martedì 24 giugno 2025

24.06.2025 - Is 49,1-6 - At 13,22-26 - Lc 1,57-66.80 - Giovanni è il suo nome.

Dal libro del profeta Isaìa - Is 49,1-6

Ascoltatemi, o isole,
udite attentamente, nazioni lontane;
il Signore dal seno materno mi ha chiamato,
fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome.
Ha reso la mia bocca come spada affilata,
mi ha nascosto all’ombra della sua mano,
mi ha reso freccia appuntita,
mi ha riposto nella sua faretra.
Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele,
sul quale manifesterò la mia gloria».
Io ho risposto: «Invano ho faticato,
per nulla e invano ho consumato le mie forze.
Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore,
la mia ricompensa presso il mio Dio».
Ora ha parlato il Signore,
che mi ha plasmato suo servo dal seno materno
per ricondurre a lui Giacobbe
e a lui riunire Israele
– poiché ero stato onorato dal Signore
e Dio era stato la mia forza –
e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo
per restaurare le tribù di Giacobbe
e ricondurre i superstiti d’Israele.
Io ti renderò luce delle nazioni,
perché porti la mia salvezza
fino all’estremità della terra».
1. Il Servo del Signore è stato chiamato per nome, non alla nascita, ma già da quando era un piccolo "seme" nell'utero della madre. Anche noi SIAMO CUSTODITI E CHIAMATI PER NOME ben prima che aprissimo gli occhi alla vita, PRENDIAMO COSCIENZA DI QUALE VALORE E DIGNITÀ E GRANDEZZA È IL NOSTRO ESSERE UOMO O DONNA E CRISTIANI.

2. Chiamato per una MISSIONE: PORTARE LA SALVEZZA FINO ALL'ESTREMITÀ DELLA TERRA. È una meta luminosa che espone tutta l'umanità al sole più terapeutico che esiste: appunto quello della Salvezza.

3. È TROPPO POCO CHE TU SIA MIO SERVO (=uno che esegue perfettamente i compiti assegnati) ... IO TI RENDERÒ LUCE DELLE NAZIONI. In che modo? ACCOGLIENDO il Signore nella tua vita ACCETTANDO il suo compito e il suo modo di essere luce di salvezza per tutti i popoli. TU SARAI IL SUO RIFLESSO!

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Dagli Atti degli Apostoli - At 13,22-26

In quei giorni, [nella sinagoga di Antiochia di Pisìdia,] Paolo diceva:
«Dio suscitò per i nostri padri Davide come re, al quale rese questa testimonianza: “Ho trovato Davide, figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore; egli adempirà tutti i miei voleri”.
Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio inviò, come salvatore per Israele, Gesù. Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di conversione a tutto il popolo d’Israele.
Diceva Giovanni sul finire della sua missione: “Io non sono quello che voi pensate! Ma ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali”.
Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata la parola di questa salvezza».
1. Paolo trovandosi nella sinagoga di Antiochia di Pisidia, e rivolgendosi ad un uditorio per lo più giudeo, nell’annunciare il Vangelo, non dimentica la FUNZIONE INTRODUTTIVA NECESSARIA di Giovanni Battista, IL BATTESIMO DI CONVERSIONE PER PREPARARE ISRAELE ALLA VENUTA DEL CRISTO.

2. Anche Paolo mette dei LIMITI PRECISI ALLA FUNZIONE DI GIOVANNI. Sul finire della sua missione, letteralmente la sua corsa, dice che DOPO DI LUI SAREBBE VENUTO UNO PIÙ GRANDE DI LUI PER DIGNITÀ. Afferma di non essere Lui il Messia. 

3. Paolo dichiara che il suo messaggio è il messaggio di salvezza. In altre parole, ABBIAMO BISOGNO DELLA SALVEZZA. E quindi, ABBIAMO BISOGNO DI UN SALVATORE. Questo è il messaggio che Paolo annunciava, ed è il messaggio che noi dobbiamo annunciare. IL MESSAGGIO È PER TUTTI, GIUDEI E NON GIUDEI.

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+ Dal Vangelo secondo Luca - Lc 1,57-66.80

Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.
Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.

Tutto l’avvenimento della nascita di Giovanni Battista è circondato da un gioioso senso di stupore, di sorpresa e di gratitudine. Il popolo credente intuisce che è accaduto qualcosa di grande, anche se umile e nascosto, e si domanda: «Che sarà mai questo bambino?» . Il popolo fedele di Dio è capace di vivere la fede con gioia, con senso di stupore, di sorpresa e di gratitudine. 
E guardando questo domandiamoci: come è la mia fede? E’ una fede gioiosa, o è una fede sempre uguale, una fede “piatta”? Ho senso dello stupore, quando vedo le opere del Signore, o niente si muove nel mio cuore? Come è la mia fede? E’ aperta alle sorprese di Dio? Perché Dio è il Dio delle sorprese.
Il Signore ci aiuti a comprendere che in ogni persona umana c’è l’impronta di Dio, sorgente della vita. I genitori agiscano come collaboratori di Dio. Ogni figlio è un mistero che suscita gioia, stupore e gratitudine.

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Giovanni sceglie di andare a vivere nel deserto. E' lì che parla, proclama, battezza. Il disegno di Dio sembra piccolo, nascosto, seguire una via senza riflettori. E qual è la via che scegliamo per noi?

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24.06 - NATIVITÀ DI SAN GIOVANNI BATTISTA

Ain Karem, Giudea – † Macheronte? Transgiordania, I secolo

LA LUCE NELLE TENEBRE

LA LUCE NELLE TENEBRE

Nelle pieghe più oscure della società filippina, tra le lamiere arrugginite e le baracche instabili di Payatas, emerge una luce che non si spegne: quella della solidarietà, della compassione e della fede vissuta in modo radicale. Il racconto di padre Daniel Franklin Pilario e dell’opera della Solidarity with Orphans and Widows scuote le coscienze. In un mondo che spesso gira le spalle agli "scartati", lì dove la povertà sembra essere una condanna senza appello e la giustizia una parola vuota, ci sono uomini e donne che decidono di restare, di ascoltare, di curare, di accompagnare. Sono davvero gli "angeli delle periferie", non solo perché portano aiuto materiale, ma soprattutto perché restituiscono dignità, ascolto e speranza a chi la società ha dimenticato.

 La realtà di Payatas è simbolo di un mondo spezzato. Le vite di migliaia di persone ruotavano intorno a una discarica, che per molti era unica fonte di sussistenza. Quando quella fonte è stata chiusa, non è seguita una politica di reinserimento o di supporto strutturato: è calato il silenzio, e con esso la disoccupazione e la disperazione. Ma la povertà economica si è presto intrecciata con una tragedia ancora più drammatica: quella della “guerra alla droga” portata avanti dall’ex presidente Rodrigo Duterte. Una campagna segnata da migliaia di esecuzioni extragiudiziali, da un clima di terrore, da famiglie distrutte nel nome di un’ideologia che ha sacrificato l’umanità sull’altare della sicurezza. Donne, madri, nonne — come Ramy, Anna, Jesse — si sono ritrovate senza mariti, senza figli, senza più voce, senza più appigli.

 In questo contesto, l’opera di padre Pilario non è semplicemente un’azione caritativa. È resistenza morale. È annuncio profetico. È la Chiesa che non si accontenta di predicare, ma scende nelle strade, si sporca le mani, si inginocchia davanti al dolore. La scelta di Pilario di essere un “prete di strada”, pur essendo accademico e preside universitario, racconta qualcosa di fondamentale: che l’intelligenza della fede trova il suo compimento nell’amore concreto, nel servizio disinteressato, nella prossimità. Le vedove di Payatas non cercano spiegazioni teologiche astratte: hanno bisogno di piangere, di raccontare, di essere ascoltate, di intravedere un futuro per sé e per i loro figli.

 Attraverso la Solidarity with Orphans and Widows, molte di queste donne stanno tornando a vivere. L’opera di formazione professionale, i laboratori di cucito, la fabbricazione di borse, non sono solo attività economiche: sono strumenti di riscatto, di autodeterminazione, di riconquista di sé. Lì dove c’era solo perdita, ora si intravede una possibilità di rinascita. La giustizia, certo, richiede anche processi e condanne: ma senza la cura del cuore, la giustizia resta incompleta. Padre Pilario lo dice chiaramente: il perdono può nascere solo laddove la dignità viene ristabilita, laddove la vita torna ad avere un senso.

 Questo cammino non riguarda solo Payatas. È un appello che tocca tutti noi. Viviamo in un mondo frammentato, polarizzato, segnato dalla sfiducia e dal cinismo. Le Filippine, in prossimità di nuove elezioni, vivono una stagione delicatissima. Ma ciò che accade lì è specchio di un malessere globale: la tendenza a semplificare i problemi complessi, a cercare capri espiatori, a tollerare — o addirittura promuovere — forme di violenza “legittimata” in nome dell’ordine. In questo scenario, la risposta della Chiesa, con l’atto di consacrazione alla Divina Misericordia, ha un significato profondissimo: riconoscere che solo un cuore riconciliato può costruire la pace. Solo un popolo che prega insieme, che piange insieme, che si rialza insieme, può ritrovare unità.

 Questa storia ci interroga nel profondo: qual è il nostro ruolo di fronte al dolore dell’altro? Siamo spettatori distaccati, commentatori da tastiera, oppure siamo pronti a fare un passo, anche piccolo, verso chi ha bisogno? Padre Pilario non è un eroe da venerare: è un esempio da seguire. La sua testimonianza ci invita a riconoscere che non esiste vera spiritualità che non si traduca in impegno concreto. Il Vangelo non è un libro di morale, ma un invito a incarnare la misericordia.

 Nelle lacrime delle donne di Payatas, nel silenzio ferito dei figli rimasti orfani, si cela un appello potente: non voltarsi dall’altra parte. E se è vero che le ferite della violenza non si rimarginano facilmente, è altrettanto vero che la presenza amorevole, fedele e gratuita può aprire percorsi di guarigione. Come insegna papa Francesco, la Chiesa deve essere “ospedale da campo”, e lo è davvero quando, come in Payatas, fascia le ferite, accompagna i dolori, restituisce voce a chi era stato messo a tacere.

 Che questa luce continui a brillare. E che anche noi, nel nostro piccolo, possiamo essere angeli delle periferie.

 

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lunedì 23 giugno 2025

23.06.2025 - Gn 12,1-9 - Mt 7,1-5 - Togli prima la trave dal tuo occhio.

Dal libro della Gènesi - Gn 12,1-9

In quei giorni, il Signore disse ad Abram:
«Vattene dalla tua terra,
dalla tua parentela
e dalla casa di tuo padre,
verso la terra che io ti indicherò.
Farò di te una grande nazione
e ti benedirò,
renderò grande il tuo nome
e possa tu essere una benedizione.
Benedirò coloro che ti benediranno
e coloro che ti malediranno maledirò,
e in te si diranno benedette
tutte le famiglie della terra».
Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran. Abram prese la moglie Sarài e Lot, figlio di suo fratello, e tutti i beni che avevano acquistati in Carran e tutte le persone che lì si erano procurate e si incamminarono verso la terra di Canaan. Arrivarono nella terra di Canaan e Abram la attraversò fino alla località di Sichem, presso la Quercia di Morè. Nella terra si trovavano allora i Cananei.
Il Signore apparve ad Abram e gli disse: «Alla tua discendenza io darò questa terra». Allora Abram costruì in quel luogo un altare al Signore che gli era apparso. Di là passò sulle montagne a oriente di Betel e piantò la tenda, avendo Betel ad occidente e Ai ad oriente. Lì costruì un altare al Signore e invocò il nome del Signore. Poi Abram levò la tenda per andare ad accamparsi nel Negheb.

1. DIO HA UN PROGETTO CHE VUOLE REALIZZARE NELLA DISCENDENZA DI ABRAMO; Egli sempre predilige i piccoli, i poveri, gli infelici (es. Sara era sterile). DIO BENEDICE ABRAMO. Benedire significa dare pienezza di vita, armonia, felicità. In soli tre versetti, ci sono cinque benedizioni. 

2. Abramo di fronte alla chiamata di Dio NON CHIEDE NULLA, NON DICE NULLA, MA AGISCE ED ESEGUE SUBITO QUELLO CHE GLI VIENE RICHIESTO. Accetta di lasciarsi alle spalle tutto per andare verso una meta sconosciuta. DIO QUANDO CHIEDE QUALCOSA AD UNA PERSONA, DI SOLITO LO FA PER DARGLI MOLTO DI PIÙ. 

3. DIO PROMETTE ad Abramo un PAESE più grande, UN POPOLO numeroso e che renderà grande il suo NOME. Abramo “viaggia”, è pellegrino in una terra non sua, ma dei Cananei. L’UNICA CERTEZZA È LA PRESENZA DI DIO e per questo ogni volta che si ferma innalza un altare per rendere culto a Dio.

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+ Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 7,1-5
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».
Chi giudica si mette al posto di Dio e così facendo va incontro a una sconfitta certa nella vita perché verrà ripagato con la stessa moneta. E vivrà nella confusione, scambiando la “pagliuzza” nell’occhio del fratello con la “trave” che gli impedisce la vista. Chi giudica agisce all’opposto di quello che «Gesù fa davanti al Padre». Infatti Gesù «mai accusa» ma, al contrario, difende. 
Noi poi, quando giudichiamo il prossimo, specialmente se siamo coinvolti siamo implacabili, salvo poi lasciare passare tutto sotto il ponte quando si tratta di noi. L'insegnamento di Gesù rovescia il nostro modo di pensare. Prima occorre correggere noi stessi. Prova a pensare: quante volte nell'ultima settimana hai criticato gli altri e quante energie invece hai speso per correggere i tuoi vizi?

 

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23.06 - SAN GIUSEPPE CAFASSO

Castelnuovo d’Asti, 15 gennaio 1811 - Torino, 23 giugno 1860

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NELLO STESSO GIORNO:

SAN LANFRANCO BECCARI Vescovo di Pavia

Gropello, 1134? – Pavia, 23 giugno 1198

A Pavia, san Lanfranco, vescovo, che, uomo di pace, patì molto per favorire la riconciliazione e la concordia nella città.

domenica 22 giugno 2025

Gen 14,18-20 - 1Cor 11,23-26 - Lc 9,11-17 - SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO C)

SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO C)

Domenica 22 Giugno 2025
Dal libro della Gènesi - Gen 14,18-20

In quei giorni, Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole:
«Sia benedetto Abram dal Dio altissimo,
creatore del cielo e della terra,
e benedetto sia il Dio altissimo,
che ti ha messo in mano i tuoi nemici».
E [Abramo] diede a lui la decima di tutto.

1. Melchìsedek, il cui nome significa RE DI GIUSTIZIA, è re di Salem, cioè RE DI PACE. Melchìsedek è un RE SACERDOTE. Sacerdote del Dio di Gerusalemme “Antico” che si chiamava “Elyon” che vuol dire Altissimo, Dio altissimo è sinonimo dello stesso Dio degli Ebrei.

2. Melchìsedek va incontro ad Abramo, gli OFFRE PANE E VINO e lo BENEDICE da parte di Dio. Come è possibile? Abramo è portatore della benedizione di Dio e viene benedetto da uno straniero. Capiamo che Melchìsedek è simbolo di un sacerdozio umano e sacro che PREFIGURA IL SACERDOZIO DI CRISTO. 

3. Infatti Cristo sacerdote HA OFFERTO PANE E VINO CIOÈ SÉ STESSO. Questa offerta RESTA PRESENTE come pane e vino nella nostra liturgia COME FONTE DELLA NOSTRA FORZA, è l'antidoto al peccato, è l'energia per vivere da Cristiani, per camminare verso la metà, per raggiungere la pienezza della misericordia. È la nostra benedizione...

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Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi - 1Cor 11,23-26
 
Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.

1. Questo è il mio corpo… Questo è il mio sangue… Mangiando e bevendo SI PARTECIPA ALLA SUA MORTE (dono della vita) E ALLA SALVEZZA CHE ESSA COMUNICA.  Il Signore si mette volontariamente NELLE TUE MANI, SI AFFIDA A TE. Senza condizioni. SI FA DONO, SI ABBANDONA, SI OFFRE. Tu fai lo stesso!
2. In quelle poche parole «QUESTO È IL MIO CORPO, CHE È PER VOI» mette a disposizione ciò che ha di più caro, la sua vita, PER DIVENTARE SOSTEGNO E LUCE per il mondo.
3. Dio ha instaurato così la “NUOVA ALLEANZA” nel suo sangue. DIO INSTAURA A BENEFICIO DELL'UMANITÀ IL DEFINITIVO ORDINE DI SALVEZZA NEL SUO SANGUE. Celebrare il rito eucaristico significa dunque per la comunità cristiana ENTRARE A FARVI PARTE.

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Dal Vangelo secondo Luca - Lc 9,11-17
In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

1. «Voi stessi date loro da mangiare» I Dodici Apostoli sono CHIAMATI A STARE CON GESÙ E IMMERGERSI COME LUI NELLE SITUAZIONI CONCRETE DEL MONDO. Come seguo io Gesù? Seguirlo vuol dire USCIRE da noi stessi E FARE della nostra vita un dono a Lui e agli altri. CHIAMATI ALLA SEQUELA...

2. Di fronte alla necessità della folla, ecco la soluzione dei discepoli: OGNUNO PENSI A SE STESSO; congeda la folla! Ma la soluzione di Gesù va in un’altra direzione: «Voi stessi date loro da mangiare». Come è possibile? E' POSSIBILE CON LA COMUNIONE… CHIAMATI ALLA COMUNIONE…

3. «Voi stessi date loro da mangiare» CHE COSA DANNO I DISCEPOLI? Quel poco che hanno: cinque pani e due pesci. Quei pani e quei pesci che NELLE MANI DEL SIGNORE SFAMANO TUTTA LA FOLLA. Si sono FIDATI della parola di Gesù ed È ACCADUTO il prodigio: "Tutti mangiarono a sazietà"... CHIAMATI ALLA CONDIVISIONE…

BUONA DOMENICA...

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CORPO E SANGUE DI CRISTO

L'Eucaristia è il Sacramento che Gesù ci ha lasciato per non lasciarci! Gesù si è voluto mettere nella condizione di nutrimento interiore e vivificante della nostra esistenza. Voleva rendere possibile la nostra "comunione" con lui, cioè una UNIONE INTIMA, PROFONDA, PERFETTA. Una specie di simbiosi mistica. Tutti siamo invitati!

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LECTIO DIVINA - SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO C)

OMELIA - SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO C)

 


Mt 6,25-33 - RITO AMBROSIANO - II DOMENICA DOPO PENTECOSTE

RITO AMBROSIANO
II DOMENICA DOPO PENTECOSTE
Domenica 22 giugno 2025
Lettura del Vangelo secondo Mt 6,25-33

Lettura del Vangelo secondo Matteo - Mt 6,25-33

In quel tempo. Il Signore Gesù ammaestrava le folle dicendo: «Io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta».
1. "Non preoccupatevi dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo, che cosa indosseremo. Il Padre vostro celeste SA CHE NE AVETE BISOGNO." Il nostro Padre che è nei cieli è ONNIPOTENTE ma, nello stesso tempo, è infinitamente MISERICORDIOSO: il suo cuore è vicino alla nostra miseria realmente. ABBI FEDE…

2. Ci sono almeno 6 MOMENTI in cui la Provvidenza di Dio si manifesta nella nostra vita. 1. Quando il male prevale 2. Quando non ce la facciamo 3. Quando la croce che dobbiamo soffrire è più pesante di quanto le nostre spalle possano reggere 4. Quando pecchiamo 5. Quando dobbiamo essere strumenti della Divina Provvidenza 6. Quando abbiamo già fiducia. LA PROVVIDENZA DIVINA CI TENDE SEMPRE LA MANO. SEMPRE…

3. E concludo con una famosa storia: Un uomo aveva CHIESTO A DIO DI SALVARLO da un’inondazione. Prima sono venuti i vigili del fuoco, ma l’uomo si è rifiutato di entrare nella loro barca perché aveva chiesto aiuto a Dio. Poi è arrivata la protezione civile, ma neanche nella loro imbarcazione l’uomo osa entrare, perché è a Dio che ha chiesto aiuto. Infine viene raggiunto da un elicottero della polizia, ma l’uomo si rifiuta ancora una volta. Quando muore, l’uomo va in cielo e chiede a Dio: “DIO MIO, PERCHÉ MI HAI ABBANDONATO?” Al che Dio risponde: “UOMO, TI HO MANDATO PRIMA I POMPIERI, POI LA PROTEZIONE CIVILE E INFINE LA POLIZIA, E TU LI HAI RIFIUTATI TUTTI!”.

BUONA DOMENICA

 

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