mercoledì 6 settembre 2023

06.09.2023 - Col 1,1-8 - Lc 4,38-44 - È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città...

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési - Col 1,1-8

Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Timòteo, ai santi e credenti fratelli in Cristo che sono a Colosse: grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro.
Noi rendiamo grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, continuamente pregando per voi, avendo avuto notizie della vostra fede in Cristo Gesù e della carità che avete verso tutti i santi a causa della speranza che vi attende nei cieli.
Ne avete già udito l’annuncio dalla parola di verità del Vangelo che è giunto a voi. E come in tutto il mondo esso porta frutto e si sviluppa, così avviene anche fra voi, dal giorno in cui avete ascoltato e conosciuto la grazia di Dio nella verità, che avete appreso da Èpafra, nostro caro compagno nel ministero: egli è presso di voi un fedele ministro di Cristo e ci ha pure manifestato il vostro amore nello Spirito.
1. “Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro”. Grazia e pace sono le realtà salvifiche che Dio Padre ha rivelato e comunicato in Cristo. LA SUA GRAZIA (“CHARIS”), CIOÈ IL SUO AMORE SENZA LIMITI È SORGENTE DI PACE (“EIRÈNÈ”), di vera comunione TRA COLORO CHE ACCOLGONO E METTONO IN PRATICA la Parola del Signore.
2. Il ringraziamento abbraccia la triade delle “virtù teologali”: la “FEDE”, la “CARITÀ” verso i fratelli, ALIMENTATE E SORRETTE DALLA FIDUCIOSA “SPERANZA” dei beni immortali, che i credenti riceveranno un giorno “nei cieli, ma assicurati loro fin dal presente. ESSE FANNO FIORIRE IL BENE E LE VIRTÙ.
3. LA FONTE DI QUESTI BENI È IL “VANGELO”, “PAROLA DI VERITÀ” E DONO GRATUITO DI DIO. Quando il Vangelo VIENE ASCOLTATO E ACCOLTO NELLA INTEREZZA DELLA SUA “VERITÀ”, fruttifica e cresce come pianta robusta, producendo ottimi risultati, proprio come sta avvenendo nella chiesa di Colossi. QUESTA È L’AZIONE EFFICACE DI DIO PADRE PER MEZZO DI CRISTO NELLO SPIRITO…

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Dal vangelo secondo Luca - Lc 4,38-44
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva.
Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo.
Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato».
E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.

Oggi il Vangelo ci offre un esempio di vita donata. Gesù partecipa ad ogni avvenimento, condivide il dramma delle persone, l’attesa e la speranza di ogni uomo. Gesù sa incontrare e sa rispondere. 
Gesù incontra un’umanità solcata da sofferenze, fatiche e problemi, la nostra umanità: a tale povera umanità è diretta l’azione potente, liberatrice e rinnovatrice di Gesù. E che cosa fa dopo, Gesù? Prima dell’alba del giorno seguente, Egli esce non visto dalla porta della città e si ritira in un luogo appartato a pregare. Gesù prega. In questo modo sottrae anche la sua persona e la sua missione ad una visione trionfalistica, che fraintende il senso dei miracoli e del suo potere carismatico.
Tutta la sua vita e tutta la sua azione trovano origine nel rapporto con il Padre, ravvivato e rinnovato nel dialogo della preghiera. Anche noi per non disperderci nell’azione, per non disperare nei drammi personali e di quelli del mondo, dobbiamo sperimentare di non essere soli, siamo figli di un Padre buono che ci dona la forza e la certezza per vivere ogni giorno la partita della vita. 

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La fama di Gesù si diffonde ma lui non si “siede sugli allori”, sposta sempre il baricentro, il suo, il nostro. Va a pregare, va altrove. Noi amiamo stare dove siamo forti: forse l’altrove ci fa paura?

 

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