IL BUIO DELLA MALATTIA…
Ormai sono diversi anni, scrive una signora di Milano, che mi fanno compagnia diverse malattie, croniche e degenerative, che mi comportano tempi di immobilità, tanti interventi, dolore fisico e disagi. Ho chiesto al mio Parroco: Come posso avere un po’ di luce nel buio della malattia?
E lui mi ha risposto così: La sofferenza fisica è un male che ferisce l'integrità della persona, nel corpo e nelle sue relazioni sociali. Siamo tenuti a cercare di eliminarla, doverosamente per il bene della nostra umanità. Sappiamo bene, tuttavia, che questo non è sempre possibile. A volte la vita sembra accanirsi contro di noi, mettendo in questione il senso della nostra esistenza. Eppure, siamo chiamati a continuare a vivere con dignità e coraggio, nonostante le domande che attraversano la mente senza trovare risposte che possano acquietare il cuore o illuminare la strada. Anche l'uomo biblico si trova immerso in questa realtà. Scorrendo le pagine della Scrittura, troviamo domande e tentativi di risposta: sempre più acute le prime, sempre più inadeguate le seconde. Fino a quando, con Giobbe, non possiamo fare altro che metterci la mano sulla bocca, ammettendo di conoscere Dio solo per sentito dire (Gb 40,4; 42,5).
Credo inoltre che accanto alla sofferenza fisica personale non possiamo omettere di considerare la sofferenza spirituale, che spesso nasce dall'amore che nutriamo verso le persone care. Amare, nella realtà storica di questo mondo, implica sempre aprire una finestra alla sofferenza. La vita dell'altra persona ci coinvolge nell'intimo e la sua sofferenza, qualunque essa sia, diventa per noi un appello ad agire, a prendercene cura, e in ogni caso a condividere. Per questo, quando la vita conduce a un vicolo cieco e il cuore grida verso Dio domande senza risposte sensate, possiamo immaginare una sola parola attraverso Gesù crocifisso: "anch'io". Nulla di più e nulla di meno. Anch'io sono nelle condizioni del Crocifisso, anch'io sono chiamato a vivere le mie ferite, ad accoglierle per amore, a farle diventare capaci di comunicare amore nella forza dello Spirito.
Ma perché dovremmo offrire a Dio la nostra sofferenza, ripetuta e inevitabile? Il Padre del Signore nostro Gesù Cristo è il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei viventi. Suo Figlio Gesù è venuto con una promessa di vita in abbondanza (Gv 10,10). Eppure, anche lui, il Figlio, si è lasciato coinvolgere in una sofferenza dalla quale, con forti grida e lacrime, ha chiesto di essere liberato (Eb 5,7), abbandonandosi con atteggiamento filiale alla vita che gli veniva incontro. Non ha offerto la sua sofferenza, ma ha consegnato sé stesso, là dove lo conduceva l’amore senza limiti verso i fratelli.
Con questa prospettiva, queste mie ultime parole, non so quanta luce o consolazione possano darle, ma spero solo che non feriscano Lei che sta vivendo la sofferenza. Nella sofferenza siamo chiamati a continuare ad affrontare la vita con fortezza, ricordando quella parola che, di fronte a tante domande, ci giunge dall’alto della croce, dove nella carne del Figlio Gesù il Dio della vita sperimenta nell’amore una sofferenza sino alla fine. Da quella croce ci viene consegnata la possibilità di condividere la sua stessa obbedienza alla vita, rivestendoci dell’umanità di Cristo, per usare le parole di Paolo (Gal 3,27). La nostra vita in comunione con Cristo, vissuta in obbedienza di fede, è ciò che siamo chiamati a mettere davanti a Dio come offerta a lui gradita.
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