martedì 21 ottobre 2025

UN PASSO ALLA VOLTA.

UN PASSO ALLA VOLTA.

La vita è fragile e spesso cambia in un istante. Un incidente, una perdita improvvisa o un evento traumatico possono lasciare cicatrici profonde, visibili o invisibili. Quando succede qualcosa di simile a una persona a noi cara, ci sentiamo impotenti, smarriti e incapaci di trovare le parole giuste. Eppure, proprio in quei momenti, la nostra presenza può diventare il dono più grande.

 Il trauma non è solo il disturbo post-traumatico da stress: è un’esperienza che scuote il senso di sicurezza e rende difficile riprendere il controllo della propria vita. Alcuni vivono ricordi intrusivi o incubi, altri si chiudono o evitano luoghi e persone che ricordano l’evento, altri ancora portano dentro sensi di colpa o rabbia. Non esiste una reazione “giusta”, ogni persona affronta la sofferenza a modo suo. La consapevolezza di questa realtà è il primo passo per avvicinarsi a chi soffre con empatia e rispetto.

 In questi momenti, non servono parole complesse o frasi fatte. La cosa più potente che possiamo offrire è la nostra presenza. Ascoltare senza interrompere, senza giudicare, senza minimizzare, semplicemente essendo lì con attenzione e rispetto, può dare un senso di sicurezza che nessuna parola può sostituire. A volte basta una frase semplice come: “Sono qui per te” o “Come posso aiutarti?”. Anche il silenzio condiviso diventa un messaggio di amore e vicinanza. È importante rispettare lo spazio e i tempi della persona traumatizzata. Non bisogna imporre gesti di conforto, forzare la conversazione o giudicare le emozioni. La pazienza e la discrezione diventano una testimonianza concreta di amore e cura. Ogni piccolo gesto – un abbraccio chiesto e dato, una visita silenziosa, un messaggio di incoraggiamento – può trasformarsi in un atto di grazia.

 Accogliere il dolore degli altri può essere pesante. Esiste il cosiddetto trauma secondario, il peso emotivo che grava su chi sta accanto. Per questo prendersi cura di sé, pregare, dialogare con un sacerdote e ritagliarsi momenti di riposo è fondamentale per rimanere presenti senza spezzarsi. La fede cristiana ci ricorda che non siamo soli: possiamo pregare per chi soffre, per chi non c’è più e anche per noi stessi.

La preghiera non sostituisce l’ascolto o la presenza, ma diventa un sostegno invisibile, un legame che unisce chi soffre con l’amore di Dio e con chi lo accompagna. Le parole di Gesù – “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò ristoro” – sono un invito a trovare conforto anche nei momenti più difficili.

 Accanto a chi ha vissuto un trauma, non serve fare miracoli: serve amore concreto, paziente e silenzioso. Ogni gesto, ogni parola, ogni sguardo attento può diventare un canale della grazia divina. In questi momenti, impariamo anche noi a camminare nella fede, scoprendo che la vera forza non è eliminare il dolore, ma accompagnarlo, con Cristo come guida e compagno.

 

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