giovedì 22 febbraio 2024

VOGLIA DI TRASFIGURAZIONE…

VOGLIA DI TRASFIGURAZIONE…

Camminando con Gesù saliamo sul monte della trasfigurazione. Salire sul monte è un liberarsi dal peso della vita quotidiana, è un respirare nell’aria pura. Il monte offre il panorama dell’ampiezza della creazione e della sua bellezza. Il monte ci dà elevatezza interiore e ci permette di intuire il Creatore. La storia sacra aggiunge a queste considerazioni l’esperienza del Dio che parla. Mosè ed Elia avevano potuto ricevere la rivelazione di Dio sul monte; ora sul monte Tabor sono a colloquio con Colui che è la rivelazione di Dio in persona.
Il Vangelo di questa domenica ci presenta il fatto della Trasfigurazione di Cristo. È un evento che ha segnato la vita non solo di Gesù, ma anche di Pietro, Giacomo e Giovanni, e deve segnare la nostra esistenza. Il contesto è di preghiera, sul monte Tabor. Si tratta di un momento molto particolare e privilegiato. È rivelazione della divinità di Gesù. È un momento di luce che Gesù ha voluto per preparare i suoi discepoli alla passione e, quindi anche noi perché arriviamo preparati al Venerdì santo. Anche noi dobbiamo entrare nel mistero della Trasfigurazione, farlo nostro. Non dobbiamo solo contemplare Cristo radioso, ma diventare ciò che contempliamo.
Il primo modo di partecipare al dono soprannaturale della Trasfigurazione è dare spazio alla preghiera e all’ascolto della Parola di Dio, è fissare il nostro sguardo sull’Ostia consacrata. Inoltre, soprattutto in questo tempo di Quaresima, è rispondere all’invito divino della penitenza con qualche atto volontario di mortificazione, al di fuori delle rinunce imposte dal peso della vita quotidiana.
Un altro modo di vivere il mistero della Trasfigurazione è quello di immaginarci la scena, come il Vangelo ce la descrive, e immedesimarsi in uno dei tre apostoli che hanno accompagnato Gesù sul monte Tabor: “E fu trasfigurato davanti a loro (i tre apostoli: Pietro, Giacomo e Giovanni): il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce” (Mt 17,1-2). Pietro, Giacomo e Giovanni (e noi con loro), contemplando la divinità del Signore, sono preparati ad affrontare lo scandalo della croce, come è cantato in un antico inno: “Sul monte ti sei trasfigurato e i tuoi discepoli, per quanto ne erano capaci, hanno contemplato la tua gloria, affinché, vedendoti crocifisso, comprendessero che la tua passione era volontaria e annunciassero al mondo che tu sei veramente lo splendore del Padre”.
 
Il Vangelo prosegue narrando che, accanto a Gesù trasfigurato, “apparvero Mosè ed Elia che conversavano con lui” (Mt 17,3). Pietro, estasiato, esclamò: “Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia” (Mt 17,4). È facile dire con Pietro: “Signore, è bello per noi essere qui!”. Più difficile è arrivare a dire come lo scrittore cattolico britannico Chesterton, accanto ad un amico morente, contemplando il suo viso pallido della morte: “Era bello per me essere lì!”. 
Ricordo un episodio raccontato da P. Alex Zanotelli capitato nella baraccopoli di Korogocho a Nairobi. Quando chiese ad una giovane donna, che stava morendo di AIDS, chi fosse Dio per lei, dopo qualche momento di silenzio gli rispose: “Dio sono io!”. 
È questa la meta e la missione del cristiano: riconoscere e testimoniare la Bellezza di Dio nelle realtà, anche drammatiche, della vita.

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