giovedì 10 aprile 2025

L'INDUSTRIALIZZAZIONE DELLA CURA E IL RUOLO DEL MEDICO: RIFLESSIONI DI GIANCARLO CESANA

L'INDUSTRIALIZZAZIONE DELLA CURA E IL RUOLO DEL MEDICO: RIFLESSIONI DI GIANCARLO CESANA

Giancarlo Cesana, in occasione del VII Premio Enzo Piccinini, ha tenuto una lectio magistralis incentrata sulla crisi della sanità moderna e sul ruolo fondamentale del medico nel preservare il rapporto umano con il paziente. Cesana ha iniziato il suo intervento ricordando Enzo Piccinini, figura di riferimento per molti, sottolineando come la sua presenza continui a essere viva attraverso la memoria e l'esempio. La fede nella resurrezione rappresenta per lui la chiave per comprendere la vita e affrontare le difficoltà del presente.

 Attraverso un riferimento al romanzo Resurrezione di Lev Tolstoj, Cesana ha evidenziato il pericolo della burocratizzazione della sanità, che porta gli operatori sanitari a perdere la "sensibilità umana" nei confronti dei pazienti. Il medico, più di ogni altra figura, ha il potere di influenzare profondamente la vita delle persone, determinando diagnosi, cure e, talvolta, limitazioni alla libertà individuale. Tuttavia, la progressiva industrializzazione della medicina, caratterizzata dall’uso di protocolli standardizzati e dall’efficienza amministrativa, rischia di trasformare il paziente in un semplice numero, privandolo di un rapporto autentico con chi lo cura.

 La crescente complessità dell’ospedale, sia dal punto di vista tecnologico che organizzativo, ha portato a una specializzazione estrema e alla parcellizzazione delle cure. Questo fenomeno ha permesso notevoli progressi in termini di efficacia terapeutica, ma ha anche creato un distacco tra medico e paziente. La standardizzazione delle cure, se da un lato garantisce sicurezza e coerenza, dall’altro può portare a una deresponsabilizzazione del medico, il quale si limita ad applicare protocolli senza considerare le peculiarità di ciascun paziente. Cesana sottolinea come, in Italia, si stimino tra i 14.000 e i 50.000 decessi annui a causa di inefficienze organizzative più che di errori professionali.

 Il buon medico, secondo Cesana, deve essere guidato da quattro virtù fondamentali: compassione, fiducia, discernimento e integrità morale. A queste si aggiunge una capacità comunicativa che permetta di stabilire una relazione autentica con il paziente. Tuttavia, due atteggiamenti rischiano di compromettere questo rapporto: la "mentalità attuariale", che riduce il paziente a un caso clinico quantificabile, e il "soggettivismo etico", che porta il medico a una visione relativista della sua responsabilità morale. La bioetica, pur offrendo strumenti utili, non è sufficiente se manca una chiara consapevolezza del senso della vita e della sofferenza.

 Nel corso degli ultimi decenni, il rapporto medico-paziente ha subito profondi cambiamenti. Se in passato il paziente si affidava completamente al medico, oggi la democratizzazione della conoscenza medica ha reso il paziente più autonomo e consapevole. Ciò ha portato alla diffusione dell’idea secondo cui "il medico propone e il malato dispone". Tuttavia, il bisogno di una relazione umana autentica rimane imprescindibile. Il medico non deve limitarsi a essere un tecnico della salute, ma deve riscoprire la dimensione della solidarietà e dell’amicizia con il paziente, poiché la malattia non riguarda solo il corpo, ma anche la dignità e l’umanità della persona.

 L’assistenza sanitaria, nata storicamente come espressione di carità verso i malati, oggi rischia di trasformarsi in un’"industria del dolore", dominata dalla logica produttiva piuttosto che dall’attenzione alla persona. In questo contesto, il ruolo degli infermieri rimane cruciale, poiché la loro vicinanza costante ai pazienti li rende punti di riferimento emotivi e relazionali. Gli studi dimostrano che i pazienti valutano gli infermieri più per le loro qualità umane che per le loro competenze tecniche, cercando in loro un interlocutore che li aiuti a gestire la sofferenza e la paura della morte.

 Cesana conclude la sua riflessione sottolineando come, nonostante l’inevitabile industrializzazione della sanità, il medico sarà sempre chiamato a "rompere gli standard" per preservare il rapporto umano con il paziente. La medicina non può essere ridotta a un processo industriale, perché il paziente continuerà a chiedere al medico non solo cure, ma anche comprensione e vicinanza. La vera capacità critica non consiste solo nel denunciare ciò che non funziona, ma nel riconoscere e valorizzare ciò che funziona, anche in un sistema sanitario in crisi. Per affrontare questa sfida, il medico deve accettare il dono di sé, mettendo il cuore in tutto ciò che fa, come Enzo Piccinini insegnava con la sua vita.

 

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