martedì 22 luglio 2025

ARIANNA CIAMPOLI

ARIANNA CIAMPOLI

Avete presente quel tipo di persona che sembra avere tutto sotto controllo, che quando apre bocca ti cattura e ti trascina in un vortice di parole e riflessioni? Ecco, quella è Arianna Ciampoli. Volto noto di tv e radio, elegante, spontanea, capace di incantare il pubblico con la sua naturalezza. Ma dietro quell’immagine rassicurante si nasconde una donna in cerca, una donna che ha imparato a confrontarsi con la fede non come un rifugio scontato, ma come un mistero da esplorare, un filo sottile, a volte fragile, che attraversa la sua vita con insistenza, senza mai lasciarla davvero libera.

 La fede per Arianna non è una tappa scontata né un punto d’arrivo. È arrivata da adolescente, quasi per caso, nel momento in cui ha accettato di entrare nel Movimento Eucaristico Giovanile, guidata da sacerdoti che non parlavano certo il linguaggio della retorica o della paura. Don Franco Beneduce, gesuita oggi vescovo, è stato uno di quegli incontri decisivi, una figura che ha seminato nella sua mente un modo nuovo di pensare e di vivere. Qui niente imposizioni, niente dogmi asfissianti, ma un invito alla responsabilità e alla libertà, alla capacità di ascoltare se stessi e gli altri con attenzione. Eppure, vi pare così semplice? Entrare in un percorso che richiede impegno e apertura, soprattutto quando si è adolescenti? Ma Arianna non ha mai avuto paura di sporcarsi le mani, di prendere sul serio quella sfida, anzi. Ha scelto di essere protagonista, di guidare altri ragazzi più piccoli e di mettere alla prova la sua capacità di responsabilità prima ancora di sentirsi pronta.

 E se pensate che la sua esperienza si sia limitata a qualche ritrovo o a qualche canto di gruppo, vi sbagliate di grosso. Perché ci sono stati momenti in cui la fede ha chiesto un passo più audace: il silenzio. Non quel silenzio vuoto e spaventoso, ma un silenzio denso, un silenzio che non si riempie con chiacchiere inutili ma che diventa ascolto vero, quello che scuote e riorienta l’anima. Gli esercizi spirituali di Sant’Ignazio, con la loro settimana di isolamento e riflessione, hanno segnato una tappa fondamentale. Chi ha paura del silenzio dovrebbe ascoltare Arianna: la sua testimonianza dimostra che si può imparare a non temerlo, a scoprirne la potenza liberatoria.

 Poi c’è Pescara, la città natale, e la parrocchia di Santa Caterina, cuore pulsante di un’esperienza di comunità autentica. Qui, con don Bruno Cassini, si è intrecciata una storia di accoglienza e calore, fatta di luoghi che erano più di semplici chiese: erano case, spazi aperti a tutti, senza distinzioni sociali o politiche, dove la parola responsabilità non era un mantra vuoto ma una pratica quotidiana. È lì che Arianna ha deciso di far battezzare sua figlia Angelica, un gesto che racchiude tutta la profondità di un legame che non si spezza nemmeno di fronte al dolore più crudele.

 Perché è proprio il dolore la vera prova di fede. Arianna non la racconta come un episodio da superare, ma come una ferita che rimane aperta e che continua a interrogare. La perdita del fratello è un abisso incolmabile, un “burrone” al cui ciglio ha imparato a stare, senza cadere, anche se la ferita non si chiuderà mai del tutto. E in questo confronto straziante con il vuoto, la fede diventa ancora più misteriosa e potente. Non è consolazione facile o parola di circostanza, ma presenza reale, una compagnia affettuosa, un’energia che ha sostenuto lei e la sua famiglia. E poi ci sono gli amici, le persone che hanno riempito la casa di Arianna e le hanno permesso di non sprofondare, che le hanno fatto ritrovare la forza di tornare in onda, di truccarsi e persino di scherzare, perché anche il dolore ha bisogno di momenti di leggerezza per non consumarci completamente.

 E allora eccola la vita, con le sue contraddizioni e i suoi paradossi: la nascita di Angelica, la figlia adorata, proprio in quei giorni complicatissimi segnati dal funerale di Giovanni Paolo II a Roma, in un caos di Stato che ben pochi avrebbero voluto vivere. Ma la maternità è per Arianna la sfida più grande e più bella, un’occasione per sperimentare la gioia di vedere un’altra persona diventare se stessa, giorno dopo giorno, e un modo per mettersi in gioco senza sconti, come ogni mamma “italiana” sa fare, tra preoccupazioni, ritardi cronici e la costante lotta per il cibo.

 Ma cosa lega davvero tutto questo? Qual è il filo che Arianna sente come un richiamo costante? È quel mistero invisibile che attraversa la sua vita professionale e personale, un filo che parte da lontano, dal 1995 a Loreto con Giovanni Paolo II, e arriva fino a oggi, passando per incontri intensi con Papa Francesco, concerti di Natale, programmi su Tv2000 e mille momenti in cui la fede si fa racconto dell’invisibile. Quel filo che non la lascia scappare, che la riacchiappa sempre, come le ha detto un amico con ironia, ma anche con verità: puoi correre quanto vuoi, ma quel richiamo rimane, ed è più forte di te.

 Arianna Ciampoli non ha risposte semplici né formule consolatorie. La sua fede è una ricerca viva, a tratti scomoda, a tratti luminosa, che non rinuncia al dubbio né al dolore, ma che non smette di affascinare e di sfidare chi l’ascolta. E forse è proprio questo filo misterioso che ci spinge a seguirla, perché non è mai la fede comoda, quella che ci raccontano da lontano, ma la fede vera, quella che si vive in prima persona, tra le onde impetuose della vita.

 

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