Amare è creare, ma noi spesso assumiamo l’atteggiamento del bambino che spesso dice: “Dammi!”, assumendo la posizione di vittima (come i bambini che fanno il broncio, che tengono il muso). I nostri ragionamenti diventano espressione della nostra infelicità: “Non mi capisci; non mi ami; non mi ascolti mai; gli altri vengono sempre prima di me; mi lasci sempre solo; nessuno mi vuole; non ho mai fortuna; gli altri non sanno quanto io soffra”. Il bambino vede solamente sé stesso: tutto è in riferimento a sé. Gli altri non esistono: se esistono, esistono solo per quello che possono dare a lui.
Poi si cresce un po’ e l’amore diventa appartenere (scuola materna-elementare). Qui si dà qualcosa perché si ha bisogno di essere di qualcuno, di appartenere alla propria famiglia, di non essere rifiutati, di essere accolti, di essere riconosciuti, di essere stimati. Allora: “Ti do quello che ho per ricevere quello di cui ho bisogno”.
Se ti viene chiesto di esser bravissimo a scuola per essere accettato… tu lo fai. Se ti viene chiesto di pensar male dei cugini per essere “della famiglia”… tu lo fai. Se ti viene chiesto di seguire i tuoi fratelli perché i tuoi genitori ti stimino… tu lo fai. Se ti viene chiesto di non esprimere le tue potenzialità perché disturbano… tu lo fai. Ti do (che spesso è una rinuncia a sé) quello che ho per avere la tua accoglienza e il tuo riconoscimento.
Poi si diventa adolescenti: qui l’amore è dare e ricevere. “Ti amo se tu mi ami; ti accetto se mi accetti; per niente, niente”. Qui l’amore diventa uno scambio, un dare-ricevere. “Tu cosa mi dai? Tu cosa fai per me? Io ti amo, ma tu mi ami? Se tu fai così, lo faccio anch’io! Lo hai fatto anche tu! Io faccio i piatti ma tu sistemi il giardino…”.
Ma poi si diventa grandi, adulti, e qui l’amore è creare: “Io ti do, aldilà di ciò che tu mi dai”. È per questo che si dà la vita a dei figli; è per questo che si dona gratuitamente e con gioia il proprio tempo ai nostri figli, agli altri, ad una causa.
Perché amare è creare: dare qualcosa di noi che fa nascere qualcos’altro. È solamente qui che nasce la gioia più vera, divina: vedere che il nostro amore (dare) fa nascere altra vita. Allora ci si sente realizzati e fecondi.
È nient’altro quello che dice questo vangelo: “La vera gioia sta nel dare, meglio nel darsi; nel creare attraverso di noi altra vita. È questo che ci realizza: do tutto me per far nascere e creare qualcosa. Non è più importante ciò che tu mi dai; metto me a servizio di qualcosa”.
Donarsi per qualcosa vuol dire essere utili, vuol dire che la propria vita ha un senso profondo; vuol dire che ciò che si è, è un bene per il mondo; vuol dire che si è importanti non per la fama ma per il nostro amore, per la nostra dedizione, perché il nostro essere, la nostra interiorità diventa “vita” per altri.
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