TRA MORALE E REALTÀ…
Nella vita reale ci sono delle discrepanze tra morale e realtà. Nella realtà, il rispetto delle regole morali è essenziale per evitare conseguenze negative, mentre nell'ambito morale sembra mancare la percezione di tali conseguenze. Di solito rispettiamo le regole imposte dal reale, altrimenti ne paghiamo le conseguenze. Ma nella vita morale è più facile non rispettare le regole morali perché siamo convinti che non ci siano conseguenze negative, bensì solo vantaggi: una libertà illimitata che tocca tutti gli aspetti della vita. Ci sembra che le regole non esistano, e allora io divento la regola da seguire. Ma è solo un'apparenza.
Tommaso d'Aquino parlava di beni apparenti. Di certo qualche vantaggio nel fare il male ne viene, altrimenti perché compierlo? In Genesi infatti possiamo leggere: «Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza». Ma è un vantaggio di poco spessore e di corto respiro. Un bene, alla fine e per l'appunto, apparente.
Compiere il male, anche dal punto di vista utilitaristico, non porta benefici significativi. Pensiamo ai danni derivanti da scelte moralmente discutibili, come l'aborto, l'eutanasia, il cambio di sesso, il divorzio. Anche se ottengono quello che vogliono, il male non paga. Questo perché la realtà morale è strettamente connessa con la realtà empirica, dato che la persona è composta di anima e corpo. I danni nel primo ambito si ripercuotono nel secondo, dato che le due realtà sono vasi comunicanti. Ma soprattutto il danno peggiore è la mancanza di felicità, perché se la realtà empirica ha le sue leggi, anche la realtà morale ne ha.
Allora diventa urgente dare importanza e considerare la legge morale, poiché le azioni immorali possono avere conseguenze rilevanti nella vita delle persone. La felicità è sempre connessa al bene, e compiere il male può causare tristezza e insoddisfazione.
Nella nostra vita dobbiamo fare un'operazione di verità, valutando le conseguenze delle scelte eticamente sensibili e ricordando che la vera felicità ha un solo nome: Gesù Cristo. Gesù Cristo è la felicità desiderata dal cuore umano. La felicità che l’uomo cerca, la felicità che ogni uomo ha diritto di gustare ha un nome, un volto: quello di Gesù di Nazareth, nascosto nell'Eucaristia". Non esiste felicità vera se non quella che termina nel riconoscimento di Cristo, avvertito come la risposta a tutte le domande del nostro cuore e alle esigenze più profonde della nostra ragione.
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