SAN SERAPIO DI LONDRA (1179-1240)
Serapio nacque a Londra nel 1179 da nobile famiglia scozzese al servizio del re Enrico II. Fin da ragazzo seguì il padre nelle Crociate: partecipò con Riccardo Cuor di Leone alla conquista di San Giovanni d’Acri e all’assedio di Ascalona. Durante il ritorno dalla Terza Crociata, naufragò sulle coste venete e fu fatto prigioniero dal duca Leopoldo d’Austria. Rimasto orfano, fu accolto alla corte austriaca, dove si distinse per bontà e spirito religioso.
Seguì Leopoldo in Spagna nella guerra contro i Mori e, dopo varie vicende militari, entrò al servizio del re Alfonso di Castiglia. Morto il sovrano, Serapio partecipò ancora alla Quinta Crociata in Palestina ed Egitto (1217-1221). Tornato in Europa, conobbe in Spagna san Pietro Nolasco, fondatore dell’Ordine di Maria Santissima della Mercede, dedicato alla liberazione dei cristiani schiavi dei musulmani. Colpito dal loro carisma, vi entrò nel 1222, consacrando la propria vita alla carità più eroica: raccogliere elemosine e riscattare prigionieri, anche a costo della propria libertà.
Insieme a san Raimondo Nonnato partecipò a più missioni di redenzione: nel 1229 ad Algeri liberò 150 schiavi e poi altri 228 nel 1232. Fondò case mercedarie nelle Baleari e percorse la Spagna e la Francia per diffondere l’Ordine. Inviato nel 1239 in Inghilterra per fondarvi un convento, fu catturato dai pirati e lasciato mezzo morto su una spiaggia; salvato da pescatori, raggiunse Londra, ma fu respinto dai parenti per la sua difesa della Chiesa.
Nel 1240 tornò in Spagna e da lì partì per Algeri, dove riscattò quasi duecento schiavi, rimanendo egli stesso in ostaggio per liberarne altri. Le sue predicazioni e le conversioni di musulmani provocarono l’odio dei Mori, che lo martirizzarono il 14 novembre 1240: legato a una croce di sant’Andrea, fu torturato e decapitato.
San Serapio, cavaliere divenuto frate mercedario, testimoniò fino al sangue la libertà in Cristo e l’amore per i prigionieri. Papa Urbano VIII ne confermò il culto nel 1625. È ricordato il 14 novembre e invocato come patrono contro l’artrosi — ma soprattutto come esempio di coraggio evangelico e dedizione totale ai fratelli.
Per noi oggi:
Il vero coraggio non si misura nelle armi, ma nel sacrificio per gli altri. Serapio abbandonò gloria e onori per rischiare la vita per i prigionieri: noi sappiamo rinunciare al comodo per fare il bene?
La fede richiede coerenza radicale. Pur in pericolo, Serapio non comprometteva i suoi principi né le sue opere di carità: quanto siamo disposti a difendere la verità cristiana nelle scelte quotidiane?
La misericordia può sfidare ogni violenza. Liberare gli schiavi significava rischiare persecuzioni e martirio: oggi, ci fermiamo davanti alle ingiustizie o siamo pronti a esporsi per chi soffre?
A Cáccamo in Sicilia, beato Giovanni Liccio, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, che, insigne per la sua instancabile carità verso il prossimo, per l’impegno nella propagazione della preghiera del Rosario e per l’osservanza della disciplina, riposò a centoundici anni nel Signore.
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