Dalla lettera di san Giacomo apostolo - Giac 1,1-11
Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù che sono nella diaspora, salute.Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la vostra fede, messa alla prova, produce pazienza. E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla.Se qualcuno di voi è privo di sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti con semplicità e senza condizioni, e gli sarà data. La domandi però con fede, senza esitare, perché chi esita somiglia all’onda del mare, mossa e agitata dal vento. Un uomo così non pensi di ricevere qualcosa dal Signore: è un indeciso, instabile in tutte le sue azioni.Il fratello di umile condizione sia fiero di essere innalzato, il ricco, invece, di essere abbassato, perché come fiore d’erba passerà. Si leva il sole col suo ardore e fa seccare l’erba e il suo fiore cade, e la bellezza del suo aspetto svanisce. Così anche il ricco nelle sue imprese appassirà.
1. Il destinatario della lettera di Giacomo è un POPOLO DISPERSO, SPARPAGLIATO: non una comunità forte del vivere insieme, a stretto contatto, in una realtà solidale e a misura della propria fede. Giacomo parla a fedeli che CORRONO IL RISCHIO DI SENTIRSI SOLI, ABBANDONATI.2. CIÒ CHE LI RENDE FRATELLI, OLTRE CHE VICINI, IN QUESTA DISTANZA È LA PREGHIERA - “domandare a Dio con fede” - che presuppone il SENTIRSI FIGLI DI UNO STESSO PADRE, nonché bisognosi. Eppure non se la passavano bene, la persecuzione era dietro l’angolo, e toccava i poveri come i ricchi.3. LA FEDE ERA MESSA ALLA PROVA. La prima vera prova di fede sta sempre qui, nel CREDERE FERMAMENTE NELLA RESURREZIONE, che il Dio che preghiamo è qui vivo in mezzo a noi, che il Suo Spirito ci unisce al di là di tutte le distanze e ci dona la sapienza dei salvati. LA PROVA allora non è che un dono funzionale a riconoscerci tali, un TRAMPOLINO DI LANCIO PER LA NOSTRA FEDE.
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+ Dal Vangelo secondo Marco - Mc 8,11-13
In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova.
Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno».
Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.
Ancora oggi diciamo che abbiamo bisogno di segni per vedere e per credere, e mentre domandiamo segni, non sappiamo riconoscere i segni che ci sono messi sotto gli occhi, come i farisei che non seppero riconoscere Gesù attraverso le sue parole e le sue opere.
Gesù avverte l’incomprensione e la chiusura dei farisei, che vanno da lui per metterlo alla prova. Egli non risponde alla loro provocazione, ma sta loro davanti nella verità e immediatezza della sua persona, in parole e azioni. Poi sguscia via e li lascia soli. Non potremo vedere e capire nulla del mistero di Dio se il cuore non si apre a lasciare spazio alla novità di una presenza che sorprende e convince anche solo con un sospiro.
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Le domande che fanno a Gesù sono trappole "per metterlo alla prova". Gesù risponde con altre domande, vere, in profondità, che "svelano i pensieri dei cuori": noi che tipo di domande facciamo?
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