DIVENTA SCARAFAGGIO E VEDRAI DIO
Chi non teme di farsi piccolo come uno scarafaggio, abbandonandosi nelle mani di Dio, può cogliere, grazie al potere dell’attenzione, la grandezza nascosta del mondo.
L’uomo, invece, spesso sminuisce ciò che ha intorno, disprezza sé stesso e si rifugia nell’orgoglio, nei ruoli, nel controllo sugli altri, per non soccombere alla disperazione. Eppure, nel profondo, aspira ad essere autentico, a vivere con umiltà, anche se la paura e la mancanza di fiducia lo fanno inciampare. Come scrive Georges Bernanos, l’orgoglioso che ha assaggiato l’umiltà corrotta sperimenta un vuoto che nulla può colmare.
La nostra epoca fatica a comprendere l’umiltà, una virtù che, per i pagani antichi, era sinonimo di debolezza. Nietzsche stesso la considerava la maschera del risentimento. Ma l’umiltà, in realtà, è una forza interiore: non significa sentirsi inutili, ma essere radicati in qualcosa di più grande. È la virtù che nasce dalla sicurezza di essere amati e custoditi da Dio. Chi è umile non ha bisogno di affermarsi con violenza, perché sa già di avere un posto nel mondo, senza doverlo strappare.
Molti vizi nascono da virtù impazzite. L’orgoglio può nascondersi dietro maschere di giustizia o purezza, come accadde con il Terrore della Rivoluzione francese. Anche le idee più elevate, se svuotate dell’umiltà, si trasformano in strumenti di dominio. Charles Péguy ammoniva contro l’orgoglio freddo delle dottrine che non sanno più farsi carne.
Eppure, quando l’uomo riscopre l’amore, l’umiltà rinasce in lui naturalmente. Il cuore che ama davvero non ha bisogno di farsi notare: serve in silenzio, con gioia. Chesterton osservava che l’umiltà è un dono cristiano, una lente attraverso cui vedere la realtà in tutta la sua profondità. Anche chi non conosce il Vangelo può viverla, ma spesso solo come eccezione in un mondo che la disprezza.
L’umiltà ci libera da noi stessi e ci apre al mistero dell’altro. Disprezzare lo scarabeo o il mendicante significa chiudersi al mondo che essi rappresentano. Chi vuole conoscere davvero — come l’entomologo che studia gli insetti — deve chinarsi, abbassarsi, rinunciare al proprio "gigantismo". Così ha fatto Cristo: si è fatto servo, si è abbassato fino alla nostra condizione per innalzarci con la sua umiltà.
Chi è umile vede cose che agli altri sfuggono. I bambini, nella loro semplicità, lo sanno fare: trasformano una stanza in un castello, un insetto in un drago. Vedono con l’attenzione, non con la presunzione. E così, l’umiltà diventa una forma di conoscenza e di preghiera. Simone Weil scriveva che “l’attenzione assolutamente pura è preghiera” e che essa dissolve il male dentro di noi.
L’orgoglio, invece, restringe il cuore. L’anima vanitosa si ritira nella povertà del proprio ego, mentre l’anima umile si arricchisce di ogni cosa. Chi vuole lasciare un segno nel mondo distruggendo gli altri, perde occasioni preziose. Intanto, lo scarabeo porta avanti con pazienza il suo compito, senza volere altro, né più, di ciò per cui è stato creato.
Cristo risorto continua a lavarci i piedi, aspettando che impariamo da Lui la via della terra. L’umiltà è la via della verità, della gioia e della bellezza, a patto che sappiamo tornare piccoli, per riconoscere nell’ordinario lo straordinario che Dio ha nascosto per chi sa davvero vedere.
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