giovedì 19 giugno 2025

MISTICA IN CORSIA: QUANDO LA MUSICA DIVENTA PREGHIERA

MISTICA IN CORSIA: QUANDO LA MUSICA DIVENTA PREGHIERA

Il Mieloma in Do Maggiore

 Giovanni Allevi è tornato. E non nel modo prevedibile, non con un melodico “tutto bene” o con un tour motivazionale da malato VIP. No. È tornato trasformando il cancro in un concerto, e facendo della malattia una sinfonia. Letteralmente.

Il 20 giugno alle Terme di Caracalla, dirigerà “MM22”, un’opera per violoncello e orchestra nata mentre lui, ridotto a flebo e tremori, si domandava se avrebbe mai più camminato, suonato o semplicemente... respirato. Eppure, a sentire lui, “respirare” oggi è il suo più grande lusso. Più del pianoforte, più del successo. Più del dolore. Respirare è la vera standing ovation.

«Ho tradotto in musica la parola mieloma», dice con la calma di chi ha ballato col buio. E viene da pensare: è follia? Presunzione? O forse è solo la cosa più sensata da fare quando la vita ti morde la schiena e la diagnosi ti disintegra l’ego?

Non è uno scherzo: la parola mieloma ha ispirato una melodia. DO – LA – MI – SI – RE – DO – DO. Bach-style. Perché se la morte bussa, Allevi la affronta con le stesse armi che l’hanno sempre definito: armonia, struttura, disobbedienza.

 

L’Eresia del Dolore: Musica come Offesa o Offerta?

 Dio nel dolore? È un tema che scotta. Ma Allevi lo affronta senza vergogna, a costo di scandalizzare chi vorrebbe solo una musica leggera o una malattia tragica. “Nel dolore ho visto la magnificenza di Dio”, dice, e ci mette pure Platone e Kant, come se la chemio fosse diventata metafisica in vena.

Eppure, c’è una brutalità sconcertante nel modo in cui racconta il reparto d’ematologia: come una terra santa. Un paziente gli dice: “Qui siamo tutti uguali”. Tradotto: il cancro livella i divi. E forse è lì che Giovanni ha davvero capito che l’arte senza maschere è l’unica che vale la pena di suonare.

In “I Nove Doni”, il suo libro, dice che la malattia gli ha regalato la libertà dal giudizio e la scoperta della poesia nella quotidianità. Ma è lecito chiedersi: quale prezzo costa questa “libertà”? Quanti devono passare dal calvario per accorgersi che il tramonto è bello? È il cancro il nuovo guru spirituale?

“Questo concerto non è per dimostrare nulla. Solo gioia.” Una frase che può suonare beffarda. O autentica. Dipende da quanto siamo pronti a guardare il dolore non come scandalo, ma come porta sull’infinito.

Allevi non si illude: la malattia è cronica. Non ne esce “vittorioso”. Ma prova a salire sul podio, a dirigere con mani che hanno tremato di paura, a scrivere con dita che temevano di non sentire più il pianoforte. È questo un atto di fede o un’eresia artistica?

 In fondo, Allevi ci ricorda che anche la croce più dura può diventare seme di bellezza. Nel dolore, se accolto, si dischiude una grazia che supera la logica umana. La musica, come la fede, nasce spesso dal silenzio e dalla frattura. E lì, dove tutto sembra finito, Dio si manifesta come pienezza.

 

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