, bastarono per tutti. Ma attenzione: non è una magia, è un ‘segno’! Un segno che invita ad avere fede in Dio, Padre provvidente, il quale non ci fa mancare il ‘nostro pane quotidiano’, se noi sappiamo condividerlo come fratelli!. Ogni domenica le nostre comunità celebrano l’Eucarestia. Nell'Eucarestia si rinnova il sacrificio di Gesù Cristo, e si attua la comunione dei fedeli con il Redentore e tra loro. Dobbiamo prenderne sempre più coscienza che il sacrificio di Cristo è per tutti e pertanto l’Eucarestia spinge ogni credente in Lui a farsi pane spezzato per gli altri, e dunque ad impegnarsi per un mondo più giusto e fraterno.
-----------------------------
Gesù ha compassione.
In tutti sono 4000 le persone che lo seguono ma per Lui "tutti" equivale a "ciascuno", sa anche che alcuni di loro sono venuti da lontano. Gli altri, per noi, sono tutti o ciascuno?
È evidente a tutti l'impatto trasformativo degli smartphone e dei social media sulla vita quotidiana delle persone. L'effetto di questi strumenti è tanto positivo quanto negativo, a seconda del modo in cui vengono utilizzati. Riflettendo sulla storia di questi dispositivi, dalla commercializzazione degli smartphone nel 1993 all'ascesa del primo social network, SixDegrees, nel 1997, si nota come abbiano radicalmente cambiato il modello di comunicazione tradizionale.
L'analisi si spinge a considerare l'uso massivo di smartphone e social media come una sorta di "bulimia", con conseguenze negative sulla società. Si fa riferimento alle virtù tradizionali, come autodisciplina, temperanza, moderazione e prudenza, che sembrano andare perdute nella civiltà moderna, dominata da un consumo eccessivo di informazioni e stimoli visivi.
Se poi lo guardiamo alla luce della fede cattolica, si evidenzia come l'uso smodato di smartphone e social media ha contribuito al deterioramento della fede, in particolare tra i giovani. Una docente di psicologia, la professoressa Jean M. Twenge ha denominato la generazione attuale come "iGen" o "generazione iPhone", notando un aumento di problemi di salute mentale tra gli adolescenti.
La dipendenza da smartphone, l'isolamento, la perdita di sonno e l'abbassamento della concentrazione sono considerati come effetti negativi dell'uso prolungato di questi dispositivi. Va aggiunto anche l'aumento dei tassi di depressione e suicidio, specialmente tra i giovani, e non mancano dati statistici in merito.
Alla luce di questi problemi, è essenziale recuperare l'approccio educativo della Chiesa e adottare una gestione saggia del tempo, evitando l'ozio e le influenze negative delle moderne tecnologie. Si richiama anche all'importanza di conservare la purezza e la pace con Dio per trovare la vera felicità.
Scriveva san Giovanni Bosco: «Dalle letture [oggi si potrebbe anche aggiungere: dalle chat] dipende moltissime volte la scelta definitiva (per i giovanetti) che fanno del bene o del male» per sé e gli altri, quindi: «Fuggite l'ozio e gli oziosi, lavorate secondo il vostro stato; quando siete disoccupati siete in gravissimo pericolo di cadere in peccato. L'oziosità̀ insegna ogni sorta di vizi» e «Abborrite le malvagie letture più che la peste». Per conservare la purezza, la Chiesa preconciliare, che lottava contro liberalismo, socialismo e spirito rivoluzionario, esortava a tenere lontano le cattive letture e la cattiva cinematografia, veleno per le anime. Affermava ancora don Bosco: «La felicità non si trova in questo mondo, se non si ha la pace con Dio; se [la gente] è così malcontenta ed arrabbiata, è perché́ non pensa alla salute dell'anima sua». [...]