giovedì 28 agosto 2025

TUTTI A TAVOLA. MA DA SOLI.

TUTTI A TAVOLA. MA DA SOLI.

«A casa mia è normale: ognuno mangia in camera sua».
«Se i miei sono impegnati, io ceno da solo. Non ho voglia di aspettare le nove».
«I miei guardano la TV, io sto in cucina col telefono».
«Con il compagno di mia madre non ci voglio stare».
«Ceniamo insieme, ma ognuno sul suo schermo».
«Con i nonni è diverso: loro ascoltano».

Frasi vere, dirette, raccolte da adolescenti e bambini italiani. Parole che stonano, soprattutto se ascoltate durante il Giubileo delle Famiglie, dei Bambini, degli Adolescenti e dei Nonni. Una festa piena di sorrisi, ma che, alla prova della realtà, sembra coprire una crepa sempre più profonda: in casa, si parla sempre meno. E spesso, si mangia da soli.

 I catechisti ce lo confermano: non stiamo parlando di universitari o giovani adulti. Ma di ragazzi e ragazze che frequentano ancora le medie, le superiori, a volte addirittura le elementari. Ragazzi che raramente si siedono a tavola con i genitori. E se lo fanno, spesso nessuno si guarda negli occhi.

 

Il pasto che non nutre

 La tavola era il luogo in cui ci si insegnava a vivere. Il «non mettere i gomiti sul tavolo» si alternavano a domande semplici ma essenziali: Come è andata a scuola? Hai fatto pace con il tuo compagno? Cosa state studiando in storia?. Era il tempo del racconto, dell’ascolto.

Oggi quel tempo si è rarefatto, disperso tra turni di lavoro, attività pomeridiane e stanchezze reciproche. E il pasto, che dovrebbe unire, diventa spesso il momento dell’assenza.

Eppure, mai come oggi, bambini e adolescenti hanno bisogno di parlare. Lo conferma l’Unicef: in Europa oltre 11 milioni di under 19 soffrono di disagio mentale medio-grave. A livello globale, il 39% dei giovani tra i 18 e i 24 anni manifesta sintomi seri di ansia o depressione. In classe, sul campo sportivo, in parrocchia, gli adulti che li accompagnano li vedono: cercano ascolto, ma non sanno più dove trovarlo.

 

Un fenomeno globale, ma anche familiare

 In Italia, dati precisi su questo fenomeno mancano, ma già i primi segnali sono preoccupanti. Secondo una ricerca Nomisma-UniSalute, l’83% dei bambini della primaria cena ancora con i genitori. Ma cosa accade appena diventano un po’ più autonomi? I racconti suggeriscono una verità scomoda: si comincia presto a mangiare da soli.

All’estero i numeri sono già chiari.
Nel Regno Unito, solo una famiglia su tre cena ogni giorno insieme. Il 66% dei ragazzi tra 8 e 16 anni preferisce farlo davanti a uno schermo.
Negli Stati Uniti, nel 2025, il 25% della popolazione mangia tutti i pasti da sola (+53% rispetto al 2023), con un’impennata tra i giovani.
In Corea del Sud c’è una parola per questo: honbap – mangiare da soli. In Giappone, koshoku indica i bambini che pranzano senza adulti. Una risposta? Le Kodomo Shokudo, mense per bambini: nel 2024 ne sono nate oltre 10.000.

 

Dietro i numeri: solitudini quotidiane

 Mangiare da soli non è solo una questione logistica. È segno di un cambiamento culturale che porta con sé rischi seri: solitudine, isolamento, disturbi alimentari. E riflette un modello sociale che tende all’individualismo, all’autonomia precoce, alla distanza affettiva.

 Anche i genitori ne sono consapevoli. Chiara, 30 anni, romana, lo dice con franchezza: «È difficile far coincidere gli orari. A volte non ci riusciamo, per fortuna ci sono i nonni». Tanya, inglese, racconta: «Mio figlio preferisce la playstation alla cena. Se lo invitiamo a tavola si chiude ancora di più». Un altro papà cerca di salvare il salvabile: «Ceniamo poco insieme, ma recuperiamo con la domenica, le vacanze, il cinema».

 

La tavola come luogo di fede

 Il Papa, prima Francesco, oggi Leone XIV, continua a ricordarlo: la famiglia è il luogo dove si trasmette la fede, dove si condividono la vita, il pane e le emozioni. «In famiglia – ha detto nell’omelia del 1° giugno 2025 – la fede si trasmette insieme alla vita, come il cibo della tavola».

E ancora Francesco, parlando ai nonni nel 2024: «Quando una società perde la memoria, è finita».

 Forse è da qui che possiamo ripartire. Dalla tavola come spazio sacro, non solo per il cibo, ma per la parola. Un luogo dove riscoprirsi famiglia. Dove ascoltare, raccontare, rallentare. Perché, come dicevano i nonni, “a tavola non si litiga”, ma si può imparare a voler bene.

 

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