giovedì 4 settembre 2025

DUE MONDI LONTANI CHE SI INCONTRANO

DUE MONDI LONTANI CHE SI INCONTRANO

Nel cuore del Texas, nel carcere femminile di Gatesville, è nato un legame profondo tra sette donne nel braccio della morte e un gruppo di suore contemplative dell’ordine Maria Stella Matutina. Due mondi apparentemente opposti: da un lato vite segnate da reati gravi e condanne capitali, dall’altro esistenze dedicate al silenzio, alla preghiera e alla clausura. Eppure, queste realtà si sono incontrate, unendosi in una forma rara di condivisione spirituale e umana.

 Tutto ha avuto inizio nel 2021, su iniziativa del diacono Ronnie Lastovica, che da anni visita il carcere per portare la comunione. Di fronte alle domande profonde delle detenute, ha sentito il bisogno di coinvolgere chi vive una spiritualità radicale: le suore. «Come loro — spiega — anche le prigioniere si alzano all’alba, vivono in celle, vestono sempre allo stesso modo. Non cercano ammirazione. C’è una somiglianza che può aprire il dialogo».

 All’inizio le religiose erano titubanti: temevano che la missione in carcere potesse entrare in contrasto con la clausura. Ma dopo la preghiera e il discernimento comunitario, hanno accettato. Così è cominciato un incontro mensile tra le due comunità. Il primo incontro fu carico di tensione, ma bastò un abbraccio spontaneo per rompere il ghiaccio: «Noi aprimmo le braccia e loro aprirono le loro», ha raccontato Brittany Holberg, una delle detenute.

 La relazione nata tra le suore e le detenute si è rafforzata con il tempo. Sister Mary Thomas, priora dell’ordine, racconta: «Abbiamo scoperto che la somiglianza nei nostri stili di vita ci ha avvicinate rapidamente. Viviamo in comunità, vestiamo sempre allo stesso modo, cerchiamo una vita semplice e autentica».

 Pur mantenendo la clausura, le suore hanno riconosciuto questo impegno come parte del loro apostolato. Gli incontri non si concentrano solo sulla pena di morte, ma trattano temi di fede, di vita, di dignità personale. Alcune detenute si sono legate a una specifica religiosa, cercando un dialogo intimo sul proprio cammino spirituale.

 Le detenute, spesso consapevoli della gravità del proprio passato, non evitano di guardare in faccia la condanna, ma trovano speranza nella fede. «Vivono nel braccio della morte ma amano la vita, che hanno riscoperto nella fede e nella comunità», dice sister Mary. Tutte e sette sono cristiane, alcune convertite proprio in carcere.

 Questa esperienza ha insegnato anche alle suore a relativizzare le difficoltà quotidiane e a riscoprire il valore della misericordia. Sister Mary ammette che le prime visite sono state emotivamente forti e che non hanno ancora affrontato l'esecuzione di una delle donne, momento che temono profondamente.

 Inizialmente, le religiose erano restie a parlare pubblicamente della loro missione, ma poi hanno compreso che raccontare questa esperienza significa offrire uno sguardo più umano sulle detenute. Una lettera, in particolare, ha colpito la priora: era di un uomo che aveva perso un familiare in un crimine e che aveva scelto la via del perdono. La sua testimonianza ha aiutato le suore a capire che anche nel buio più profondo può nascere la luce.

 «Ogni persona lotta con un lato oscuro — conclude Sister Mary —. Tutti noi fatichiamo ad accogliere il perdono di Dio. Le storie di queste donne ci aiutano a farlo».

 La fede, lo sappiamo, può unire anche chi vive nella separazione e nella condanna. Dietro ogni persona c’è una storia che merita ascolto, non solo giudizio. La misericordia, anche nel braccio della morte, è possibile.

 

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