UN FIGLIO NON TOGLIE, MOLTIPLICA.
Come si cresce un figlio? Augurandogli tutto, quindi instradandolo e proteggendolo da ogni pericolo, oppure non augurandogli niente, quindi sostenendolo ma facendolo sbagliare e imparare da solo?
Dilemmi ancor più complessi per i giovani. Se fino a pochi decenni fa a trent’anni già ci si sposava e si metteva al mondo almeno un figlio, oggi a trent’anni si convive senza sposarsi e di figli si parla sempre meno. Il declino demografico, tutt’altro che isolato al caso italiano, conferma. Ma esso non può essere spiegato solo entro la lente economicista del «fare un figlio costa».
Piuttosto, crediamo che dietro certe scelte ci sia un senso di smarrimento dei giovani nei confronti dello spazio e del tempo che abitano. Le istituzioni comunitarie sono in crisi, i punti di riferimento assenti, tanti ragazzi dicono che «non voglio fare la fine dei miei genitori», molti non ci pensano neppure a sacrificare i propri impegni e le proprie ambizioni per un bambino, anzi sono intimoriti al solo ascolto di parole come responsabilità o stabilità.
E, allora, le domande diventano altre: cosa significa, oggi, in un mondo in cui gli individui sono sempre più autocentrati, sacrificare il proprio tempo e i propri spazi in nome di un figlio? Siamo davvero pronti, a poco meno di trent’anni, a mettere in secondo piano quelle che vengono considerate priorità irrinunciabili? E cosa stiamo aspettando, se i genitori continuano a ripeterci che «all’età tua avevo già un figlio», se la politica parla di calo demografico o se la scienza ci dimostra che per partorire non si può andare troppo oltre?
Forse perché anche noi rientriamo nella categoria di giovani incapaci di dare risposte concrete, oppure perché affascinati dal culto della penna e del taccuino, ci siamo rivolti a chi questa scelta l’ha fatta.
Diversa è invece la testimonianza di Matteo, ventottenne romano: «Siamo felici. E lo siamo insieme. Questa è la prima, necessaria premessa per diventare genitori. Non è scontata. Perché attorno a noi vediamo sempre più coppie giovani riversate su loro stesse, sulle loro ambizioni e necessità vissute non in modo collettivo bensì come soddisfazioni individuali: un mantra che torna spesso è “affinché la nostra relazione funzioni devo stare bene io”. Credo non ci sia niente di più sbagliato. Una coppia non è un compromesso tra due stati d’animo che devono per forza convivere. Una coppia è frutto della spontaneità, della maturità, della responsabilità e, soprattutto, della volontà. Ed è la volontà, non il denaro, che troppo spesso manca quando si decide di non avere un figlio. Cioè, manca la capacità di mettere in secondo piano sé stessi e le proprie ambizioni, manca il coraggio di affidarsi all’altro, il desiderio di oltrepassare la paura. Se crediamo che per far funzionare una relazione “devo stare bene io”, saremo condannati alla ricerca del benessere individuale e dimenticheremo che quel benessere può provenire proprio dall’altro. Che sia un partner, che sia un bambino, che sia un genitore. Basta che sia una testimonianza d’amore».
📲 I MIEI SOCIAL:
Instagram: https://www.instagram.com/rzambotti/ Facebook: https://www.facebook.com/renzo.zambotti.12/ Blogspot: https://renzozambotti.blogspot.com/ TikTok: https://www.tiktok.com/@renzozambotti
Nessun commento:
Posta un commento