SAN ALFONSO RODRÍGUEZ (1531–1617)
Nato a Segovia in Spagna da una famiglia di mercanti di lana, Alfonso Rodríguez mostrò fin da giovane un forte desiderio di consacrarsi a Dio. Studiò presso i gesuiti di Alcalá, ma la morte del padre lo costrinse a tornare a casa per occuparsi della bottega di famiglia. Sposato e padre di due figli, conobbe presto il dolore più profondo: la morte della moglie e dei bambini. Questo susseguirsi di prove lo spinse a cercare rifugio solo in Dio. Ceduti tutti i beni al fratello, tentò di entrare nella Compagnia di Gesù, ma la salute fragile e la scarsa preparazione lo resero inadatto al sacerdozio. Tuttavia, i gesuiti ne riconobbero l’umiltà e la profondità spirituale, accogliendolo come fratello coadiutore.
Fu mandato a Palma di Maiorca, nel collegio di Monte Sion, dove per oltre trent’anni svolse con fedeltà il semplice incarico di portinaio. In quel ruolo, apparentemente umile, Alfonso trovò la sua strada verso la santità. Ogni persona che bussava alla porta trovava in lui accoglienza, consiglio, preghiera e conforto. La sua bontà semplice, unita a una severa disciplina interiore, trasformò la portineria in un luogo di grazia.
Dio gli concesse doni straordinari: visioni, preveggenza, miracoli e una profonda vita mistica. Alfonso fu anche guida spirituale dei novizi gesuiti, tra cui san Pietro Claver, futuro apostolo degli schiavi, al quale predisse la missione. La sua spiritualità era centrata sull’amore verso la Vergine Maria — che invocava recitando ogni giorno il Rosario — e sulla devozione al proprio angelo custode, che più volte sentì vicino in modo tangibile.
Celebre un episodio in cui il demonio tentò di soffocarlo con un fetore pestilenziale: l’angelo lo salvò fisicamente e spiritualmente. Da quell’esperienza Alfonso trasse un insegnamento potente: così come un’aria avvelenata può togliere la vita al corpo, il peccato priva l’anima della grazia e la conduce alla morte eterna.
San Alfonso Rodríguez morì a Palma di Maiorca nel 1617. Canonizzato nel 1888, è patrono dei portieri e degli uscieri, simbolo luminoso di come anche il servizio più semplice, vissuto con amore e umiltà, possa diventare via di santità.
Per noi oggi:
La grandezza non è nel ruolo, ma nell’amore con cui lo svolgi – San Alfonso non era un leader, un docente o un missionario famoso, ma un portinaio. Eppure la sua santità dimostra che il vero valore non è in ciò che facciamo agli occhi del mondo, ma in come lo facciamo: la gloria spesso si nasconde nelle azioni più umili.
Il dolore può essere il trampolino verso la spiritualità – La perdita della famiglia avrebbe potuto spezzare Alfonso, e invece lo trasformò. La provocazione è chiara: forse ciò che evitiamo, ciò che temiamo o che consideriamo ingiusto, può diventare la porta verso la nostra più profonda crescita interiore.
Il potere è sopravvalutato, la fedeltà è sottovalutata – Nel mondo moderno siamo ossessionati da ambizione, status e controllo. Alfonso insegna che la vera forza sta nella fedeltà quotidiana, nel vivere con integrità anche nei ruoli “invisibili”. Forse ciò che cambia il mondo non sono i grandi gesti, ma la coerenza silenziosa dei nostri piccoli atti.
Gioisca il cuore di chi cerca il Signore. Cercate il Signore e la sua potenza, cercate sempre il suo volto.
Nell’isola di Palma di Maiorca, sant’Alfonso Rodríguez, che, perduti la moglie, i figli e tutti i suoi beni, fu accolto come religioso nella Compagnia di Gesù, dove svolse per molti anni la mansione di portinaio nel Collegio, divenendo un esempio di umiltà, obbedienza e costanza nel sacrificio.
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