lunedì 3 novembre 2025

SOLO CHI GUARDA LA MORTE NEGLI OCCHI PUÒ PERMETTERSI DI VIVERE.

SOLO CHI GUARDA LA MORTE NEGLI OCCHI PUÒ PERMETTERSI DI VIVERE.

Ha ancora senso ricordare i morti in un mondo che finge di essere immortale? Viviamo in un tempo in cui la morte è bandita, sepolta sotto tonnellate di distrazioni, filtri Instagram e promesse di giovinezza eterna. Eppure ogni 2 novembre, la Chiesa osa ricordarci ciò che la società digitale rimuove con ossessiva frenesia: moriremo tutti. Ma non per disperarebensì per imparare a vivere davvero.

 La Commemorazione dei Defunti non è un rituale nostalgico, né una tradizione da “nonne con il rosario in mano”. È un atto rivoluzionario di verità. È il giorno in cui il cristiano si oppone al più grande inganno dell’Occidente contemporaneo: quello di credersi autosufficiente, eterno, senza bisogno di Dio né degli altri.

 Andare al cimitero il 2 novembre è un gesto controcultura. È dire: non tutto finisce qui, non siamo solo corpi da mantenere in forma, profili da aggiornare, performance da migliorare. È riconoscere che la vita ha un oltre — e che i nostri morti ci abitano ancora, ci accompagnano, ci attendono.

 Ma provate a parlarne oggi. Pronunciate la parola “morte” a una cena, tra amici o colleghi. Scatta il silenzio, la battuta ironica, la fuga nel cellulare. È il nostro nuovo tabù. Eppure, come diceva Benedetto XVI, «l’amore reclama l’eternità». Il cuore umano non si rassegna al nulla perché è fatto per qualcosa di più grande.

 La nostra civiltà, che si vanta di essere razionale, è in realtà terrorizzata dal finito. Per questo riempie il vuoto con surrogati: il culto dell’efficienza, la chirurgia estetica, la realtà virtuale, il sogno di “caricare la coscienza nel cloud”. Sogni di eternità senza resurrezione, senza anima, senza amore.

 E allora sì, commemorare i defunti oggi è un atto politico e spirituale insieme: significa resistere al narcisismo della modernità e dichiarare che la speranza non è un’illusione, ma una promessa. Significa ricordare che l’uomo non è un algoritmo, ma una creatura destinata alla comunione.

 Nel silenzio dei cimiteri, in quelle iscrizioni consumate dal tempo, c’è più verità che in mille post motivazionali: “dietro il presente non c’è il nulla”.

E forse, se tornassimo a parlare con i nostri morti, scopriremmo che non sono loro i veri assenti. Siamo noi, troppo distratti, a non essere più davvero presenti.

 In definitiva ricordare i defunti è ricordare che la vita non finisce, ma si compie nell’amore di Dio. Solo chi spera oltre la morte può vivere davvero il presente.

 

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