Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani - Rm 14,7-12
Fratelli, nessuno di noi vive per sé stesso e nessuno muore per sé stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore. Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi.Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? E tu, perché disprezzi il tuo fratello? Tutti infatti ci presenteremo al tribunale di Dio, perché sta scritto:«Io vivo, dice il Signore:ogni ginocchio si piegherà davanti a mee ogni lingua renderà gloria a Dio».Quindi ciascuno di noi renderà conto di sé stesso a Dio.
1. NESSUNO VIVE PER SÉ STESSO NESSUNO MUORE PER SÉ STESSO. Il Signore È IL TERMINE a cui tende tutta la nostra vita e la nostra morte. Noi non ci apparteniamo, NON SIAMO PADRONI DI NOI STESSI, non siamo il fine della nostra esistenza. GESÙ È IL SIGNORE!2. RICORDATI CHE TU NON SEI DIO, non sei chiamato a giudicare, a criticare e a disprezzare nessuno. Ricordati che tutti ci presenteremo davanti al Tribunale di Dio e ognuno DOVRÀ RENDERE CONTO DI SÉ STESSO e non degli altri.3. Allora DIVENTA IMPORTANTE che io sia accogliente verso tutti, che io sia comprensivo verso tutti, anche se l'altro non lo merita. LA GRAZIA CHE IL SIGNORE CI HA DATO CI SERVE PROPRIO PER FORMARE LA NOSTRA PERSONA IN RELAZIONE CON LA COMUNITÀ. Accogliamola!
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+ Dal vangelo secondo Luca - Lc 15, 1-10
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Gesù accoglie i peccatori e insegna il valore del perdono attraverso le parabole della pecora smarrita e della moneta perduta. Entrambe le storie illustrano la gioia di ritrovare ciò che era perduto, enfatizzando l'amore e la misericordia di Dio verso i peccatori. Questo insegnamento contrasta con l'atteggiamento giudicante dei farisei e degli scribi, mostrando che ogni persona, indipendentemente dai suoi errori, è preziosa agli occhi di Dio. La parabola invita tutti a non escludere nessuno, sottolineando l'importanza della conversione e il valore del pentimento, che portano gioia nel cielo. Nella nostra vita perché siamo così pronti a giudicare gli altri, quando Gesù stesso accoglieva i peccatori e gioiva per la loro conversione?
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