venerdì 5 settembre 2025

05.09.2025 - Col 1,15-20 - Lc 5,33-39 - Quando lo sposo sarà loro tolto, allora in quei giorni digiuneranno.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési - Col 1,15-20

Cristo Gesù è immagine del Dio invisibile,
primogenito di tutta la creazione,
perché in lui furono create tutte le cose
nei cieli e sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
Troni, Dominazioni,
Principati e Potenze.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose
e tutte in lui sussistono.
Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.
Egli è principio,
primogenito di quelli che risorgono dai morti,
perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
È piaciuto infatti a Dio
che abiti in lui tutta la pienezza
e che per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose,
avendo pacificato con il sangue della sua croce
sia le cose che stanno sulla terra,
sia quelle che stanno nei cieli.
1. Per prevenire la tentazione o il pericolo che la comunità cristiana di Colossi si faccia travolgere in bizzarre speculazioni relative a potenze cosmiche, che avrebbero in mano il destino di ogni uomo, l’Apostolo inserisce un INNO, CHE ESALTA L’ASSOLUTA PREMINENZA DI CRISTO SIA NELL’ORDINE DELLA CREAZIONE SIA IN QUELLO DELLA REDENZIONE.
2. IL FIGLIO È L’UNICO MEDIATORE dell’opera creatrice e salvifica di Dio. Viene così “proclamata la preesistenza e la SUPERIORITÀ DI CRISTO SIGNORE su tutto il creato, inclusa la schiera delle potenze cosmiche che, benché invisibili, non possono competere con Cristo ed essere sue rivali.
3. Agli occhi della fede, Egli È L’UNICA RISPOSTA POSSIBILE ALLE INQUIETUDINI DELL’UOMO che si sente esistenzialmente minacciato e non comprende più il proprio posto nel mondo. “TUTTE LE COSE IN LUI SUSSISTONO”. In tale consistenza è racchiusa l’origine, la destinazione e la sussistenza attuale e fattuale di ogni aspetto della realtà e della storia…

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+ Dal vangelo secondo Luca - Lc 5,33-39
In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere, così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!».
Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno».
Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”». 

 

Gesù risponde ai farisei sottolineando che il tempo della sua presenza è un momento di gioia, paragonabile a una festa di nozze, durante il quale il digiuno non è appropriato. Tuttavia, preannuncia che arriveranno giorni di assenza in cui il digiuno sarà necessario. Attraverso la parabola dei vestiti e degli otri, Gesù insegna che il suo messaggio e la sua missione rappresentano qualcosa di completamente nuovo, che non può essere contenuto o limitato dalle vecchie tradizioni. Per accogliere il "vino nuovo" del Vangelo, è necessario avere "otri nuovi", ovvero un cuore e una mentalità aperti al rinnovamento spirituale.

 

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05.09 - SANTA TERESA DI CALCUTTA

Skopje, Macedonia, 26 agosto 1910 - Calcutta, India, 5 settembre 1997
A 18 anni decise di entrare nella Congregazione delle Suore Missionarie di Nostra Signora di Loreto. Partita nel 1928 per l’Irlanda, un anno dopo è in India. Nel 1931 la giovane Agnes emette i primi voti prendendo il nuovo nome di suor Mary Teresa del Bambin Gesù (scelto per la sua devozione alla santa di Lisieux), e per circa vent’anni insegna storia e geografia alle ragazze di buona famiglia nel collegio delle suore di Loreto a Entally, zona orientale di Calcutta. Il 10 settembre 1946, mentre era in treno diretta a Darjeeling per gli esercizi spirituali, avvertì la “seconda chiamata”: lei doveva lasciare il convento per i più poveri dei poveri. Lasciò le suore di Loreto il 16 agosto 1948. Nel 1950 la sua nuova congregazione delle Missionarie della Carità ottenne il riconoscimento dalla Chiesa.

giovedì 4 settembre 2025

04.09.2025 - Col 1,9-14 - Lc 5,1-11 - Lasciarono tutto e lo seguirono.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési - Col 1,9-14

Fratelli, dal giorno in cui ne fummo informati, non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio.
Resi forti di ogni fortezza secondo la potenza della sua gloria, per essere perseveranti e magnanimi in tutto, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce.
È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre
e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore,
per mezzo del quale abbiamo la redenzione,
il perdono dei peccati.
1. Si stanno diffondendo a Colossi delle STRANE TEORIE SUGLI SPIRITI CELESTI, immaginati come potenze cosmiche e astrali, intermediari tra l'uomo e Dio. GESÙ SI RIDUCE AD UNO DI QUESTI INTERMEDIARI e non certo il più potente. Epafra ricorre a Paolo perché intervenga a chiarire la fede cristiana.
2. Prima di tutto, è necessaria la preghiera, dice Paolo, e di questa si dice garante di una tale supplica davanti a Dio. Egli chiede che SI SVILUPPINO "CONOSCENZA, SAGGEZZA E INTELLIGENZA" negli amici cristiani a cui scrive. Sono doni di Dio per penetrare nella sua volontà.
3. La conoscenza ci conduce, quasi per mano, a "COMPORTARCI IN MANIERA DEGNA DEL SIGNORE E A PIACERGLI IN TUTTO". Preghiera, conoscenza e condotta morale coerente ci permette di approfondire, ancora di più, la conoscenza del Signore. LA FORZA, CHE IL SIGNORE OFFRE, ha lo scopo di "farci perseveranti e di SAPER OFFRIRE MISERICORDIA (Magnanimità) in tutto".

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Dal vangelo secondo Luca - Lc 5,1-11
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

 

Prendere il largo, perché? Gettare la rete dopo che si è faticato inutilmente tutta la notte, cosa giova? E' razionalmente illogico. Ma quella voce che ci ridesta è una grazia: una parola del Vangelo, una circostanza, un invito di amici, un sussulto nel cuore: “Prendi il largo”. Ricomincia la partita, riparte la gioia di vivere, amare, proporre, lavorare. Occorre vigilare ogni giorno la grazia che passa e che chiama.
E grazie al loro si noi, cristiani di oggi, abbiamo la gioia di proclamare e testimoniare la nostra fede perché c’è stato quel primo annuncio, perché ci sono stati quegli uomini umili e coraggiosi che hanno risposto generosamente alla chiamata di Gesù. Sulle rive del lago, in una terra impensabile, è nata la prima comunità dei discepoli di Cristo: i "pescatori di uomini". La consapevolezza di questi inizi susciti in noi il desiderio di portare la Parola, l’amore e la tenerezza di Gesù in ogni contesto, anche il più impervio e resistente. Portare la Parola a tutte le periferie partendo dai luoghi che frequentiamo quotidianamente..

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I primi apostoli sono “invasi dallo stupore”. In effetti lo stupore tende a invadere, se lo si lascia invadere. Forse pesche miracolose avvengono tutti i giorni. Siamo pronti ad essere sorpresi?

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04.09 - SANTA ROSALIA

Palermo XII secolo - † 4 settembre 1160
S. Rosalia visse a Palermo tra il 1130 ed il 1170 durante il Regno di Sicilia di Guglielmo I il Malo e, secondo la tradizione, fu damigella della moglie del re, la regina Margherita. Periodo di intensa spiritualità cristiana caratterizzato, dopo l’interruzione della dominazione araba, dal risveglio del monachesimo bizantino e occidentale accolto con entusiasmo dai re normanni. In questo contesto Rosalia visse l’eremitaggio poiché la scelta di una vita solitaria in preghiera e contemplazione era l’espressione più alta della sensibilità religiosa di quel tempo.
NELLO STESSO GIORNO:

BEATO GUALA DI BRESCIA Vescovo
Bergamo, 1180 - 1244

Nel territorio di Astino nella Val Camonica in Lombardia, beato Guala, vescovo di Brescia, dell’Ordine dei Predicatori, che, al tempo dell’imperatore Federico II, si adoperò con saggezza per la pace della Chiesa e della società civile e fu condannato all’esilio.

BEATO NICOLA RUSCA Sacerdote e martire
Bedano, Svizzera, 20 aprile 1563 - Thusis, Svizzera, 4 settembre 1618

Rusca, formatosi al Collegio Elvetico di Milano, sotto l'ala del grande Carlo Borromeo, fu prete di profonda cultura e di generosa dedizione pastorale: guidò con grande equilibrio e moderazione la comunità cattolica di Sondrio e della Valtellina intera. Arrestato nell'estate del 1618 e condotto prigioniero a Thusis, venne processato da un tribunale fazioso, espressione di un particolare gruppo politico-religioso di carattere radicale. Avendo respinto tutte le infondate accuse a suo carico, fu sottoposto a tortura e ne morì il 4 settembre dello stesso anno.

DUE MONDI LONTANI CHE SI INCONTRANO

DUE MONDI LONTANI CHE SI INCONTRANO

Nel cuore del Texas, nel carcere femminile di Gatesville, è nato un legame profondo tra sette donne nel braccio della morte e un gruppo di suore contemplative dell’ordine Maria Stella Matutina. Due mondi apparentemente opposti: da un lato vite segnate da reati gravi e condanne capitali, dall’altro esistenze dedicate al silenzio, alla preghiera e alla clausura. Eppure, queste realtà si sono incontrate, unendosi in una forma rara di condivisione spirituale e umana.

 Tutto ha avuto inizio nel 2021, su iniziativa del diacono Ronnie Lastovica, che da anni visita il carcere per portare la comunione. Di fronte alle domande profonde delle detenute, ha sentito il bisogno di coinvolgere chi vive una spiritualità radicale: le suore. «Come loro — spiega — anche le prigioniere si alzano all’alba, vivono in celle, vestono sempre allo stesso modo. Non cercano ammirazione. C’è una somiglianza che può aprire il dialogo».

 All’inizio le religiose erano titubanti: temevano che la missione in carcere potesse entrare in contrasto con la clausura. Ma dopo la preghiera e il discernimento comunitario, hanno accettato. Così è cominciato un incontro mensile tra le due comunità. Il primo incontro fu carico di tensione, ma bastò un abbraccio spontaneo per rompere il ghiaccio: «Noi aprimmo le braccia e loro aprirono le loro», ha raccontato Brittany Holberg, una delle detenute.

 La relazione nata tra le suore e le detenute si è rafforzata con il tempo. Sister Mary Thomas, priora dell’ordine, racconta: «Abbiamo scoperto che la somiglianza nei nostri stili di vita ci ha avvicinate rapidamente. Viviamo in comunità, vestiamo sempre allo stesso modo, cerchiamo una vita semplice e autentica».

 Pur mantenendo la clausura, le suore hanno riconosciuto questo impegno come parte del loro apostolato. Gli incontri non si concentrano solo sulla pena di morte, ma trattano temi di fede, di vita, di dignità personale. Alcune detenute si sono legate a una specifica religiosa, cercando un dialogo intimo sul proprio cammino spirituale.

 Le detenute, spesso consapevoli della gravità del proprio passato, non evitano di guardare in faccia la condanna, ma trovano speranza nella fede. «Vivono nel braccio della morte ma amano la vita, che hanno riscoperto nella fede e nella comunità», dice sister Mary. Tutte e sette sono cristiane, alcune convertite proprio in carcere.

 Questa esperienza ha insegnato anche alle suore a relativizzare le difficoltà quotidiane e a riscoprire il valore della misericordia. Sister Mary ammette che le prime visite sono state emotivamente forti e che non hanno ancora affrontato l'esecuzione di una delle donne, momento che temono profondamente.

 Inizialmente, le religiose erano restie a parlare pubblicamente della loro missione, ma poi hanno compreso che raccontare questa esperienza significa offrire uno sguardo più umano sulle detenute. Una lettera, in particolare, ha colpito la priora: era di un uomo che aveva perso un familiare in un crimine e che aveva scelto la via del perdono. La sua testimonianza ha aiutato le suore a capire che anche nel buio più profondo può nascere la luce.

 «Ogni persona lotta con un lato oscuro — conclude Sister Mary —. Tutti noi fatichiamo ad accogliere il perdono di Dio. Le storie di queste donne ci aiutano a farlo».

 La fede, lo sappiamo, può unire anche chi vive nella separazione e nella condanna. Dietro ogni persona c’è una storia che merita ascolto, non solo giudizio. La misericordia, anche nel braccio della morte, è possibile.

 

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mercoledì 3 settembre 2025

03.09.2025 - Col 1,1-8 - Lc 4,38-44 - È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città...

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési - Col 1,1-8

Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Timòteo, ai santi e credenti fratelli in Cristo che sono a Colosse: grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro.
Noi rendiamo grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, continuamente pregando per voi, avendo avuto notizie della vostra fede in Cristo Gesù e della carità che avete verso tutti i santi a causa della speranza che vi attende nei cieli.
Ne avete già udito l’annuncio dalla parola di verità del Vangelo che è giunto a voi. E come in tutto il mondo esso porta frutto e si sviluppa, così avviene anche fra voi, dal giorno in cui avete ascoltato e conosciuto la grazia di Dio nella verità, che avete appreso da Èpafra, nostro caro compagno nel ministero: egli è presso di voi un fedele ministro di Cristo e ci ha pure manifestato il vostro amore nello Spirito.
1. “Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro”. Grazia e pace sono le realtà salvifiche che Dio Padre ha rivelato e comunicato in Cristo. LA SUA GRAZIA (“CHARIS”), CIOÈ IL SUO AMORE SENZA LIMITI È SORGENTE DI PACE (“EIRÈNÈ”), di vera comunione TRA COLORO CHE ACCOLGONO E METTONO IN PRATICA la Parola del Signore.
2. Il ringraziamento abbraccia la triade delle “virtù teologali”: la “FEDE”, la “CARITÀ” verso i fratelli, ALIMENTATE E SORRETTE DALLA FIDUCIOSA “SPERANZA” dei beni immortali, che i credenti riceveranno un giorno “nei cieli, ma assicurati loro fin dal presente. ESSE FANNO FIORIRE IL BENE E LE VIRTÙ.
3. LA FONTE DI QUESTI BENI È IL “VANGELO”, “PAROLA DI VERITÀ” E DONO GRATUITO DI DIO. Quando il Vangelo VIENE ASCOLTATO E ACCOLTO NELLA INTEREZZA DELLA SUA “VERITÀ”, fruttifica e cresce come pianta robusta, producendo ottimi risultati, proprio come sta avvenendo nella chiesa di Colossi. QUESTA È L’AZIONE EFFICACE DI DIO PADRE PER MEZZO DI CRISTO NELLO SPIRITO…

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Dal vangelo secondo Luca - Lc 4,38-44
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva.
Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo.
Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato».
E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.

Oggi il Vangelo ci offre un esempio di vita donata. Gesù partecipa ad ogni avvenimento, condivide il dramma delle persone, l’attesa e la speranza di ogni uomo. Gesù sa incontrare e sa rispondere. 
Gesù incontra un’umanità solcata da sofferenze, fatiche e problemi, la nostra umanità: a tale povera umanità è diretta l’azione potente, liberatrice e rinnovatrice di Gesù. E che cosa fa dopo, Gesù? Prima dell’alba del giorno seguente, Egli esce non visto dalla porta della città e si ritira in un luogo appartato a pregare. Gesù prega. In questo modo sottrae anche la sua persona e la sua missione ad una visione trionfalistica, che fraintende il senso dei miracoli e del suo potere carismatico.
Tutta la sua vita e tutta la sua azione trovano origine nel rapporto con il Padre, ravvivato e rinnovato nel dialogo della preghiera. Anche noi per non disperderci nell’azione, per non disperare nei drammi personali e di quelli del mondo, dobbiamo sperimentare di non essere soli, siamo figli di un Padre buono che ci dona la forza e la certezza per vivere ogni giorno la partita della vita. 

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La fama di Gesù si diffonde ma lui non si “siede sugli allori”, sposta sempre il baricentro, il suo, il nostro. Va a pregare, va altrove. Noi amiamo stare dove siamo forti: forse l’altrove ci fa paura?

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03.09 - SAN GREGORIO I, DETTO MAGNO

Roma, 540 - 12 marzo 604
Memoria di san Gregorio Magno, papa e dottore della Chiesa: dopo avere intrapreso la vita monastica, svolse l’incarico di legato apostolico a Costantinopoli; eletto poi in questo giorno alla Sede Romana, sistemò le questioni terrene e come servo dei servi si prese cura di quelle sacre. Si mostrò vero pastore nel governare la Chiesa, nel soccorrere in ogni modo i bisognosi, nel favorire la vita monastica e nel consolidare e propagare ovunque la fede, scrivendo a tal fine celebri libri di morale e di pastorale. Morì il 12 marzo.

 

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martedì 2 settembre 2025

02.09.2025 - 1Ts 5,1-6.9-11 - Lc 4,31-37 - Io so chi tu sei: il santo di Dio!

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési - 1Ts 5,1-6.9-11

Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire.
Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre.
Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.
Dio infatti non ci ha destinati alla sua ira, ma ad ottenere la salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Egli è morto per noi perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. Perciò confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri, come già fate.
1. Paolo afferma che il giorno del Signore sarebbe venuto IN MODO IMPROVVISO, SENZA SEGNI PREMONITORI. Di conseguenza ammoniva i credenti a non lasciarsi prendere troppo dai piaceri e dalle occupazioni della vita. LA VENUTA DI CRISTO SARÀ IMPREVEDIBILE E IMPROVVISA. Si tratta di non lasciarsi sorprendere.
2. VOI SIETE FIGLI DELLA LUCE perché avete aderito al vangelo. I figli delle tenebre hanno rifiutato di credere al Vangelo. PAOLO ESORTA I TESSALONICESI A DISTINGUERSI DAGLI ALTRI, a non lasciarsi andare al torpore e alle ubriachezze, ma ad IMPEGNARSI AD ESSERE SEMPRE VIGILI E LUCIDI DI MENTE.
3. Il fine ultimo dell'opera compiuta dal Figlio a pro degli uomini È IL RENDERLI PARTECIPI DELLA VITA ETERNA CON LUI. Adesso VIVIAMO LA TENSIONE TRA IL “GIÀ” E IL “NON ANCORA”, tra la gestazione e la nascita, tra l’impegno e l’accoglienza di un dono, tra la lettura dei “segni” e la speranza della realizzazione.

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+ Dal vangelo secondo Luca - Lc 4,31-37
In quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità.
Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!».
Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante. 

 

Questa è la verità; questa è la realtà che ognuno di noi sente quando si avvicina Gesù. Gli spiriti impuri cercano di impedirlo, ci fanno la guerra. Una vita cristiana senza tentazioni non è cristiana: è ideologica, è gnostica, ma non è cristiana. Quando il Padre attira la gente a Gesù, c’è un altro che attira in modo contrario e ti fa la guerra dentro! Pensiamo com’è il nostro cuore: io sento questa lotta nel mio cuore?
Quell'altro che attira è il demonio. Egli si lamenta che Gesù sia venuto a rovinarlo ed è esattamente quello che il Figlio di Dio è venuto a fare su questa terra. La Sua presenza è la vittoria sul male a cominciare da chi lo personifica più concretamente, cioè il Diavolo. La vittoria definitiva sarà sulla croce. Cristo ha vinto il male e noi partecipiamo della sua vittoria. Oggi possiamo non cedere alle tentazioni del demonio e far risplendere la vita in Cristo.

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 L’indemoniato coglie il punto fondamentale, l’identità di Gesù, e lo vede come un nemico, uno che è «venuto a rovinarci». Chi è allora Gesù per me? Rovina o salvezza, «che vuole da noi»?

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02.09 - BEATO APOLLINARE DA POSAT

Préz-vers-Noreaz, Svizzera, 12 giugno 1739 - Parigi, Francia, 2 settembre 1792
Gian Giacomo Morel compì la sua formazione religiosa e scolastica alle dipendenze del vicario parrocchiale Francesco Giuseppe Morel, suo zio, tre anni dopo perfezionò la sua formazione nel collegio dei gesuiti S. Michele a Friburgo. A 23 anni vestì l'abito cappuccino nel convento di Zug con il nome di fra Apollinare da Posat (paese d'origine del padre). Ordinato sacerdote nel 1764, esercitò il ministero di aiuto al clero nelle parrocchie e della predicazione delle missioni al popolo. Fu martirizzato a Parigi durante la rivoluzione francese. Il 17 ottobre 1926 papa Pio XI lo annoverò tra i beati insieme ad altri 190 martiri.

 

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NELLO STESSO GIORNO:

SANT' ALBERTO DI PONTIDA ABATE
m. 1096 circa

A Pontida in provincia di Bergamo, santi Alberto e Vito, monaci, dei quali il primo antepose alle armi e agli onori del mondo il servizio a Cristo e fondò nella sua città un monastero improntato alle consuetudini cluniacensi, che il secondo governò.

MOHAMMED KEITA: LA LUCE OLTRE IL BUIO

MOHAMMED KEITA: LA LUCE OLTRE IL BUIO 

Quando arrivò il suo turno di salire sul barcone, Mohammed Keita, sedicenne, venne perquisito da un trafficante a Tripoli, in Libia. Non aveva nulla da nascondere, se non un rotolo di fotografie custodito nella tasca. Erano le ultime immagini dei suoi genitori, morti tre anni prima nella guerra civile in Costa d’Avorio. Il trafficante, credendole soldi, le strappò e le gettò nel Mediterraneo.

Quanto può valere un ricordo, quando è l’unico che ci resta? Cosa succede a un adolescente che perde ogni legame con il proprio passato?

 Forse è in quel momento che Mohammed ha intuito la forza della memoria visiva, dell’immagine come custode di una storia. Oggi, a 32 anni, vive a Roma ed è diventato un fotografo di fama mondiale. Ma il suo viaggio, prima che artistico, è stato profondamente umano.

 

Dalla strada all’arte

 La sua nuova vita inizia a 17 anni, nei pressi della stazione Termini di Roma, tra valigie e cartoni. Lì incontra alcuni volontari del centro Civico Zero (Save the Children), che gli regalano una macchinetta fotografica usa e getta. Mohammed inizia a scattare. «Non avevo le parole, ma le immagini sì», dirà in seguito.

Una delle sue prime foto, “J’habite à Termini”, viene notata da una famosa artista e finisce esposta al Metropolitan Museum di New York. Da quel momento tutto cambia. Keita capisce di avere un talento e una missione. Ed è così che anche noi impariamo che è possibile trasformare una ferita in un’opera d’arte.

 

L’arte come condivisione

 Per Keita, la fotografia non è mai fine a se stessa. È un mezzo per raccontare, condividere, educare. Da qui nascono i laboratori “Studio Kene”: uno a Roma, l’altro a Bamako, in Mali. Luoghi in cui insegna a ragazzi come usare la macchina fotografica per raccontare se stessi e la realtà.

«Studio Kene è uno spazio di fiducia, non di giudizio. Non evidenzio le differenze tra chi è avanti e chi è indietro. Si impara insieme». Con questo spirito Keita porta avanti un’educazione alla bellezza, alla collaborazione, all’impegno sociale.

 Il 26 maggio 2025, all’ex Mattatoio di Roma, ha inaugurato la sua mostra più importante: “Porto Roma”. Il titolo è evocativo: Roma come porto, luogo di arrivo e di partenza, città di incroci e mescolanze. Le sue immagini vanno oltre i luoghi comuni: mostrano la città autentica, fragile, viva.

«La strada è un palcoscenico, dove realtà diverse si incontrano, si scontrano, convivono. Io guardo Roma da lì». La mostra si articola in vari temi e ogni sezione racconta aspetti nascosti di Roma, dal centro alla periferia. Nessuna retorica, nessuna “cartolina”: solo occhi aperti e rispetto per la verità.

Possiamo chiederci: Cosa racconta la tua città, se la guardiamo senza filtri? Come cambia il nostro sguardo se lo affidiamo a chi ha attraversato il dolore?

 «Porto Roma è un omaggio alla città che mi ha accolto, alla gente, ai luoghi, a ciò che è stato e che sarà», dice Keita. «In questa mostra c’è più Roma che me. È un modo per dire: io ci sono stato, ho vissuto, ho guardato».

Roma, dunque, non solo come sfondo ma come testimone e protagonista. In ogni fotografia, Keita restituisce frammenti di quotidianità, piccoli miracoli urbani, contrasti e armonie.

«Roma è il certificato della mia presenza» dice Mohammed.
Non una frase simbolica, ma una dichiarazione d’identità: dopo l’assenza, la perdita, la migrazione, l’arte gli restituisce un posto nel mondo.

 La storia di Mohammed Keita è una storia di riscatto attraverso l’arte. Le sue fotografie non parlano solo di lui, ma di tutti quelli che vivono ai margini. Attraverso il suo obiettivo, impariamo a guardare meglio anche noi.

E Tu quanto spazio dai per ascoltare davvero le storie degli altri?

 

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lunedì 1 settembre 2025

01.09.2025 - 1Ts 4,13-18 - Lc 4,16-30 Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio.

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési - 1Ts 4,13-18

Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti.
Sulla parola del Signore infatti vi diciamo questo: noi, che viviamo e che saremo ancora in vita alla venuta del Signore, non avremo alcuna precedenza su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così per sempre saremo con il Signore.
Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.
1. Nella Chiesa delle origini si credeva in un ritorno imminente di Gesù Cristo trionfante e glorioso. Uno degli aspetti che più assillavano i Tessalonicesi era LA SORTE DI COLORO CHE SI ERANO CONVERTITI MA ERANO GIÀ MORTI senza vedere il giorno del Signore. Si credeva di dover passare direttamente dallo stato terreno alla vita celeste, senza gustar la morte.
2. Paolo risponde: I cristiani hanno una speranza che non permette loro di affliggersi sulla sorte dei credenti morti. CRISTO È LA LORO SPERANZA. Essa poggia su Lui, sarà effettuata per mezzo di lui e CONSISTE NELL'ESSER CONDOTTI CON LUI LÀ DOV'EGLI È…
3. LA PARUSIA, IL GIORNO DEL SIGNORE SARÀ IMPREVEDIBILE E ISTANTANEO. Quando il Signore verrà porterà a compimento il progetto del Padre: fare NUOVE TUTTE LE COSE! E saremo sempre col Signore. Non solo la venuta di Cristo RIUNIRÀ INSIEME IN COMUNIONE FRATERNA TUTTI I REDENTI, ma inaugurerà per tutti loro un'era di perfetta ed indissolubile comunione col Signore.

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+ Dal vangelo secondo Luca - Lc 4,16-30
In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore
».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino. 

 

Dio ha provvidenzialmente disposto che la missione pubblica di Gesù iniziasse proprio con questo annuncio di liberazione dell’umanità da ogni schiavitù, a cominciare da quelle del peccato e della morte ma anche dalla nostra tendenza a vivere in una dimensione esclusivamente orizzontale, senza contemplare Dio. Facciamo si che ogni istante della nostra vita sia come un anno di Grazia, un anno di liberazione dalle cattiverie e di accoglienza della Parola.
La Parola va annunciata con la vita,  la missione di Gesù e la nostra è quella di  “Evangelizzare i poveri". Essere cristiano ed essere missionario è la stessa cosa. Annunciare il Vangelo, con la parola e, prima ancora, con la vita, è la finalità principale della comunità cristiana e di ogni suo membro.
Attenzione: non si tratta solo di fare assistenza sociale, tanto meno attività politica. Si tratta di offrire la forza del Vangelo di Dio, che converte i cuori, risana le ferite, trasforma i rapporti umani e sociali secondo la logica dell’amore. I poveri, infatti, sono al centro del Vangelo.

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In casa nessuno è profeta. Se il Vangelo suona troppo familiare non funziona, è “spuntato”, smette di essere profezia. Come si trova l’equilibrio tra il familiare e l’inquietante?

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01.09 - SANT' EGIDIO ABATE

sec. VI-VII
 Nel territorio di Nîmes nella Gallia narbonense, ora in Francia meridionale, sant’Egidio, da cui poi prese il nome la cittadina fiorita nella regione della Camargue, dove si tramanda che egli costruì un monastero e pose termine al corso della sua vita mortale. È una figura di santo divenuta molto popolare nel Medioevo in seguito a numerose leggende, ma del quale non si hanno notizie sicure.