martedì 30 luglio 2024

30.07.2024 - Ger 14,7b-22 - Mt 13,36-43 - Come si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.

Dal libro del profeta Geremìa - Ger 14,7b-22

Il Signore ha detto:
«I miei occhi grondano lacrime
notte e giorno, senza cessare,
perché da grande calamità
è stata colpita la vergine,
figlia del mio popolo,
da una ferita mortale.
Se esco in aperta campagna,
ecco le vittime della spada;
se entro nella città,
ecco chi muore di fame.
Anche il profeta e il sacerdote
si aggirano per la regione senza comprendere».
Hai forse rigettato completamente Giuda,
oppure ti sei disgustato di Sion?
Perché ci hai colpiti, senza più rimedio per noi?
Aspettavamo la pace, ma non c’è alcun bene,
il tempo della guarigione, ed ecco il terrore!
Riconosciamo, Signore, la nostra infedeltà,
la colpa dei nostri padri:
abbiamo peccato contro di te.
Ma per il tuo nome non respingerci,
non disonorare il trono della tua gloria.
Ricòrdati! Non rompere la tua alleanza con noi.
Fra gli idoli vani delle nazioni c’è qualcuno che può far piovere?
Forse che i cieli da sé mandano rovesci?
Non sei piuttosto tu, Signore, nostro Dio?
In te noi speriamo,
perché tu hai fatto tutto questo.
1. LA SITUAZIONE DEL POPOLO DI DIO È TRAGICA: si sono allontanati da Dio e hanno gettato un intero popolo nella disgrazia e nel disorientamento. Il Signore per mezzo del profeta Geremia, annunzia la grande calamità che sta per abbattersi su Guida e su Gerusalemme. DIO PIANGE NOTTE E GIORNO PER IL SUO POPOLO, PIANGE PERCHÉ LA MORTE È IMMINENTE.  
2. ECCO COSA VEDE IL SIGNORE: VITTIME DELLA SPADA E VITTIME DELLA FAME. Anche il popolo vede la sciagura nella quale è precipitato e si rivolge al Signore per chiedere soccorso. Hai forse rigettato completamente Giuda? Perché ci hai colpiti? GIUDA RICONOSCE IL SUO PECCATO DI INFEDELTÀ, MA NON HA NESSUNA PAROLA NÉ DI PENTIMENTO NÉ DI CONVERSIONE.
3. Eppure, Dio ha ancora pietà del Suo popolo. Sue lacrime ne sono il segno evidente e commovente. NON È DIO CHE RESPINGE GIUDA. È IL POPOLO CHE NON SI LASCIA AIUTARE. LA SALVEZZA VIENE SOLO DALLA PAROLA DI DIO CHE DIVIENE PAROLA DELL’UOMO.

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+ Dal vangelo secondo Matteo - Mt 13,36-43
In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».
Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti». 

 

Dio si fida di noi, del bene che possiamo fare e portare agli altri. La zizzania a Lui non interessa, non la guarda. Il Signore sa che più inondiamo la nostra vita di bene, meno terreno la zizzania avrà disposizione per crescere. Noi non siamo stati creati per essere erbaccia e la nostra vita non è stata seminata di zizzania, ma di seme buono.
E’ proprio buffo: spesso sprechiamo tutto il nostro tempo a cercare di togliere i fili di zizzania nella nostra vita e non ci accorgiamo che così facendo le spighe rischiano di restare vuote, senza frutto al loro interno.
Vinci il male presente nella tua vita facendo del bene! 
Sappi che saranno i giusti a splendere come il sole! Nessuno dovrà pentirsi di aver scelto di compiere dei sacrifici e ogni sforzo in più nella testimonianza o nell’aiutare il prossimo sarà un tassello verso la beatitudine. Questo non va mai dimenticato. La pena nel caso contrario è senza appello ed è la dannazione eterna.

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La parabola della zizzania non è un testo incomprensibile ma molto esigente. Chiede pazienza e fede in Dio, giusto giudice. Ci pone la domanda più tremenda: Unde malo? Da dove (e perché) il male?

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