sabato 31 agosto 2024

31.08.2024 - 1Cor 1,26-31 - Mt 25,14-30 - Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi - 1Cor 1,26-31

Considerate la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili.
Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio.
Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, “chi si vanta, si vanti nel Signore”.
1. Dio fa il contrario di quanto fa un uomo. Ogni uomo per operare sceglie le forze migliori, DIO VA A SCEGLIERE chi nel mondo è stolto, cioè non formato da umana sapienza per confondere i sapienti. VA A SCEGLIERE ciò che nel mondo è debole, senza cioè alcuna forza, per confondere i forti. La logica di Dio…
2. COLUI CHE È ETERNA SAPIENZA DI DIO SI È FATTO SAPIENZA DI DIO PER NOI; ha operato per far noi sapienti, giusti, santi, redenti, in Lui e per Lui.
3. E tutto questo perché sia pienamente adempiuto ciò che è scritto: “Chi si gloria, si glori nel Signore”. RENDENDO A LUI GLORIA, TROVEREMO ANCHE LA NOSTRA GLORIA, non nel tempo e per un tempo, ma nell’eternità.

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+ Dal vangelo secondo Matteo - Mt 25,14-30
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

 

La parabola dei talenti, narrata nel Vangelo, offre una profonda riflessione sulla responsabilità e l’uso dei doni che riceviamo. In essa, il terzo servo viene condannato per la sua pigrizia e mancanza di impegno nel moltiplicare il talento che gli era stato affidato. Questo ci ammonisce contro l’accidia, uno stato di insoddisfazione che ci impedisce di agire e crescere. La parabola ci invita a riconoscere i nostri talenti, metterli in gioco e fidarci della bontà di Dio. Ogni talento, grande o piccolo, ha il potenziale per moltiplicarsi e portare frutto. Domandiamoci quali talenti stiamo trascurando e quali possiamo far crescere per compiacere il Signore?

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La paura può neutralizzare i nostri talenti. Che sono “nostri” nella misura in cui riconosciamo che ci sono donati: a chi 5, a chi 3 a chi 1. Non c’è nessuno senza talento. È essere grati che vince la paura?

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31.08 - SAN GIUSEPPE D'ARIMATEA

sec. I
   A Gerusalemme, commemorazione dei santi Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, che raccolsero il corpo di Gesù sotto la croce, lo avvolsero nella sindone e lo deposero nel sepolcro. Giuseppe, nobile decurione e discepolo del Signore, aspettava il regno di Dio; Nicodemo, fariseo e principe dei Giudei, era andato di notte da Gesù per interrogarlo sulla sua missione e, davanti ai sommi sacerdoti e ai Farisei che volevano arrestare il Signore, difese la sua causa. 

NELLO STESSO GIORNO:

SANT'ABBONDIO di Como 

Tessalonica, ... – + Como, 468

Secondo la tradizione, Abbondio era inizialmente coadiutore di Amanzio, terzo vescovo della diocesi di Como, che aveva consolidato la presenza cristiana in città e nella vastissima diocesi. Amanzio aveva ordinato Abbondio sacerdote e già prima della morte lo aveva designato alla propria successione, consacrandolo vescovo il 17 novembre 440. Alla morte di Amanzio, nel 450 circa, Abbondio divenne così il quarto vescovo di Como, dopo Felice, Probino e, appunto, Amanzio.

SAN FELICE di Como

metà IV secolo – Como, 8 ottobre 391

San Felice (†391) fu il primo vescovo di Como, consacrato da sant’Ambrogio che lo inviò a evangelizzare il municipium lariano, a testimonianza della grande spinta missionaria della Chiesa di Milano in quella particolare fase storica. Dopo le persecuzioni dei primi tre secoli e la libertà di culto ottenuta con gli editti del 311 e 313, il cristianesimo era stato dichiarato religione ufficiale dell’Impero dall’editto di Tessalonica del 380. È possibile che quando Felice iniziò la sua missione fosse già presente una comunità di cristiani, visto che san Fedele era stato inviato a Como alla fine del secolo precedente, subendo il martirio durante le persecuzioni di Diocleziano.

venerdì 30 agosto 2024

30.08.2024 - 1Cor 1,17-25 - Mt 25,1-13 - Ecco lo sposo! Andategli incontro!

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi - 1Cor 1,17-25

Fratelli, Cristo non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo.
La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti:
«Distruggerò la sapienza dei sapienti
e annullerò l’intelligenza degli intelligenti».
Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione.
Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.
1. La sapienza di Dio appare agli uomini come una stoltezza: la sapienza di Dio si rivela nella Croce, segno che appare agli uomini come una sconfitta e un obbrobrio. LA SAPIENZA DI DIO È L’AMORE, È CIÒ CHE SANA, CHE DONA LA VITA.
2. LA SAPIENZA SECONDO GLI UOMINI È QUELLA CHE TI CONSENTE DI ESSERE RICONOSCIUTO COME UN VINCENTE. Ma Dio ha dimostrato che la sapienza del mondo è stolta se non è espressione dell’amore.
3. IL SALVATORE CROCIFISSO SFIDA LA NOSTRA LOGICA E CI INVITA A GUARDARE IL MONDO DA UNA PROSPETTIVA DEL TUTTO NUOVA. Ci invita a riconoscere la vera sapienza e a vincere quelle forze interiori che rifiutano la croce per diventare testimoni credibili agli occhi del mondo.

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+ Dal vangelo secondo Matteo. - Mt 25,1-13
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

 

La parabola delle dieci vergini risponde alla domanda sul ritardo della venuta del Signore, esortando a non vivere una vita insensata e a mantenere la pazienza nell'attesa. Non è importante quando il Signore tornerà, ma come vivere il tempo presente, ricco di opportunità di salvezza. Le vergini sagge hanno previsto il possibile ritardo dello sposo, dimostrando saggezza e preparazione. L'invito è a vegliare, poiché non conosciamo né il giorno né l'ora del suo ritorno. Dobbiamo procurarci l'olio per sostenere il cammino nei giorni più bui, così da incontrare lo Sposo e condividere la sua gioia. Buon cammino!

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 Il Cielo come un matrimonio, come festa nuziale. Niente di più gioioso e giocoso, niente di più serio. Tutto sta a prepararsi: siamo pronti a giocare (senza scherzare)?

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30.08 - BEATO ALFREDO ILDEFONSO SCHUSTER

Roma, 18 gennaio 1880 – Venegono Inferiore, Varese, 30 agosto 1954
   A Venegono vicino a Varese, transito del beato Alfredo Ildefonso Schuster, vescovo, che, da abate di San Paolo di Roma elevato alla sede di Milano, uomo di mirabile sapienza e dottrina, svolse con grande sollecitudine l’ufficio di pastore per il bene del suo popolo. 


 

giovedì 29 agosto 2024

29.08.2024 - 1Cor 1,1-9 - Mc 6,17-29 - Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi - 1Cor 1,1-9

Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!
Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza. La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo.
Egli vi renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!
1. Questo testo rappresenta il saluto e il ringraziamento che Paolo fa alla comunità di Corinto, che ha fondato ed è risorta dopo la distruzione del 146 a.C. operata dai Romani. Alla Chiesa di Dio che è in Corinto Paolo AUGURA GRAZIA E PACE. La grazia è risanamento della nostra natura immersa nel peccato e la pace è il frutto della grazia. LA GRAZIA E LA PACE HA LA SUA ORIGINE IN DIO PADRE E NEL SIGNORE GESÙ CRISTO.
2. Paolo ribadisce che i Corinzi hanno tutto, non manca loro nessun dono di grazia. Dio tutto ha donato per loro in Cristo Gesù e nello Spirito Santo. Ora si tratta, attraverso l’uso saggio e sapiente di ogni dono di grazia, di FAR SÌ CHE IL CRISTIANO SALGA LUI NEL CIELO, PER DIMORARE CON CRISTO per tutta l’eternità.
3. FEDELE È DIO, fedele al suo amore eterno verso l’uomo, fedele al suo disegno eterno di salvezza in Cristo Gesù.  LA SUA FEDELTÀ VI RENDERÀ SALDI SINO ALLA FINE, irreprensibili. Chiamati alla comunione con Gesù VIVIAMO NELLA VIGILANZA E NELLA RESPONSABILITÀ, che significa vivere ciò che facciamo ALLA PRESENZA DI CHI ha avuto fiducia di noi affidandoci ciò che non è nostro.

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+ Dal vangelo secondo Marco - Mc 6,17-29
In quel tempo, Erode aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto.
E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro. 
Si può uccidere per capriccio, per tirannia, per superbia. Si può uccidere per invidia. E così Giovanni finisce la sua vita sotto l’autorità di un re mediocre, ubriaco e corrotto, per il capriccio di una ballerina e per l’odio vendicativo di un’adultera. Così finisce il Grande, l’uomo più grande nato da donna”.
Il santo, l’eroe, l’uomo intero provocano una gelosia rabbiosa che suscita rabbia fino alla violenza. E’ accaduto a Giovanni Battista, prototipo di ogni martire. Sta ancora accadendo a tanti cristiani e ad altri uomini, presi di mira solo per la loro diversità e forse per l’intensità e bellezza della loro umanità.
Satana non sopporta il bello, il bene, la convivenza pacifica dei diversi, la collaborazione di quanti dovrebbero essere nemici e invece vivono da fratelli. Che cosa domandare se non che il bene rinasca, almeno come accade nel gesto pietoso dei discepoli del Battista che seppelliscono il maestro?

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Per non perdere la faccia, il triste Erode fa tagliare la testa a Giovanni. Il più grande tra i nati di donna muore così, per il capriccio di una ragazzina viziata e di un sovrano vizioso. Far vivere gli altri ci costa, cosa siamo disposti a perdere?

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29.08 - MARTIRIO DI SAN GIOVANNI BATTISTA

sec. I
   Memoria della passione di san Giovanni Battista, che il re Erode Antipa tenne in carcere nella fortezza di Macheronte nell’odierna Giordania e nel giorno del suo compleanno, su richiesta della figlia di Erodiade, ordinò di decapitare. Per questo, Precursore del Signore, come lampada che arde e risplende, rese sia in vita sia in morte testimonianza alla verità

 

AMO LA SPERANZA…

AMO LA SPERANZA…

«E lì Sam, sbirciando fra i lembi di nuvole che sovrastavano un’alta vetta, vide una stella bianca scintillare all’improvviso. Lo splendore gli penetrò nell’anima, e la speranza nacque di nuovo in lui. Come un limpido e freddo baleno passò nella sua mente il pensiero che l’Ombra non era in fin dei conti che una piccola cosa passeggera: al di là di essa vi erano eterna luce e splendida bellezza». 

Leggendo questa celebre frase tratta dal terzo volume del romanzo “Il Signore degli anelli” (“The Lord of the Rings”, 1954-1955), opera dello scrittore britannico J. R. R. Tolkien, viene spontaneo riflettere sull’incredibile importanza che ha il sentimento della speranza all’interno delle vicende vissute dai nostri mezzuomini. In una situazione totalmente avversa ai protagonisti dell’avventura, minacciati da una forza oscura che giorno dopo giorno sembrerebbe acquisire un potere al di sopra di ogni possibilità, l’unica via percorribile si rivela essere quella di affidare la sorte dell’intera Terra di Mezzo ad un piccolo e semplice hobbit.

L’unico anello, strumento di morte e di immenso potere, bramato da Sauron, l’emissario del male, affinché possa ottenere nuovamente le sue piene forze, deve essere necessariamente distrutto per poter garantire la pace e la vittoria contro il nemico. L’anello esercita una terribile influenza nelle menti di coloro che vi entrano in contatto e proprio per questo la missione necessita di qualcuno che dimostri una notevole forza di volontà. Una resistenza di fronte alla tentazione del male che Frodo, effettivamente, dimostra sin dall’inizio ma che verrà messa, inevitabilmente, a dura prova con il progressivo avvicinamento alla meta finale.

Una missione folle, disperata e con pochissima probabilità di riuscita, dipesa dall’unica forza che rimane salda e inscalfibile di fronte alle violente braccia protese dell’oscurità: la speranza.

I protagonisti si ritroveranno a dover contare unicamente su di essa costantemente. In modo particolare dopo la scomparsa di Gandalf, precipitato nell’abisso di Moria durante il duello con il Balrog, e dopo la separazione di Frodo e Sam dalla Compagnia dell’anello: per i due hobbit, infatti, non esisteva altra strada che quella di intraprendere il resto del viaggio seguendo una via differente, lontani dal contatto e la sicurezza dei propri compagni. L’inevitabile disgregazione della Compagnia, non a caso, si rivelerà l’atto di estrema fede e follia necessario per raggiungere l’obiettivo finale dell’avventura. Un salto nel vuoto, una profonda discesa nel dubbio, un atto di immenso coraggio pregno di dolore e sacrificio, unica e sola possibilità di eludere lo sguardo sempre attento e instancabile del nemico. E la loro missione giungerà a termine, con esito positivo, dai due valorosi hobbit.

In conclusione possiamo dire che la speranza è stata una virtù essenziale per Frodo e Sam nel loro arduo compito di distruggere l'Unico Anello. Nonostante il potere oscuro di Sauron sembri insormontabile, la speranza che la loro missione possa portare pace alla Terra di Mezzo li ha spinti a continuare. La visione di una stella da parte di Sam è un simbolo potente di speranza che illumina anche i momenti più bui del loro viaggio. 

Ma che cos’è la speranza? La speranza è Gesù. La sua vita, il suo Spirito sono la forza interiore che ti consentirà di donarti, di amare anche nelle circostanze più avverse. La fede in Gesù rinnova la speranza e si manifesta attraverso la carità.


mercoledì 28 agosto 2024

28.08.2024 - 2Ts 3,6-10.16-18 - Mt 23,27-32 - Siete figli di chi uccise profeti.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési - 2Ts 3,6-10.16-18

Fratelli, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, vi raccomandiamo di tenervi lontani da ogni fratello che conduce una vita disordinata, non secondo l’insegnamento che vi è stato trasmesso da noi.
Sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi. Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi.
Il Signore della pace vi dia la pace sempre e in ogni modo. Il Signore sia con tutti voi.
Il saluto è di mia mano, di Paolo. Questo è il segno autografo di ogni mia lettera; io scrivo così. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con tutti voi.

 

1. Paolo raccomanda di evitare chi conduce una vita disordinata, enfatizzando l'importanza di seguire l'insegnamento ricevuto. Egli sottolinea la NECESSITÀ DI MANTENERE UNA DISCIPLINA PERSONALE E COLLETTIVA, evitando comportamenti oziosi e disordinati che potrebbero influenzare negativamente la comunità.
2. Paolo ricorda come lui e i suoi compagni hanno lavorato duramente per non essere di peso a nessuno, nonostante ne abbiano il diritto. QUESTO ESEMPIO È DATO AFFINCHÉ LA COMUNITÀ LO IMITI, comprendendo il valore del lavoro e della responsabilità personale, evitando l'oziosità.
3. Paolo conclude la lettera impartendo una benedizione di pace, augurando che il Signore sia sempre con tutti. LA GRAZIA DEL SIGNORE GESÙ CRISTO È INVOCATA SU TUTTI I DESTINATARI, rafforzando il legame spirituale e l'autorità apostolica. E’ invocata anche su di Te!

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+ Dal vangelo secondo Matteo - Mt 23,27-32
In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».

 

"Guai a voi, scribi e farisei ipocriti!" Sebbene istruiti e potenti, Gesù li vede come corrotti, belli fuori ma marci dentro. Si ritengono migliori degli altri, rifiutando di riconoscere il proprio male. L'ipocrisia, marchio del diavolo, è intollerabile, e Gesù la smaschera, consapevole che questa lo porterà alla morte. Egli afferma che sono peggio dei loro padri, predicendo che lo uccideranno. Invitiamo Gesù a scavare dentro di noi, a smascherare la nostra ipocrisia e a donare la forza per una sincera conversione del cuore. Ancora oggi come è possibile che ogni volta che ci indigniamo e scandalizziamo per un comportamento, poi basta molto poco per compiere proprio quei gesti che ora stigmatizziamo? Dov’è l’errore?

 

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28.08 - SANT' AGOSTINO

Tagaste (Numidia), 13 novembre 354 – Ippona (Africa), 28 agosto 430
   Memoria di sant’Agostino, vescovo e insigne dottore della Chiesa: convertito alla fede cattolica dopo una adolescenza inquieta nei princípi e nei costumi, fu battezzato a Milano da sant’Ambrogio e, tornato in patria, condusse con alcuni amici vita ascetica, dedita a Dio e allo studio delle Scritture. Eletto poi vescovo di Ippona in Africa, nell’odierna Algeria, fu per trentaquattro anni maestro del suo gregge, che istruì con sermoni e numerosi scritti, con i quali combatté anche strenuamente contro gli errori del suo tempo o espose con sapienza la retta fede. 

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martedì 27 agosto 2024

27.08.2024 - 2Ts 2,1-3.13-17 - Mt 23,23-26 - Queste erano le cose da fare, senza tralasciare quelle.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési - 2Ts 2,1-3.13-17

Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente. Nessuno vi inganni in alcun modo!
Noi dobbiamo sempre rendere grazie a Dio per voi, fratelli amati dal Signore, perché Dio vi ha scelti come primizia per la salvezza, per mezzo dello Spirito santificatore e della fede nella verità. A questo egli vi ha chiamati mediante il nostro Vangelo, per entrare in possesso della gloria del Signore nostro Gesù Cristo.
Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete appreso sia dalla nostra parola sia dalla nostra lettera. E lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.
1. Se riguardo alla venuta del Signore vi è certezza, NON È DATO AD ALCUNO SAPERE IL GIORNO E L’ORA. Non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, quasi che il giorno del Signore sia già giunto, IL MOMENTO VERRÀ QUANDO NOI NON LO SAPREMO.  Vivi l’attesa…
2. I Tessalonicesi sono invitati a rendere grazie perché TUTTO È DONO, veramente. E a RIMANERE SALDI NELLA TRADIZIONE. Rimanere attaccati alla Parola tramandata dagli apostoli. Non bisogna andare oltre e fuori in nome di una pretesa autorità…
3. DALLA FEDELTÀ alla Parola così come tramandata, abbiamo la GARANZIA DI CAMMINARE CONFORME A VERITÀ; e non ci mancherà la consolazione eterna e la speranza incrollabile. IN CRISTO E PER CRISTO VEDREMO CRESCERE E FORTIFICARSI in noi ogni opera e parola buona.

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+ Dal vangelo secondo Matteo - Mt 23,23-26
In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito».
Gesù condanna gli scribi e farisei per la loro ipocrisia, evidenziando come si concentrino su dettagli minori della Legge, come il pagamento della decima su erbe insignificanti, trascurando giustizia, misericordia e fedeltà. Utilizzando la metafora del bicchiere pulito solo all'esterno, sottolinea la loro attenzione alle apparenze mentre l'interno è corrotto da avidità. Chiamandoli "guide cieche", critica la loro incapacità di comprendere e vivere l'essenza della spiritualità, distinguendo l'insignificante dall'essenziale. Questo messaggio è un'invito a fare attenzione ai pastori "rigidi". State attenti davanti ai cristiani – siano laici, preti, vescovi – che si presentano così “perfetti”, rigidi. State attenti. Non c’è lo Spirito di Dio lì. Manca lo spirito della libertà”.

 

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27.08 - SANTA MONICA

Tagaste, attuale Song-Ahras, Algeria, 331 - Ostia, Roma, 27 agosto 387
   Memoria di santa Monica, che, data ancora giovinetta in matrimonio a Patrizio, generò dei figli, tra i quali Agostino, per la cui conversione molte lacrime versò e molte preghiere rivolse a Dio, e, anelando profondamente al cielo, lasciò questa vita a Ostia nel Lazio, mentre era sulla via del ritorno in Africa. 

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"LIBERA IL TUO ESSERE, ABBANDONA L'ILLUSIONE DELL'AVERE!"

"LIBERA IL TUO ESSERE, ABBANDONA L'ILLUSIONE DELL'AVERE!"

Il libro "Avere o essere?" di Erich Fromm, pubblicato nel 1976, è un'opera filosofica che analizza criticamente le scelte fondamentali dell'esistenza umana in un contesto moderno dominato dal consumismo e dall'edonismo. Fromm si concentra su due modalità di vita contrapposte: l'"avere", che rappresenta l'accumulo di beni materiali, il successo e il dominio sugli altri; e l'"essere", che enfatizza lo sviluppo interiore, l'autenticità, la creatività e il senso di comunità.

Attraverso un'analisi psicologica e sociale, Fromm evidenzia come la società contemporanea abbia privilegiato l'"avere" rispetto all'"essere", portando a una perdita di senso e a una crescente alienazione individuale. Egli critica sia il capitalismo consumistico che il socialismo burocratico, entrambi incapaci di soddisfare i bisogni umani profondi e di promuovere una vera felicità.

Fromm critica anche l'edonismo radicale come una delle cause principali di questo delirio, sottolineando come la ricerca del piacere senza restrizioni abbia portato a un vuoto esistenziale e a una manipolazione delle persone da parte dei governi e dell'industria. Fromm propone un cambiamento radicale verso un'esistenza incentrata sull'essere anziché sull'avere, promuovendo un umanesimo più profondo e autentico. Ciò implica una riflessione critica sul modello economico dominante, che accusa di centralizzazione e burocratizzazione eccessiva, riducendo gli individui a semplici ingranaggi di una macchina sociale.

La sua critica si estende anche alla propaganda commerciale e ai mezzi di comunicazione di massa, che a loro volta contribuiscono a un ambiente culturale e sociale intossicato, dove la ragione e la realtà vengono distorte a fini commerciali e politici.

Fromm auspica quindi un cambiamento verso una società più decentralizzata e umanistica, dove il valore della soddisfazione psicologica e della creatività è prioritario rispetto al mero profitto materiale. Egli invita a un rinnovato impegno verso la scienza e il progresso, ma con una consapevolezza critica dei suoi possibili effetti collaterali negativi.

Il filosofo conclude con l'idea che la sintesi tra il nucleo spirituale del medioevo e lo sviluppo razionale della modernità possa portare a una nuova forma di umanesimo, capace di superare le contraddizioni e le alienazioni della società contemporanea. Fromm sostiene la necessità di un cambiamento profondo nelle priorità sociali ed economiche, con un ritorno ai valori umani e spirituali per affrontare le sfide del mondo moderno in modo più equo e sostenibile.

In conclusione ti pongo tre domande ispirate al libro "Avere o essere?" di Erich Fromm, che ti invita a riflettere sulla tua vita reale:

1. Quali sono le principali fonti di soddisfazione nella tua vita: il possesso di beni materiali e il successo oppure lo sviluppo personale, la creatività e le relazioni significative?
2. Come gestisci il tuo tempo libero?
3. In che modo le tue scelte quotidiane riflettono la tua preferenza tra "avere" ed "essere"? Come puoi bilanciare meglio queste due modalità di vita per migliorare il tuo benessere complessivo?


lunedì 26 agosto 2024

26.08.2024 - 2Ts 1,1-5.11-12 - Mt 23,13-22 - Guai a voi, guide cieche.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési - 2Ts 1,1-5.11-12

Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicési che è in Dio Padre nostro e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo.
Dobbiamo sempre rendere grazie a Dio per voi, fratelli, come è giusto, perché la vostra fede fa grandi progressi e l’amore di ciascuno di voi verso gli altri va crescendo. Così noi possiamo gloriarci di voi nelle Chiese di Dio, per la vostra perseveranza e la vostra fede in tutte le vostre persecuzioni e tribolazioni che sopportate. È questo un segno del giusto giudizio di Dio, perché siate fatti degni del regno di Dio, per il quale appunto soffrite.
Il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di bene e l’opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo.
1. Le persecuzioni di cui erano vittime i Tessalonicesi avevano aumentato la loro fede, fatto abbondare il loro amore, manifestato la loro pazienza. Tutto questo È UN SEGNO DEL GIUSTO GIUDIZIO DI DIO, che ritiene i fedeli di Paolo meritevoli del suo regno. I Tessalonicesi NON sono venuti meno nel tempo della prova per il nome di Cristo.
2.L’Apostolo prega Dio per i suoi fedeli, affinché li RENDA DEGNI DELLA LORO VOCAZIONE alla volontà di bene, alla professione della fede e alla pratica della carità. Ciò AFFINCHÉ SIA GLORIFICATO IN VOI IL NOME DEL SIGNORE NOSTRO GESÙ, e voi in lui per la gloria di Dio e del Signore Gesù Cristo”. 
3. Scopo ultimo e definitivo dell’esistenza? CHE SIA GLORIFICATO IL NOME DEL SIGNORE GESÙ CRISTO IN TUTTE LE SUE CREATURE. Per questo siamo stati chiamati, per questo siamo stati fatti dono di ogni benevolenza, per questo siamo stati colmati di grazia. ED È PER QUESTO INFINE CHE SI DEVE PREGARE, perché, indegni, siamo fatti degni della chiamata alla vita eterna che è solo in Cristo Gesù.

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+ Dal vangelo secondo Matteo - Mt 23,13-22
In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi.
Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso».

 

“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti” denuncia la falsità e superbia di chi cerca lode dagli altri attribuendosi meriti non propri. Gesù ammonisce severamente questa ipocrisia, una realtà presente anche oggi. I farisei ei dottori della legge non sono figure del passato; la loro superbia vive ancora nel nostro tempo. Per questo, è cruciale pregare per i pastori, affinché non perdano la chiave della conoscenza e non chiudano la porta a chi cerca la verità. Dobbiamo chiederci: siamo di aiuto o ostacoliamo la conversione di chi incontriamo ogni giorno? Riflettiamo sul nostro ruolo nel cammino degli altri verso la fede.

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Cosa vuole ottenere Gesù con questo linguaggio così tagliente? Forse essere come un’ascia, direbbe Kafka, capace di “spaccare il mare di ghiaccio che è dentro di noi”. Pronti a ricevere il colpo?

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26.08 - SANT' ALESSANDRO DI BERGAMO

sec. IV
   Patrono di Bergamo, vissuto a cavallo del III e IV secolo. Dopo essere stato comandante di centuria della legione Tebea, utilizzata prevalentemente in Oriente, è spostato in Occidente. Gli viene ordinato di ricercare i cristiani contro i quali è in atto una persecuzione. Di fronte al suo rifiuto e di alcuni compagni segue la decimazione, a cui riesce a salvarsi. Scappa a Milano dove però è riconosciuto e incarcerato. Grazie a san Fedele, che organizza la fuga di Alessandro, si rifugia a Como e infine, passando per Fara Gera d'Adda e Capriate, arriva a Bergamo. Qui, ospite del principe Crotacio, che lo aiuta a nascondersi, inizia la sua opera di predicazione e conversione di molti cittadini, tra cui i martiri Fermo e Rustico. Ma nel 303 Alessandro è nuovamente scoperto e catturato. Condannato alla decapitazione, muore il 26 agosto a Bergamo, dove ora sorge la chiesa di Sant'Alessandro in Colonna.

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domenica 25 agosto 2024

Gs 24,1-2.15-17.18 - Ef 5,21-32 - Gv 6,60-69 - XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

Domenica 25 Agosto 2024
Dal libro di Giosuè - Gs 24,1-2.15-17.18

In quei giorni, Giosuè radunò tutte le tribù d’Israele a Sichem e convocò gli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi, ed essi si presentarono davanti a Dio.
Giosuè disse a tutto il popolo: «Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrèi, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore».
Il popolo rispose: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio».

1. Il vecchio Giosuè dopo avere introdotto Israele nella terra che Dio aveva promesso ai padri, riunisce tutte le tribù, i rappresentanti di tutte le tribù a Sichem, e in qualche modo LI INVITA A SCEGLIERE. NELLA VITA BISOGNA SCEGLIERE…
2. Ormai il popolo che ha sperimentato la schiavitù in Egitto e la liberazione è morto. Ci sono i figli, e i figli dei figli sono già da parecchio tempo insediati nella terra. Giosuè dopo aver raccontato la storia della salvezza per sommi capi dice: “DECIDETE ADESSO CHI VOLETE SERVIRE” Giosuè li chiama a una ADESIONE LIBERA E CONSAPEVOLE ALL'ALLEANZA…
3. Se volete servire il Signore DOVETE ABBANDONARE GLI IDOLI, se invece non ve la sentite andate e adorate chi volete, IO E LA MIA FAMIGLIA, CONCLUDE GIOSUÈ, SCEGLIAMO DI SERVIRE IL SIGNORE” e il popolo aderisce e rinnova l'alleanza. GIOSUÈ È TESTIMONE…

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Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni - Ef 5,21-32

Fratelli, nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto.
E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo.
Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne.
Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!

1. CRISTO HA AMATO LA CHIESA E HA DATO SÉ STESSO PER LEI. Cristo è immagine dello sposo, la chiesa è la sposa. Cristo ha dato sé stesso PER AMORE e ha unito la Chiesa a sé, ha CREATO LA GRANDE UNIONE. Sul modello di Cristo e della Chiesa viene proposto il sacramento del matrimonio cristiano.
2. Nel timore di Cristo dice l'apostolo siate sottomessi gli uni agli altri, cioè nella autentica relazione di amore OGNUNO DONA SÉ STESSO ALL'ALTRO. Il modello è Cristo, è Lui che ha realizzato questo amore grande. DA LUI NASCE LA POSSIBILITÀ DI UN AMORE COSÌ GRANDE CHE SOTTOMETTE SÉ STESSO AD UN ALTRO.
3. Se può sembrare strano la ripetizione: “le mogli siano sottomesse ai mariti” sembrava ancora più strano per l'ascoltatore antico il fatto di dire IL MARITO AMI LA MOGLIE COME CRISTO, E DIA LA PROPRIA VITA PER LEI. Il metro è SEMPRE Cristo…

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+ Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 6,60-69
In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.
Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

1. Gesù aveva detto di essere il Pane disceso dal cielo, e che avrebbe dato la sua carne come cibo e il suo sangue come bevanda, alludendo così chiaramente al SACRIFICIO della sua stessa vita. QUELLE PAROLE SUSCITARONO DELUSIONE NELLA GENTE, CHE LE GIUDICÒ INDEGNE DEL MESSIA ATTESO, NON “VINCENTI”. Le parole di Gesù CI METTONO IN CRISI, SONO DURE, per esempio davanti allo spirito del mondo, alla mondanità…

2. COME SUPERARE LA DIFFICOLTÀ? RICONOSCENDO nelle parole di Gesù l’origine divina, INVOCANDO lo Spirito Santo (le sue parole si possono comprendere solo attraverso l’azione dello Spirito Santo), RINNOVANDO la nostra fede in Lui (la vera causa dell’incomprensione delle sue parole è la mancanza di fede)…

3. Di fronte a queste defezioni, Gesù non fa sconti e non attenua le sue parole, anzi COSTRINGE A FARE UNA SCELTA PRECISA: o stare con Lui o separarsi da Lui, e dice ai Dodici: «VOLETE ANDARVENE ANCHE VOI?» «SIGNORE, DA CHI ANDREMO? TU HAI PAROLE DI VITA ETERNA» DA CHI ANDARE? La mia risposta è stare e seguire Gesù…

BUONA DOMENICA…

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LA CRISI

«Volete andarvene anche voi?», riflette la crisi attuale della Chiesa, con molti fedeli che si allontanano e una società sempre più distaccata. La vera sfida non è solo la sopravvivenza della Chiesa, ma la forza della nostra fede: deve essere convinta, coerente e capace di attirare altri alla bellezza del Vangelo, rispondendo con fiducia come San Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna».

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LECTIO DIVINA– XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

OMELIA – XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

 
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