Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési - 1Ts 4,9-11
Fratelli, riguardo all’amore fraterno, non avete bisogno che ve ne scriva; voi stessi infatti avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri, e questo lo fate verso tutti i fratelli dell’intera Macedònia.Ma vi esortiamo, fratelli, a progredire ancora di più e a fare tutto il possibile per vivere in pace, occuparvi delle vostre cose e lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato.
1. Paolo riconosce volentieri e con gratitudine i progressi fatti dai Tessalonicesi. SONO DA DIO ISTRUITI PER MEZZO DELLO SPIRITO che cambia i cuori di pietra in cuori di carne e vi imprime la sua legge.
2. I Tessalonicesi PRATICANO L'AMOR FRATERNO NON SOLO TRA LORO, ma verso i fratelli dell'intera regione macedone, ospitandoli e soccorrendoli nelle circostanze difficili che attraversano. DEVONO PERSEVERARE E CRESCERE SEMPRE PIÙ nell'amor fraterno. QUESTA È LA VIA DA SEGUIRE!
3. Devono avere una particolare attenzione a: vivere in pace, occupandosi delle proprie cose, lavorando con le proprie mani e assumendo un comportamento corretto nei confronti dei non cristiani. L’AMORE È SEMPRE CONCRETO E VIRTUOSO!
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+ Dal vangelo secondo Matteo - Mt 25,14-30
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».
Nella parabola dei talenti il terzo servo dimostra di non volersi impegnare, rimanendo nella propria mediocrità. Essa mette dunque in guardia dal vizio dell’accidia. L'accidia è uno stato di insoddisfazione, una sorta di vuoto che intrappola l’uomo, il quale poi troverà ogni giustificazione per non fare qualcosa. Attraverso questa parabola il Vangelo riserva parole terribili per i vili, per coloro che non si espongono, che non rischiano, che non si assumono responsabilità. Perciò, l’accidia può essere combattuta con un tratto di carattere che ogni buon cattolico deve esercitarsi a sviluppare; la parabola dei talenti può servire da fonte di ispirazione.
In fondo si tratta di mettere in gioco la propria vita, di fidarci della bontà di Dio. Che poi abbiamo un talento o cinque non importa, quel che importa è saperlo riconoscere e portarlo a compimento, a maturazione e moltiplicazione. Domandiamoci a quale talento non stiamo dando la possibilità di mostrarsi; perché? A quale invece non permettiamo di moltiplicarsi? Perché? Vale la pena di rispondere a queste domande, per evitare l’accidia e compiacere il Signore.
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La paura può neutralizzare i nostri talenti. Che sono “nostri” nella misura in cui riconosciamo che ci sono donati: a chi 5, a chi 3 a chi 1. Non c’è nessuno senza talento. È essere grati che vince la paura?
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