RALLENTARE È RIVOLUZIONARIO…
La cifra della nostra epoca tecnologica è la velocità, ma il nostro cervello ha bisogno di tempi lenti. Non solo per pensare e per riflettere, ma per ricordare, rielaborare e cogliere le sfumature della vita. Eppure la velocità è onnipresente nella società moderna, basti pensare a come la tecnologia ha reso tutto immediato, dalla ricerca su Google alla comunicazione tramite messaggi istantanei. Tutto deve essere rapido, immediato, supersonico, senza interruzioni o blocchi, asap, ovvero as soon as possible, il prima possibile, come dicono gli americani.
Nell’universo digitale i dialoghi sono sempre più stringati, infarciti di abbreviazioni ed emoticons, le classiche faccine che esprimono i sentimenti (allegria, dolore, rabbia). E se accanto al messaggio che abbiamo inviato non compare subito la spunta blu (la dimostrazione che il destinatario lo ha letto), già iniziamo a preoccuparci. Insomma, siamo impazienti e capricciosi, e andiamo sempre più veloci. Tanto più corriamo tanto più si fa urgente la necessità di recuperare il senso e il gusto della lentezza. Perché non possiamo accelerare all’infinito.
La frenesia genera una perdita della capacità di concentrarsi e di riflettere, con un'erosione della cultura e dell'attenzione al dettaglio. E così ci dimentichiamo che, anche nella pagina di un libro, è bello «scoprire quella pienezza per cui tutto ciò che è “espresso”, ogni piccolo episodio, così come ogni singolo aggettivo, metafora, allusione, diventa indizio importante, essenziale, rivelatore: fosse pure un attimo, una fuggevole piega del volto, un sorriso, un lamento, un accenno».
Il cervello umano richiede tempo per elaborare informazioni complesse, e la necessità di rallentare per consentire al pensiero di svilupparsi appieno. La parola “lentezza” deriva dal termine latino lentus che ha un significato tutto particolare: esprime morbidezza, flessibilità, la capacità di un oggetto di essere elastico, pieghevole, quindi dà anche il senso della tenacia, della resistenza. La lentezza è sempre stata considerata una virtù: la fretta – sentenzia anche un proverbio – è cattiva consigliera.
La necessità di recuperare il senso della lentezza favorisce la creatività e il benessere fisico e mentale, ce lo ricorda il movimento “Slow Food” che identifica nella lentezza la chiave per il cambiamento. Essere slow non vuol dire essere fuori dal tempo, isolati ed eremitici, ma «significa controllare i ritmi della propria esistenza, decidere quanto si vuole essere veloci in ogni contesto»; noi abbiamo il diritto di scegliere i nostri tempi.
È stata istituita a maggio la “Giornata della lentezza” e il “Festival della Lentezza”, per riflettere sulle modalità di vivere più sostenibili e rispettose dei tempi umani.
“Abbiamo bisogno di appropriarci di semplici pratiche di educazione e di rispetto verso sé stessi e verso gli altri come ad esempio la sveglia cinque minuti prima del solito per farci la barba, truccarci o far colazione senza fretta e con un pizzico di allegria. Se poi siamo in coda nel traffico o alla cassa di un supermercato, evitiamo di arrabbiarci e usiamo questo tempo per programmare mentalmente la serata o per scambiare due chiacchiere con il vicino di carrello. Quando entriamo in un bar per un caffè, ricordiamoci di salutare il barista, gustare il caffè e risalutare barista e cassiera al momento dell’uscita. Scriviamo sms e messaggi senza simboli o abbreviazioni, magari iniziando con caro o cara... E, quando è possibile, evitiamo di fare due cose contemporaneamente come telefonare e scrivere al computer, altrimenti rischiamo di diventare scortesi, imprecisi e approssimativi”.
Nel futuro occorre entrare con curiosità, con passione, con idee, ma soprattutto senza fretta, con sapiente lentezza. Ad andare troppo veloci, qualcosa si smarrisce lungo la strada. E dopo non si ritrova più.
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