martedì 2 dicembre 2025

DIANE FOLEY: FEDE E PERDONO DOPO L’ORRORE.

DIANE FOLEY: FEDE E PERDONO DOPO L’ORRORE

Durante il Giubileo della Consolazione, lunedì 15 settembre, Diane Foley ha offerto una testimonianza che ha toccato profondamente migliaia di fedeli radunati nella Basilica di San Pietro. Il tema centrale: la fede che trasforma il dolore in perdono. Diane ha raccontato il dramma del figlio James Wright Foley, reporter di guerra rapito e brutalmente decapitato dall’ISIS nel 2014, e il percorso straordinario che ne è seguito.

 “Nel 2012, il nostro figlio maggiore è stato rapito mentre lavorava come giornalista freelance in Siria”, ha esordito Diane, minuta, vestita di nero e con una croce dorata al collo. Per dieci mesi, il destino di James rimase incerto: “Non sentimmo più la sua voce fino a poco prima del suo orribile omicidio. Con il passare dei mesi, il mio calvario personale si intensificò”. In quelle settimane di angoscia, Diane lasciò il suo lavoro di infermiera per dedicarsi alla preghiera e alla supplica per la liberazione del figlio.

 L’orrore si compì nell’agosto 2014, quando James fu pubblicamente decapitato per il crimine di essere giornalista e cristiano. Diane racconta di aver sperimentato un mix devastante di incredulità, rabbia e amarezza: “Gridavo a Dio: ‘Signore, non è questo che intendevo quando ti ho affidato Jim! Come è potuto succedere?’”. Tuttavia, in mezzo a questo dolore estremo, la fede della madre rimase viva. “Chiesi al Signore la grazia di non amareggiarmi, di essere capace di perdono e misericordia”, ha ricordato, sottolineando come Gesù, Maria e gli angeli terreni l’abbiano sostenuta nei momenti più bui.

 Particolarmente significativa è stata l’ispirazione che Diane ha tratto dalla Vergine Maria. “Maria ha accompagnato suo figlio nella sua agonia e nella sua crocifissione. Anche quando non capiva perché dovesse andare così, ha avuto fiducia ed è rimasta fedele. Mi ha insegnato a fare lo stesso, a camminare nella fede, qualunque cosa accada”. In quella presenza costante, Diane ha trovato la forza di affrontare il dolore e trasformarlo in testimonianza.

 Anni dopo, uno degli assassini di James, Alexander Kotey, fu arrestato e processato negli Stati Uniti. In un gesto sorprendente, Kotey si offrì di incontrare le famiglie delle vittime. Diane accettò, spinta dalla volontà di spiegare chi fosse suo figlio e di comprendere le ragioni che avevano portato alla radicalizzazione del giovane jihadista. L’incontro durò tre giorni e, sorprendentemente, si rivelò un momento di grazia. Diane racconta: “Lo Spirito Santo ci ha permesso di ascoltarci, di piangere insieme e di condividere le nostre storie. Alexander ha espresso un grande rimorso. Dio mi ha dato la grazia di vederlo come un altro peccatore bisognoso di misericordia, come me”.

 La veglia, presieduta dal Papa Leone XIV, ha sottolineato la lezione universale di questa testimonianza: “La sofferenza non deve generare violenza; la violenza non è l’ultima parola, perché deve essere superata dall’amore che sa perdonare”. Diane Foley ha trasformato il dolore in azione concreta: ha fondato la James W. Foley Legacy Foundation, che lavora per liberare ostaggi e proteggere giornalisti in tutto il mondo.

 La storia di Diane Foley non è solo il racconto di un dolore personale, ma un esempio potente di come la fede possa generare resilienza, speranza e perdono anche nelle circostanze più estreme. Ci ricorda che il cammino del cristiano non è esente da sofferenza, ma che proprio nel dolore può emergere la capacità di guardare oltre l’ingiustizia e la violenza, scegliendo l’amore e la misericordia.

 Il messaggio della madre di James è semplice ma radicale: il perdono non è un atto superficiale o una concessione alle circostanze, ma una decisione consapevole, alimentata dalla fede, che può cambiare non solo chi lo riceve, ma anche chi lo dona. La sua esperienza davanti a Papa Leone XIV ha confermato a tutti i presenti che, anche davanti al male più crudele, esiste una via di redenzione e di speranza.

 In un mondo segnato da conflitti e violenze, il coraggio di Diane Foley invita a riflettere sul potere trasformativo della misericordia, capace di spezzare la catena dell’odio e di costruire ponti di dialogo e comprensione. La storia di James e di sua madre diventa così un richiamo alla responsabilità di ciascuno: di fronte all’orrore, non arrendersi mai, affidarsi alla fede, e scegliere di perdonare.

 

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