martedì 2 luglio 2024

IL BUSINESS DELLA GUERRA…

IL BUSINESS DELLA GUERRA…

La corsa agli armamenti è un fenomeno inarrestabile che distoglie risorse essenziali dai settori della sanità, della lotta alla fame e della tutela dell'ambiente, alimentando i conflitti globali. Il settore degli armamenti è attualmente l'economia più redditizia al mondo, con una crescita superiore a quella delle bigtech, dell'energia e dell'alta finanza. Secondo il SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), le spese militari globali hanno raggiunto i 2.240 miliardi di dollari nel 2022, di cui 380 miliardi spesi dai Paesi dell'Unione Europea.

Queste enormi spese contrastano con i finanziamenti necessari per risolvere crisi come la fame nel mondo e i cambiamenti climatici. L'industria bellica è spinta dalla domanda creata dai conflitti, che svuotano gli arsenali e richiedono una continua produzione di armamenti. Negli ultimi venti anni, i costi bellici nei Paesi NATO sono aumentati del 50%, spinti dall'insicurezza post 11 settembre, dal terrorismo islamico, dall'emergere di autocrazie e nazionalismi, e dalle crisi economiche.

L'Italia è un attore significativo in questo scenario, con un incremento del 26% nelle spese per gli armamenti negli ultimi dieci anni. È il terzo fornitore di armi a Israele, contribuendo alla dotazione di elicotteri e artiglieria navale, e ha anche esportato armi nello Yemen, in violazione della Costituzione italiana che vieta la risoluzione delle controversie internazionali attraverso i conflitti. Nonostante l'apparente beneficio economico per pochi mercanti d'armi, l'industria della guerra è considerata un cattivo affare per il paese nel suo complesso. Se i fondi destinati agli armamenti fossero investiti in sanità, istruzione e ambiente, l'incremento della produzione sarebbe più del doppio.

Le previsioni di bilancio del ministero della Difesa per il 2024 indicano una spesa di 29 miliardi di euro, con una crescita di quasi un miliardo e mezzo rispetto al 2023. Lo Stato italiano controlla i due principali colossi della produzione militare: Fincantieri e Leonardo, quest'ultimo con utili di 15,3 miliardi di euro nel 2023. Questa situazione evidenzia l'interesse dei governi a sostenere e incentivare le esportazioni militari. Tuttavia, la Rete italiana per la pace e il disarmo avverte che le scelte politiche sui bilanci della difesa determineranno la traiettoria delle crisi globali, aumentando il rischio di una guerra globale.

Papa Francesco ci ricorda che: “L’economia che uccide, che esclude, che inquina, che produce guerra, non è economia: altri la chiamano economia, ma è solo un vuoto, un’assenza, è una malattia, una perversione dell’economia stessa e della sua vocazione”. “Le armi prodotte e vendute per le guerre, i profitti fatti sulla pelle dei più vulnerabili e indifesi, come chi lascia la propria terra in cerca di un migliore avvenire, lo sfruttamento delle risorse e dei popoli che rubano terre e salute: tutto questo non è economia. È solo prepotenza, violenza, è solo un assetto predatorio da cui liberare l’umanità”.

In conclusione, la logica della guerra oggi prevale, ignorando l'avvertimento di Erasmo da Rotterdam che è sempre meglio una pace ingiusta che una guerra giusta.

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