Proviamo a riflettere sul significato della celebrazione della messa natalizia e sulla profonda significatività del Natale. Il Natale esprime un'atmosfera di gioia contenuta e mite, in un clima di familiarità e di tenerezza. Contemplando il bambino Gesù, il cuore si riempie di gioia. Fermati davanti al presepe e contempla il grande mistero di Dio che si è fatto uomo, per Te per la salvezza di tutti.
Nonostante il frastuono di voci e il luccichio di mille luci in un contesto di mondo moderno tendenzialmente scettico, il Natale riesce ancora a suscitare momenti di attenzione e riflessione sulla semplicità di una nascita senza splendore, ma capace di illuminare la scena sordida di una stalla. L’evento unico e irripetibile della storia è per noi la "buona notizia", momento di riconciliazione tra l'umanità e il suo Creatore. Dio è fedele al suo disegno d'amore nonostante le ribellioni umane.
Il mondo lo sappiamo vive “la terza guerra mondiale”, terrore e sgomento sono all’ordine del giorno, tuttavia, il Natale ci offre un messaggio di speranza più forte di ogni paura, portando un'invincibile allegrezza anche nelle situazioni di tristezza. Dio è con noi: questa è dunque la "buona notizia.
Più di quindici secoli fa, a una cristianità sconvolta dalle minacce e dalle atrocità dei barbari, il papa san Leone Magno parlava così del Natale: "Non c'è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita: una vita che distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse eterne. Nessuno è escluso da questa felicità: la causa di questa gioia è comune a tutti perché il Signore nostro, vincitore del peccato e della morte, non avendo trovato nessuno libero dalla colpa, è venuto per la liberazione di tutti. Esulti il santo, perché si avvicina al premio; gioisca il peccatore, perché gli è offerto il perdono; riprenda coraggio il pagano (cioè l'infedele e il miscredente), perché anche lui è chiamato alla vita" (Discorso di Natale).
Come si vede, Dio si offre a tutti, non esclude nessuno, accetta anche il rischio di essere rifiutato: "Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto" (Gv 1,11), osserva malinconicamente l'evangelista Giovanni; un rifiuto che proseguirà e condurrà colui che è nato a Betlemme fino alla condanna, da parte dei capi e dei dotti del suo popolo, e alla morte di croce. Ma questo, per la verità, non è un rischio suo: è un rischio nostro. È il rischio che, dicendogli di no e non lasciandoci salvare da lui, noi arriviamo a vanificare l'incredibile amore del nostro Creatore e per ciò stesso a vanificare e a isterilire la nostra unica vita.
Allora la grazia più "vera" e più bella - che nella notte di Natale possiamo e vogliamo chiedere per noi, per quanti ci sono cari, per tutti - è di saperci arrendere alla misericordia che è venuta a investirci dall'alto e di accogliere, senza riserve e senza i calcoli insipienti delle nostre prospettive puramente terrene, colui che nel suo Natale si è fatto a noi così amabile e così vicino. E sarà per noi una stupefacente fortuna: "A quanti l'hanno accolto - ci rivela esultando san Giovanni - ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome" (Gv 1,12).
Non mi resta infine che augurare a tutti di vivere appieno il Natale, «notte dalle molte risonanze» che non addormenta ma risveglia i cuori riportandoli dritti là, nella grotta di Betlemme dove tutto è cominciato. BUON NATALE….
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